Il primo giorno di maturità 2020 è ormai cosa passata. E se per gli studenti sarebbe stata comunque una prima volta, quest’anno si può dire che sia stata una novità anche per tutti gli insegnanti.
Un ritorno a scuola e nelle aule dopo oltre tre mesi: «Entrare a scuola è stato rassicurante, come se il tempo avesse cristallizzato tutto, è stato come tornare alla propria vita frenetica, come è quella della scuola. Se da un lato la situazione è stata forse favorevole per gli aspetti tecnici, ossia mancanza di spostamenti da casa a scuola, dall’altro mancava tantissimo la sfera della socialità», parola di Mariangela Ferrari (nella foto con la collega insegnante Eleonora Macaluso), insegnante di Italiano all’Omar.
La scuola, che tramite la sezione di Meccanica aveva progettato visiere specifiche anche da commercializzare, ne ha consegnata una a ciascun insegnante: «E’ stato importante perché si è percepita una sorta di dialogo. Già eravamo tutti distanziati, anche fra noi professori, – continua Ferrari – con le mascherine classiche avremmo dovuto tenerla o abbassarla in caso avessimo voluto parlare, con le visiere abbiamo il viso scoperto ed è meglio anche nei confronti dell’alunno».
Tante le regole da rispettare: triage all’ingresso, distanziamento nella sede dell’esame, sanificazione dopo ogni interrogazione, pausa a metà mattina per una pulizia ancora più profonda. Un esame davvero “nuovo”. E studenti un po’ agitati, ma anche razionalmente più contenti: «Di fatto l’esame si misura in una prova sola e io personalmente, da docente di Italiano, ho visto una netta rimodulazione, di solito si preparano i ragazzi alla prova scritta, che quest’anno è mancata. Con un argomento assegnato è forse più facile, ma è sempre vero che non è un pro forma perché è un esame di stato. E’ mancato il gruppo, i ragazzi si sono forse sentiti più soli».
Anche per i professori è stata una notte prima degli esami: «Ero agitata anche io, ma è stata un sentimento risolto oggi positivamente, – dice Edoarda Trotti, docente di Scienze al Classico – i ragazzi erano preparati, avevano dimostrato attenzione durante la didattica a distanza, e oggi mi hanno confermato quanto di buono hanno fatto. Una sola riflessione: gli studenti si giocano tutto in una prova orale e hanno meno opportunità di emergere se magari sono più riflessivi e preferiscono le prove scritte».
Al Pascal i docenti si sono davvero impegnati per non lasciarsi andare a profondi abbracci: «La tentazione era davvero tanto, – dice l’insegnante Elisa Costanzo – io mi sono commossa, abbiamo lasciato il Pascal in inverno e lo abbiamo ritrovato in estate. Ho rivisto la mia scuola e i miei ragazzi dopo mesi, la scuola che è come una seconda casa, e in effetti ci passiamo quasi più tempo rispetto alle nostre abitazioni». Un ritorno senza però «la dimensione di classe, perché di fatto non ci siamo rivisti come se tutto fosse normale, – continua l’insegnante – i ragazzi erano un po’ agitati ma dagli occhi ho percepito da ognuno di loro grandi sorrisi, così come lo erano i nostri. Ed è stato bello ritrovarsi fra noi insegnanti, fra operatori scolastici, ciascuno con i propri sacrifici, ma credo che nonostante le regole, le direttive, si possa fare tutto, l’importante è ciò che metti dentro in tutto quello che fai, il modo lo si trova sempre».
Per la prima volta la professoressa Rosalba Fecchio, che insegna Scienze motorie all’Omar, è stata presidente di commissione, al Ravizza: «Ho trovato ragazzi preparati e contenti di tornare a scuola a sostenere l’esame. Una scuola diversa, perché ancora blindata, con tutte le regole che devono essere applicate. Ho visto negli studenti tanto entusiasmo nel raccontare anche come hanno vissuto la loro situazione di emergenza, sono stati racconti molto personali. Non si è respirato il sentimento anche un po’ di festa e confronto che accompagna sempre l’esame orale, che è davvero l’ultimo step, è stata una prova più personale». Presidenza di commissione anche per l’insegnante Milù Allegra, all’Omar: «C’è tantissima attenzione nel rispettare tutte le regole affinché tutto sia in completa sicurezza, – dice – non è semplice tenere insieme i diversi elementi. I ragazzi? Emozionati, sì, ma credo che sarebbero stati così al di là del Covid. E ora si giocano tutto in una sola prova».