«Non parliamo di diversità e disabilità, ma piuttosto di unicità»

E' uno dei messaggi lanciati dalla testimonianza, fra disabilità e pratica di una disciplina sportiva, di quattro persone nel corso della prima delle due serate dedicate al progetto Formid@bile, promosso nell'ambito degli Street Games

Persone e vite segnate da una forma di disabilità fisica che non ha tuttavia frenato la loro determinazione nel cercare di affrontare la vita e praticare sport un maniera il più possibile “normale”. Queste testimonianze sono parte integrante del progetto Formid@ble, con il quale l’organizzazione della tappa novarese degli Street Games 2022 ha voluto lanciare un particolare messaggio. Il primo incontro si è avuto nella serata di mercoledì 29 giugno nel cortile del Broletto con la partecipazione di una figura conosciuta a novara come Maurizio Nalin e di tre giovani donne, Chantal Pistelli McClelland, Fiamma Cocchi e Giorgia Greco.


Dopo i saluti portati da due esponenti dell’amministrazione comunale – l’assessore allo Sport Ivan De Grandis e quello all’Istruzione Giulia Negri – è toccato alla giornalista Elena Mittino e a Max Manfredi, autodefinitosi «operaio dello sport paralimpico», presentare un’iniziativa nata «per fare capire alla comunità che noi viviamo le nostre, nonostante i problemi, in maniera normale. E i problemi non ci spaventano, perché a noi capitano molto più spesso».


La carrellata delle testimonianze sono state aperta da Chantal Pistelli McClelland, italo-americana campionessa di surf adattato, ma anche modella e attrice, nata con una disabilità al piede della quale si è accorta quando ha poruto «vederla negli occhi degli altri». Una situazione che ha inizialmente vissuto «male per vari episodi accaduti durante la scuola, ma che ho superato perché nonostante tutto si deve andare avanti. Anche per questo ho voluto fondare un’associazione per aiutare altre persone, soprattutto adolescenti, a dare valore all’unicità di ciascuno di noi». Una passione che le ha dato la possibilità di entrare in nazionale, partecipando a campionati europei e mondiali, con un occhio rivolto alle Paralimpiadi del 2024, quando sarà presente per la prima volta.


Da una toscana (Chantal è pisana) a un’altra. La fiorentina Fiamma Cocchi, nata con una malformazione genetica all’anca che non le ha tuttavia impedito di praticare nuoto sino al momento dell’amputazione dell’arto sinistro sopra il ginocchio, ha cercato inizialmente di proseguire la sua «vita a metà, nascondendo soprattutto agli altri chi ero veramente. Sino a quando ho potuto confrontarmi con altri ragazzi. Da allora non mi sono più sentita sola, nonostante alcuni termini con i quali veniamo etichettati. Diversità è una parola che non amo, che presuppone subito un distanziamento. Oggi si parla di unicità, parola più dolce, carina, accogliente. Altro termine che non mi piace è quello della disabilità». Oggi Fiamma è psicoterapeuta e a livello sportivo ha scelto l’arrampicata, «disciplina che mi piace molto, che pratico a livello amatoriale e che presuppone un forte equilibrio tra psiche e resistenza fisica. Ho fatto anche la modella per gioco e mi diverto a mettermi in gioco».


La più giovane (solo 15 anni) è Giorgia Greco, che molti hanno avuto modo di vedere in televisione per aver partecipato alla trasmissione “Italian’s got talent”. Ha praticato ginnastica ritmica dall’età di quattro anni: «Il mio percorso si è però interrotto due anni dopo quando ho iniziato ad avvertire dolori a una gamba». A distanza di tempo la diagnosi ha portato all’amputazione dell’arto, situazione che non ha tuttavia frenato la sua voglia di competere, «ma non so con chi. Non con le ragazze normodotate e nello sport paralimpico non esiste la mia disciplina». Da qui l’invito ad altri giovani nelle sue condizioni di provare ad avvicinarsi a questo sport, contribuendo a dare impulso all’associazione fondata dalla campionessa paralimpica Bebe Vio, della quale Giorgia fa parte.


Infine Maurizio Nalin, figura novarese che in città non ha bisogno di presentazioni. Autentica icona dello sport paralimpico, come ha sottolineato Manfredi, «è anche lui una persona che si è messa a disposizione della comunità». «Nonostante tutto ho avuto modo di realizzare tutti i sogni – ha detto – Dal punto di vista professionale sono diventato manager amministrativo, nello sport sono riuscito a vincere tutto quello che c’era da vincere grazie anche all’Ashd, che mi ha permesso di giungere a questi livelli. In un momento dove lo sport paralimpico iniziava ad essere professionistico.


«Abbiamo lottato molto e oggi lo sport paralimpico ha ottenuto una certa visibilità. Ho ottenuto tanto, prima di altri, ma sono tutte cose che rimangono appese a un muro. Oggi sono anche consulente dell’Inail e cerco di indirizzare verso lo sport chi subisce un incidente sul lavoro. Se non mi fosse capitato quello che è successo avrei avuto un’altra vita, ma non avrei girato il mondo. A questi ragazzi che hanno iniziato da poco dico solo di avere la forza e convinzione».

