«Le fondazioni di comunità sono un punto di riferimento strategico»

Nell’anno più tremendo della storia contemporanea la Fondazione Comunità Novarese onlus ha compiuto vent’anni. Un compleanno che, per motivi legati all’emergenza Covid, è passato un po’ in sordina. Gli stessi motivi che, però, hanno permesso alla Fondazione di radicarsi ancora di più nel territorio, confermando il profondo legame con altri enti, istituzioni e soprattutto con i singoli cittadini.

Da qualche giorno la Fondazione ha compiuto 21 anni e per festeggiare ha rinnovato la propria immagine con un nuovo luogo: i colori sono gli stessi di sempre: blu, azzurro e grigio e centrale è ancora l’elemento fondamentale della Cupola, simbolo della città di Novara. Per l’occasione abbiamo rivolto qualche domanda al segretario generale Gianluca Vacchini che fa un bilancio dell’annus horribilis, ma con una visione che ora può permettersi di guardare al futuro.

Da che punto di vista il 2020 è stato più impegnativo rispetto agli anni precedenti?
Come per tutto il mondo del no profit, grazie e per colpa della pandemia, è stato diverso: siamo stati noi a proporre progetti che poi sono stati finanziati. Abbiamo avuto modo di conoscere ancora meglio il territorio per capire quali fossero le necessità. Il vantaggio è che abbiamo imparato a collaborare con diversi enti: Croce Rossa, Caritas per esempio che ci ha permesso di ottenere un ottimo risultato nella fornitura di dpi e strumentazione; poi abbiamo costituto il Fondo AiutiAmo Novara con il Comune. Sono collaborazioni che durano tuttora: con la Croce Rossa abbiamo predisposto l’hub vaccinale Ipazia e il 26 aprile presenteremo altri progetti.

Come è cambiato il terzo settore con il Covid?
È presto per dirlo perchè le associazioni con cui ci confrontiamo si stanno riprendendo ora e solo tra qualche tempo saranno pronte per guardare al futuro. La situazione è in continuo divenire. Registriamo, però, che fare insieme è meglio: anche da parte delle associazioni c’è molta più disponibilità a pensare di collaborare piuttosto che agire per competere.

Quali sono le esigenze del territorio e come sono cambiante dopo 21 anni?
È cambiata la società, pensiamo solo alla tecnologia. E poi è il settore stesso che sta mutando a livello legislativo e nel rapporto con la pubblica amministrazione. La capacità e la volontà delle organizzazioni di pensare al domani, mentre prima pensavano solo al presente. Molte chiedono aiuto per un visione strategica a lungo termine. Questo per noi è una grande soddisfazione. A oggi stiamo cercando di capire i segnali: sui bandi emessi non abbiamo stanziato tutte le risorse perchè la situazione non è ancora definitiva e non c’è chiarezza su quello che succederà, per questo motivo abbiamo preferito tenere alcune risorse per la seconda parte dell’anno. L’attenzione è sempre più centrata su progetti che mettono insieme le persone, stiamo a vedere.

Qual è in assoluto il desiderio più grande, realizzabile, della fondazione?
Far capire che siamo diventati un ente aggregatore e non erogativo. In realtà non è solo un desiderio, ma un processo che portiamo avanti già da qualche anno. Siamo noi a promuovere progetti se ne sentiamo la necessità perchè ci accorgiamo dei bisogni del territorio che non vengono soddisfatti. È questo lo scopo delle fondazioni di comunità: non solo avere il cassettino pronto con le risorse, ma diventare un punto di riferimento strategico.

È giusto che le fondazioni sostengano gli ospedali pubblici?
Io credo di sì e devono farlo in tempi di emergenza oppure in presenza di progetti innovativi non durante un periodo ordinario. Il pubblico è comunque un ente che rappresenta la comunità e dunque va supportato: non è un modo per sostituirsi allo Stato, ma per dare una mano.

Ci sono numeri che permettano di far capire quale sia l’attività della Fondazione?
Nel 2020 è stato stanziato un importo di 1 milione e 100 mila euro per 120 progetti attivi, Covid e non. Le donazioni private, da persone fisiche e aziende, sono state circa 2000 per un ammontare di 1 milione e 200 mila euro. Durante la pandemia è aumentato l’importo medio, così come i testamenti: ne stiamo acquisendo qualcuno, segno che le persone guardano al futuro non solo proprio, ma anche della comunità attraverso la fondazione.

