#ioapro ma non a Novara. La protesta dei ristoratori “ribelli” per ora non decolla

Tutto è partito qualche giorno fa da un video che è diventato virale. Quello di un ristoratore di Modena che ha ispirato la protesta nazionale #ioapro. Un’iniziativa di “disobbedienza civile” con cui il settore della ristorazione vuole sfidare il Dpcm che dovrebbe entrare in vigore il 15 gennaio. Proprio per venerdì, infatti, in molte piazze italiane baristi e ristoratori si sono organizzati per un sit in allo scopo di protestare contro il nuovo decreto che, con ogni probabilità, segnerà una nuova chiusura per gli esercizi di somministrazione.

Un’iniziativa che, però, a Novara non sembra aver interessato gli addetti ai lavori, quantomeno non ufficialmente. «So che tutti nel settore ne stanno parlando, ma non sono a conoscenza di adesioni pubbliche – afferma il presidente del Confcommercio Alto Piemonte, Maurizio Grifoni -. Il problema è che i ristoratori hanno ragione a ribellarsi: hanno fatto investimenti importanti per andare incontro alle normative anti Covid, ma ormai da quasi un anno sono costretti a non lavorare. Bisogna controllare le singole situazioni e i comportamenti individuali. Ormai siamo di fronte a una crisi economica tale per cui se la situazione sfugge di mano, rischiamo una Capitol Hill italiana. Oggi parlavo con un ristoratore che ha ricevuto 8000 euro di contributi da parte dello Stato per l’emergenza Covid e, dopo essere stato chiuso quasi un anno, una tassa rifiuti di 38 mila: come si può pensare di andare avanti in questo modo? Il Governo non si rende conto a cosa sta andando incontro: è necessario mettere in atto azioni serie per aiutare tutti quello che sono stati massacrati da questa pandemia. Serve un atteggiamento più responsabile dalle parti politiche per generare un rilancio complessivo e scongiurare un default nazionale».

 

 

Rispetto alla protesta #ioapro è di parere contrario il presidente regionale di Confesercenti e presidente nazionale dei pubblici esercizi Giancarlo Banchieri: «Non appoggiamo queste iniziative: non possiamo favorire un piano che viola le disposizioni attuali. Lottare per cambiare le cose sì, ma non attraverso una forma di protesta che non rispetta la legge. I problemi sono enormi e la situazione esplosiva, ma così si rischia di non arrivare in fondo a questo deserto. Piuttosto in questi giorni, insieme a Confcommercio, abbiamo chiesto un incontro con il Cts per definire nuovi protocolli per la riapertura: se fosse necessario ancora più stringenti, ma che almeno permettano alla ristorazione di ripartire».

Banchieri fa un confronto con l’estero: «Al momento non ci sono Paesi europei in cui i bar e i ristoranti sono aperti. È anche vero che in Italia i ristori sono stati minimi: ci auguriamo che il Governo esca presto dalla mentalità dei codici Ateco e agisca rispetto alle perdite effettive. Il ristoro di gennaio, che segue quello di Natale fortemente voluto dalla nostra associazione, sarà fondamentale per capire: le aziende sono indebitate e solo in presenza di contributi efficaci si può pensare di guardare al futuro».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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#ioapro ma non a Novara. La protesta dei ristoratori “ribelli” per ora non decolla

Tutto è partito qualche giorno fa da un video che è diventato virale. Quello di un ristoratore di Modena che ha ispirato la protesta nazionale #ioapro. Un’iniziativa di “disobbedienza civile” con cui il settore della ristorazione vuole sfidare il Dpcm che dovrebbe entrare in vigore il 15 gennaio. Proprio per venerdì, infatti, in molte piazze italiane baristi e ristoratori si sono organizzati per un sit in allo scopo di protestare contro il nuovo decreto che, con ogni probabilità, segnerà una nuova chiusura per gli esercizi di somministrazione.

Un’iniziativa che, però, a Novara non sembra aver interessato gli addetti ai lavori, quantomeno non ufficialmente. «So che tutti nel settore ne stanno parlando, ma non sono a conoscenza di adesioni pubbliche – afferma il presidente del Confcommercio Alto Piemonte, Maurizio Grifoni -. Il problema è che i ristoratori hanno ragione a ribellarsi: hanno fatto investimenti importanti per andare incontro alle normative anti Covid, ma ormai da quasi un anno sono costretti a non lavorare. Bisogna controllare le singole situazioni e i comportamenti individuali. Ormai siamo di fronte a una crisi economica tale per cui se la situazione sfugge di mano, rischiamo una Capitol Hill italiana. Oggi parlavo con un ristoratore che ha ricevuto 8000 euro di contributi da parte dello Stato per l’emergenza Covid e, dopo essere stato chiuso quasi un anno, una tassa rifiuti di 38 mila: come si può pensare di andare avanti in questo modo? Il Governo non si rende conto a cosa sta andando incontro: è necessario mettere in atto azioni serie per aiutare tutti quello che sono stati massacrati da questa pandemia. Serve un atteggiamento più responsabile dalle parti politiche per generare un rilancio complessivo e scongiurare un default nazionale».

 

 

Rispetto alla protesta #ioapro è di parere contrario il presidente regionale di Confesercenti e presidente nazionale dei pubblici esercizi Giancarlo Banchieri: «Non appoggiamo queste iniziative: non possiamo favorire un piano che viola le disposizioni attuali. Lottare per cambiare le cose sì, ma non attraverso una forma di protesta che non rispetta la legge. I problemi sono enormi e la situazione esplosiva, ma così si rischia di non arrivare in fondo a questo deserto. Piuttosto in questi giorni, insieme a Confcommercio, abbiamo chiesto un incontro con il Cts per definire nuovi protocolli per la riapertura: se fosse necessario ancora più stringenti, ma che almeno permettano alla ristorazione di ripartire».

Banchieri fa un confronto con l’estero: «Al momento non ci sono Paesi europei in cui i bar e i ristoranti sono aperti. È anche vero che in Italia i ristori sono stati minimi: ci auguriamo che il Governo esca presto dalla mentalità dei codici Ateco e agisca rispetto alle perdite effettive. Il ristoro di gennaio, che segue quello di Natale fortemente voluto dalla nostra associazione, sarà fondamentale per capire: le aziende sono indebitate e solo in presenza di contributi efficaci si può pensare di guardare al futuro».

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