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«Non parliamo di diversità e disabilità, ma piuttosto di unicità»

E’ uno dei messaggi lanciati dalla testimonianza, fra disabilità e pratica di una disciplina sportiva, di quattro persone nel corso della prima delle due serate dedicate al progetto Formid@bile, promosso nell’ambito degli Street Games

Persone e vite segnate da una forma di disabilità fisica che non ha tuttavia frenato la loro determinazione nel cercare di affrontare la vita e praticare sport un maniera il più possibile “normale”. Queste testimonianze sono parte integrante del progetto Formid@ble, con il quale l’organizzazione della tappa novarese degli Street Games 2022 ha voluto lanciare un particolare messaggio. Il primo incontro si è avuto nella serata di mercoledì 29 giugno nel cortile del Broletto con la partecipazione di una figura conosciuta a novara come Maurizio Nalin e di tre giovani donne, Chantal Pistelli McClelland, Fiamma Cocchi e Giorgia Greco.


Dopo i saluti portati da due esponenti dell’amministrazione comunale – l’assessore allo Sport Ivan De Grandis e quello all’Istruzione Giulia Negri – è toccato alla giornalista Elena Mittino e a Max Manfredi, autodefinitosi «operaio dello sport paralimpico», presentare un’iniziativa nata «per fare capire alla comunità che noi viviamo le nostre, nonostante i problemi, in maniera normale. E i problemi non ci spaventano, perché a noi capitano molto più spesso».


La carrellata delle testimonianze sono state aperta da Chantal Pistelli McClelland, italo-americana campionessa di surf adattato, ma anche modella e attrice, nata con una disabilità al piede della quale si è accorta quando ha poruto «vederla negli occhi degli altri». Una situazione che ha inizialmente vissuto «male per vari episodi accaduti durante la scuola, ma che ho superato perché nonostante tutto si deve andare avanti. Anche per questo ho voluto fondare un’associazione per aiutare altre persone, soprattutto adolescenti, a dare valore all’unicità di ciascuno di noi». Una passione che le ha dato la possibilità di entrare in nazionale, partecipando a campionati europei e mondiali, con un occhio rivolto alle Paralimpiadi del 2024, quando sarà presente per la prima volta.


Da una toscana (Chantal è pisana) a un’altra. La fiorentina Fiamma Cocchi, nata con una malformazione genetica all’anca che non le ha tuttavia impedito di praticare nuoto sino al momento dell’amputazione dell’arto sinistro sopra il ginocchio, ha cercato inizialmente di proseguire la sua «vita a metà, nascondendo soprattutto agli altri chi ero veramente. Sino a quando ho potuto confrontarmi con altri ragazzi. Da allora non mi sono più sentita sola, nonostante alcuni termini con i quali veniamo etichettati. Diversità è una parola che non amo, che presuppone subito un distanziamento. Oggi si parla di unicità, parola più dolce, carina, accogliente. Altro termine che non mi piace è quello della disabilità». Oggi Fiamma è psicoterapeuta e a livello sportivo ha scelto l’arrampicata, «disciplina che mi piace molto, che pratico a livello amatoriale e che presuppone un forte equilibrio tra psiche e resistenza fisica. Ho fatto anche la modella per gioco e mi diverto a mettermi in gioco».


La più giovane (solo 15 anni) è Giorgia Greco, che molti hanno avuto modo di vedere in televisione per aver partecipato alla trasmissione “Italian’s got talent”. Ha praticato ginnastica ritmica dall’età di quattro anni: «Il mio percorso si è però interrotto due anni dopo quando ho iniziato ad avvertire dolori a una gamba». A distanza di tempo la diagnosi ha portato all’amputazione dell’arto, situazione che non ha tuttavia frenato la sua voglia di competere, «ma non so con chi. Non con le ragazze normodotate e nello sport paralimpico non esiste la mia disciplina». Da qui l’invito ad altri giovani nelle sue condizioni di provare ad avvicinarsi a questo sport, contribuendo a dare impulso all’associazione fondata dalla campionessa paralimpica Bebe Vio, della quale Giorgia fa parte.


Infine Maurizio Nalin, figura novarese che in città non ha bisogno di presentazioni. Autentica icona dello sport paralimpico, come ha sottolineato Manfredi, «è anche lui una persona che si è messa a disposizione della comunità». «Nonostante tutto ho avuto modo di realizzare tutti i sogni – ha detto – Dal punto di vista professionale sono diventato manager amministrativo, nello sport sono riuscito a vincere tutto quello che c’era da vincere grazie anche all’Ashd, che mi ha permesso di giungere a questi livelli. In un momento dove lo sport paralimpico iniziava ad essere professionistico.


«Abbiamo lottato molto e oggi lo sport paralimpico ha ottenuto una certa visibilità. Ho ottenuto tanto, prima di altri, ma sono tutte cose che rimangono appese a un muro. Oggi sono anche consulente dell’Inail e cerco di indirizzare verso lo sport chi subisce un incidente sul lavoro. Se non mi fosse capitato quello che è successo avrei avuto un’altra vita, ma non avrei girato il mondo. A questi ragazzi che hanno iniziato da poco dico solo di avere la forza e convinzione».

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