[Nell’immagine Gianluca Vacchini con il presidente della Fondazione Cesare Ponti]

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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«Le fondazioni di comunità sono un punto di riferimento strategico»

Nell’anno più tremendo della storia contemporanea la Fondazione Comunità Novarese onlus ha compiuto vent’anni. Un compleanno che, per motivi legati all’emergenza Covid, è passato un po’ in sordina. Gli stessi motivi che, però, hanno permesso alla Fondazione di radicarsi ancora di più nel territorio, confermando il profondo legame con altri enti, istituzioni e soprattutto con i singoli cittadini.

Da qualche giorno la Fondazione ha compiuto 21 anni e per festeggiare ha rinnovato la propria immagine con un nuovo luogo: i colori sono gli stessi di sempre: blu, azzurro e grigio e centrale è ancora l’elemento fondamentale della Cupola, simbolo della città di Novara. Per l’occasione abbiamo rivolto qualche domanda al segretario generale Gianluca Vacchini che fa un bilancio dell’annus horribilis, ma con una visione che ora può permettersi di guardare al futuro.

Da che punto di vista il 2020 è stato più impegnativo rispetto agli anni precedenti?
Come per tutto il mondo del no profit, grazie e per colpa della pandemia, è stato diverso: siamo stati noi a proporre progetti che poi sono stati finanziati. Abbiamo avuto modo di conoscere ancora meglio il territorio per capire quali fossero le necessità. Il vantaggio è che abbiamo imparato a collaborare con diversi enti: Croce Rossa, Caritas per esempio che ci ha permesso di ottenere un ottimo risultato nella fornitura di dpi e strumentazione; poi abbiamo costituto il Fondo AiutiAmo Novara con il Comune. Sono collaborazioni che durano tuttora: con la Croce Rossa abbiamo predisposto l’hub vaccinale Ipazia e il 26 aprile presenteremo altri progetti.

Come è cambiato il terzo settore con il Covid?
È presto per dirlo perchè le associazioni con cui ci confrontiamo si stanno riprendendo ora e solo tra qualche tempo saranno pronte per guardare al futuro. La situazione è in continuo divenire. Registriamo, però, che fare insieme è meglio: anche da parte delle associazioni c’è molta più disponibilità a pensare di collaborare piuttosto che agire per competere.

Quali sono le esigenze del territorio e come sono cambiante dopo 21 anni?
È cambiata la società, pensiamo solo alla tecnologia. E poi è il settore stesso che sta mutando a livello legislativo e nel rapporto con la pubblica amministrazione. La capacità e la volontà delle organizzazioni di pensare al domani, mentre prima pensavano solo al presente. Molte chiedono aiuto per un visione strategica a lungo termine. Questo per noi è una grande soddisfazione. A oggi stiamo cercando di capire i segnali: sui bandi emessi non abbiamo stanziato tutte le risorse perchè la situazione non è ancora definitiva e non c’è chiarezza su quello che succederà, per questo motivo abbiamo preferito tenere alcune risorse per la seconda parte dell’anno. L’attenzione è sempre più centrata su progetti che mettono insieme le persone, stiamo a vedere.

Qual è in assoluto il desiderio più grande, realizzabile, della fondazione?
Far capire che siamo diventati un ente aggregatore e non erogativo. In realtà non è solo un desiderio, ma un processo che portiamo avanti già da qualche anno. Siamo noi a promuovere progetti se ne sentiamo la necessità perchè ci accorgiamo dei bisogni del territorio che non vengono soddisfatti. È questo lo scopo delle fondazioni di comunità: non solo avere il cassettino pronto con le risorse, ma diventare un punto di riferimento strategico.

È giusto che le fondazioni sostengano gli ospedali pubblici?
Io credo di sì e devono farlo in tempi di emergenza oppure in presenza di progetti innovativi non durante un periodo ordinario. Il pubblico è comunque un ente che rappresenta la comunità e dunque va supportato: non è un modo per sostituirsi allo Stato, ma per dare una mano.

Ci sono numeri che permettano di far capire quale sia l’attività della Fondazione?
Nel 2020 è stato stanziato un importo di 1 milione e 100 mila euro per 120 progetti attivi, Covid e non. Le donazioni private, da persone fisiche e aziende, sono state circa 2000 per un ammontare di 1 milione e 200 mila euro. Durante la pandemia è aumentato l’importo medio, così come i testamenti: ne stiamo acquisendo qualcuno, segno che le persone guardano al futuro non solo proprio, ma anche della comunità attraverso la fondazione.

[Nell’immagine Gianluca Vacchini con il presidente della Fondazione Cesare Ponti]

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Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore