Il presepe vivente messo in scena dalla comunità ucraina domenica 8 gennaio – al termine della liturgia nella chiesa del Carmine – ha avuto, come c’era da aspettarsi, una forte simbologia legata alla guerra.
«L’hanno voluto i bambini e i ragazzi a chiusura del periodo di festività natalizie – ha commentato a margine padre Yuriy Ivanyuta, referente della comunità cattolica di rito orientale -. Non ci sono i Re Magi, ma tre ragazzi con abiti mimetici e la bandiera ucraina che hanno la meglio su re Erode e satana con falce e martello, simboli della morte e della distruzione causata dalla Russia. Però ci sono anche i pastori, gli angeli e la stella per annunciare a tutti la nascita di Gesù, perché Dio è semplice e vince su tutto».
La mattinata si è poi conclusa con il pranzo cucinato dalle signore ucraine nei locali dell’ex sede di quartiere Centro in corso Italia.
Un’ottantina le persone che hanno assistito alla rappresentazione, tra le quattrocento rimaste in città dopo il grande esodo del marzo scorso quando Novara aveva accolto circa 1400 profughi dando vita alla più grande comunità ucraina del Piemonte.
Nel corso dei mesi, molti di loro, per la quasi totalità donne con i loro bambini, hanno trovato un lavoro e una casa da affittare e hanno deciso di restare a vivere qui.
Continua a essere attivo, invece, il centro raccolta alla ex palazzina vigili di viale Dante (mercoledì dalle 12 alle 15) dove si possono consegnare prodotti alimentari non freschi e abbigliamento.
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