«Ho scelto di essere cameriera, mi piace, ho studiato per questo, voglio lavorare». Ha 38 anni, lavora nel settore della ristorazione a Casalbeltrame, in provincia di Novara: è una delle 200 persone che giovedì 1 aprile hanno preso parte alla manifestazione organizzata da Confcommercio Alto Piemonte per chiedere di poter tornare a lavorare. «Sono a casa da un anno e non riesco a pagarmi il finanziamento della macchina, 200 euro al mese. Aspetto ancora il ristoro di novembre e quando chiedi informazione la risposta è “ritardo”. Il mio datore di lavoro è eccezionale, ma non può giustamente fare più di tanto».
Nel mondo della ristorazione da 15 anni: «Ho studiato alla scuola alberghiera perché era ciò che volevo fare da grande, ho fatto l’animatrice, ho lavorato nelle discoteche, ho un fratello dj, è un mondo che conosco molto bene e che mi piace». In famiglia c’è un solo stipendio, «quello di mio marito che lavora statale. E abbiamo una bimba che sta facendo la dad e questo ci ha portato a sostenere un’altra spesa, del pc, che non potevamo permetterci ma lo abbiamo fatto. Io non ho studiato per stabilire regole e protocolli, ma perché altrove si sta tornando a vivere? A Santo Domingo, mio paese natale, palestre e ristoranti sono aperti. Noi siamo chiusi e neanche aiutati».
La giovane ha anche affrontato il Covid e da un anno ascolta i racconti della mamma, che lavora in ospedale: «“E’ un incubo” ci diceva quando ci sentivamo al telefono e io ho capito, – dice con gli occhi luci – mamma ci diceva che sperava di svegliarsi da questo incubo, ha visto persone che conosceva morire senza dare la possibilità ai parenti di poterli vedere, è stato terribile».
In piazza per fare fronte comune: «Sono solidale con tutti, perché è tutto chiuso? Per fortuna non abbiamo un affitto da pagare, ma chi invece lo ha? Purtroppo io, come tanti altri, non abbiamo il piacere di poter stare a casa a fare niente. Certo ora vivo di più mia figlia, la mia famiglia, la casa, ma voglio tornare a lavorare».