Dalla Sartoria Emmaus mascherine per i novaresi

Mascherine antiCovid-19 “novaresi”, destinate ai novaresi. A produrle è la Sartoria sociale della Cooperativa Emmaus di Novara, quella nota perché fino all’arrivo della pandemia realizzava capi di qualità per le maggiori firme dell’alta moda italiana ed oggi si è riconvertita alla produzione di questi dispositivi di protezione ed alla loro distribuzione e vendita anche ai privati.

«Abbiamo iniziato la produzione venerdì scorso al ritmo di 4000 pezzi al giorno – ci spiega Andrea Masante, responsabile della Cooperativa Emmaus – e già oggi siamo arrivati a 7000, ma la nostra potenzialità è di arrivare a 10mila. Per noi è un lavoro del tutto nuovo e ci stiamo organizzando di giorno in giorno anche per la logistica e la commercializzazione».

 

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Soprattutto la Sartoria sociale punta alla qualità – che del resto è nel suo Dna – e ad arrivare ad offrire un prodotto in piena regola, cioè certificato per diventare a tutti gli effetti una mascherina chirurgica e dispositivo di protezione medicale.

«Da subito abbiamo reperito un apposito “tessuto non tessuto” prodotto da un’azienda di Biella e che è già certificato anche per il coronavirus. Inoltre – prosegue Masante – abbiamo attivato l’iter per la certificazione dell’intera mascherina con il Politecnico di Torino. Qui abbiamo trovato grandissima disponibilità e operatività ma devono seguire almeno 200 aziende, anche grandi, e speriamo di avere l’ok in una settimana o due».

In ogni caso la produzione è iniziata, perché il tessuto è in regola, e la Cooperativa Emmaus si sta proponendo per la vendita ad enti locali o ad aziende, per ora non del settore sanitario, che le vogliano utilizzare per i dipendenti chiamati a lavorare.

In parallelo c’è la vendita ai privati. Chi fosse interessato può inviare una mail a sartoria@coop-emmaus.com con una semplice richiesta di informazione. Riceverà una risposta contenente la scheda tecnica della mascherina e del tessuto con cui è realizzata oltre ai costi per quantità. In caso si voglia acquistare si dovrà ricontattare la Cooperativa Emmaus per fissare un appuntamento. Il pacchetto minimo è di 10 mascherine, che sono lavabili alcune volte, al prezzo di 15 euro.

Ma come la “Sartoria sociale È” si è riconvertita dalle confezioni di moda di alta gamma alle mascherine di protezione? «L’emergenza coronavirus ha fatto interrompere l’attività ai nostri committenti e anche noi abbiamo dovuto fermarci e richiedere la cassa integrazione in deroga. Siamo associati a Confcoop Federsolidarietà ed è emersa l’emergenza della mancanza di mascherine a tutti i livelli. Ci abbiamo riflettuto molto – spiega ancora Masante – perché per noi è un prodotto mai fatto, ma abbiamo deciso di tentare anche per dare una mano al nostro territorio. Con le nostre sarte abbiamo capito come potevamo realizzarle, così ci siamo mossi per trovare il tessuto, e non è stato facile perché poche aziende erano pronte, quindi per cercare un necessario finanziamento e infine ci siamo rimessi a lavorare».

Ancora una volta la mano economica è arrivata dalla Fondazione De Agostini, che già aveva consentito la nascita della Sartoria sociale, con 25.000 euro utili ad acquistare i materiali anche di confezionamento.

Così l’avventura è partita ed è destinata a durare con continuità in particolare quando la certificazione totale consentirà di destinare le mascherine anche ai medici e infermieri che sono in prima linea.

E Novara potrà vantare un’altra piccola eccellenza. «In Italia non esisteva nulla di tutto questo e anche l’iter autorizzativo di certificazione doveva passare dal Ministero con tempistiche lunghissime. Ora si può fare al Politecnico di Torino e utiliziamo un tessuto prodotto a Biella. In questo dramma della pandemia la cosa interessante è che stiamo costituendo una filiera tutta italiana. Abbiamo alzato la nostra bandiera – conclude il responsabile della Cooperativa Emmaus – mentre amaramente l’Europa si è un po’ dispersa».

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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5 risposte

  1. Fate un Ottimo lavoro e inviarle agli ospedali pubblici e privati ma non avete pensato di mandarle nelle farmacie Novaresi dato che non si trovano io ad esempio non l’ho trovata ed ho una madre con problemi con delle patalogie non avete pensato a noi persone Novaresi distinti saluti

  2. Complimenti alla SARTORIA EMMAUS che si e adoperata così velocemente per contrastare codesto PANDEMIA .SE POSSO UN CONSIGLIO ,proponete alle farmacie di Novara dove non si trovano mascherine.

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Dalla Sartoria Emmaus mascherine per i novaresi

Mascherine antiCovid-19 “novaresi”, destinate ai novaresi. A produrle è la Sartoria sociale della Cooperativa Emmaus di Novara, quella nota perché fino all’arrivo della pandemia realizzava capi di qualità per le maggiori firme dell’alta moda italiana ed oggi si è riconvertita alla produzione di questi dispositivi di protezione ed alla loro distribuzione e vendita anche ai privati.

«Abbiamo iniziato la produzione venerdì scorso al ritmo di 4000 pezzi al giorno – ci spiega Andrea Masante, responsabile della Cooperativa Emmaus – e già oggi siamo arrivati a 7000, ma la nostra potenzialità è di arrivare a 10mila. Per noi è un lavoro del tutto nuovo e ci stiamo organizzando di giorno in giorno anche per la logistica e la commercializzazione».

 

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Soprattutto la Sartoria sociale punta alla qualità – che del resto è nel suo Dna – e ad arrivare ad offrire un prodotto in piena regola, cioè certificato per diventare a tutti gli effetti una mascherina chirurgica e dispositivo di protezione medicale.

«Da subito abbiamo reperito un apposito “tessuto non tessuto” prodotto da un’azienda di Biella e che è già certificato anche per il coronavirus. Inoltre – prosegue Masante – abbiamo attivato l’iter per la certificazione dell’intera mascherina con il Politecnico di Torino. Qui abbiamo trovato grandissima disponibilità e operatività ma devono seguire almeno 200 aziende, anche grandi, e speriamo di avere l’ok in una settimana o due».

In ogni caso la produzione è iniziata, perché il tessuto è in regola, e la Cooperativa Emmaus si sta proponendo per la vendita ad enti locali o ad aziende, per ora non del settore sanitario, che le vogliano utilizzare per i dipendenti chiamati a lavorare.

In parallelo c’è la vendita ai privati. Chi fosse interessato può inviare una mail a sartoria@coop-emmaus.com con una semplice richiesta di informazione. Riceverà una risposta contenente la scheda tecnica della mascherina e del tessuto con cui è realizzata oltre ai costi per quantità. In caso si voglia acquistare si dovrà ricontattare la Cooperativa Emmaus per fissare un appuntamento. Il pacchetto minimo è di 10 mascherine, che sono lavabili alcune volte, al prezzo di 15 euro.

Ma come la “Sartoria sociale È” si è riconvertita dalle confezioni di moda di alta gamma alle mascherine di protezione? «L’emergenza coronavirus ha fatto interrompere l’attività ai nostri committenti e anche noi abbiamo dovuto fermarci e richiedere la cassa integrazione in deroga. Siamo associati a Confcoop Federsolidarietà ed è emersa l’emergenza della mancanza di mascherine a tutti i livelli. Ci abbiamo riflettuto molto – spiega ancora Masante – perché per noi è un prodotto mai fatto, ma abbiamo deciso di tentare anche per dare una mano al nostro territorio. Con le nostre sarte abbiamo capito come potevamo realizzarle, così ci siamo mossi per trovare il tessuto, e non è stato facile perché poche aziende erano pronte, quindi per cercare un necessario finanziamento e infine ci siamo rimessi a lavorare».

Ancora una volta la mano economica è arrivata dalla Fondazione De Agostini, che già aveva consentito la nascita della Sartoria sociale, con 25.000 euro utili ad acquistare i materiali anche di confezionamento.

Così l’avventura è partita ed è destinata a durare con continuità in particolare quando la certificazione totale consentirà di destinare le mascherine anche ai medici e infermieri che sono in prima linea.

E Novara potrà vantare un’altra piccola eccellenza. «In Italia non esisteva nulla di tutto questo e anche l’iter autorizzativo di certificazione doveva passare dal Ministero con tempistiche lunghissime. Ora si può fare al Politecnico di Torino e utiliziamo un tessuto prodotto a Biella. In questo dramma della pandemia la cosa interessante è che stiamo costituendo una filiera tutta italiana. Abbiamo alzato la nostra bandiera – conclude il responsabile della Cooperativa Emmaus – mentre amaramente l’Europa si è un po’ dispersa».

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.