Post Covid, gli uffici diventano open space con spazi ludici e creativi

Post Covid, gli uffici diventano open space con spazi ludici e creativi. Questa la tendenza che si sta affermando sempre più in questa nuova fase rivolta alla ripresa, anche negli spazi professionali del territorio novarese. Il tutto «in favore della socialità, che se un tempo era relegata al momento “macchinetta del caffè”, ora va a determinare tutti gli spazi operativi, organizzati in ottica di impresa diffusa», racconta il designer d’interni novarese Luca Caccia.

Luca Caccia

La pandemia ci ha costretti a casa, all’isolamento e allo smart working. «Durante la prima ondata molte aziende hanno cercato di correre ai ripari e ci chiedevano progetti in cui gli spazi venivano rimodulati in ottica di compartimentazione, ma poi quasi nessuno li ha realizzati concretamente – spiega Caccia – Un po’ perché l’attività si è bloccata in generale, ma anche perché negli ultimi tempi, con un progressivo miglioramento della situazione sanitaria, si è diffuso un clima di fiducia che ha davvero rivoluzionato gli spazi di lavoro».

Anche su questo fronte possiamo dire che nulla sarà più come prima. «L’ufficio-alveare, che un tempo era il cardine, non esiste più. Sta lasciando il posto a piccoli hub, con ambienti più friendly e accoglienti, pensati per piccoli gruppi, in stile co-working e lo vediamo sia negli uffici che negli studi professionali – racconta il designer – Ma soprattutto è cambiata la concezione dell’utilizzo di questi spazi: sono pensati in modo tale che il personale li utilizzi solo quando è effettivamente necessario. L’azienda diventa così un luogo diffuso. E così al posto del classico ufficio con una scrivania a persona sono arrivati puff e divani, in cui seguire webinar o tenere riunioni informali tra i colleghi, che vengono prenotati per il tempo necessario».

Addio alla scrivania personale. «Soprattutto nelle realtà in cui si lavora molto al computer, ci sono comunque dei tavoli più versatili nell’utilizzo, per collocarsi con il proprio portatile. Ma la parte più interessante è l’arrivo di luoghi di aggregazione, molto simili a quelli che potremmo avere a casa, nei posti di lavoro. Spazi che sinora si trovavano solo in grandi aziende come Google e Apple, ma che si stanno diffondendo sempre più, anche perché gli studi confermano che favoriscono la creatività e la produttività. Ad esempio, per Nubilaria, azienda informatica novarese abbiamo pensato di introdurre un’area giochi dotata di freccette, un canestro con la palla da basket in spugna e persino una consol per videogiochi. I titolari Marco Civitico e Franco Schiannini hanno scelto di riorganizzare gli spazi in modo partecipato, sottoponendo dei questionari ai loro dipendenti. Anche questa è una novità interessante, segno di un totale cambiamento di approccio», sottolinea Caccia.

Il Covid ha messo anche in evidenza la necessità di fare scelte quotidiane amiche dell’ambiente. «L’attenzione a questo tema è notevolmente cresciuta – conferma il designer d’interni – Arredi e accessori di alta qualità sono da tempo prodotti con materiali che non rilasciano sostanze nocive (come la formaldeide), come i tessuti naturali. Inoltre ci chiedono sempre più spesso di allestire delle piccole aree verdi con delle fioriere. E stanno avendo un buon successo anche le pellicole a filtro UV, che sono in grado di schermare il calore abbattendo la temperatura interna di 3 gradi. Il che significa un minore utilizzo dei condizionatori e la possibilità di avere comunque una vista totale sull’esterno. Per chi ha uffici ai piani alti si rivelano molto funzionali».

Il settore del design e dell’arredo ha sempre l’occhio rivolto al futuro, ma come ha vissuto questo anno e mezzo di pandemia?
«Tutto il nostro comparto è in grande difficoltà – ammette Caccia – Chi si è salvato è perché è riuscito a farlo da solo, ma non tutti ce l’hanno fatta. Gli aiuti a sostegno della categoria sono stati inesistenti, anche chi ha perso più del 30% di fatturato ha ricevuto solo briciole».

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.

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Post Covid, gli uffici diventano open space con spazi ludici e creativi

Post Covid, gli uffici diventano open space con spazi ludici e creativi. Questa la tendenza che si sta affermando sempre più in questa nuova fase rivolta alla ripresa, anche negli spazi professionali del territorio novarese. Il tutto «in favore della socialità, che se un tempo era relegata al momento “macchinetta del caffè”, ora va a determinare tutti gli spazi operativi, organizzati in ottica di impresa diffusa», racconta il designer d'interni novarese Luca Caccia.
Luca Caccia
La pandemia ci ha costretti a casa, all'isolamento e allo smart working. «Durante la prima ondata molte aziende hanno cercato di correre ai ripari e ci chiedevano progetti in cui gli spazi venivano rimodulati in ottica di compartimentazione, ma poi quasi nessuno li ha realizzati concretamente – spiega Caccia – Un po' perché l'attività si è bloccata in generale, ma anche perché negli ultimi tempi, con un progressivo miglioramento della situazione sanitaria, si è diffuso un clima di fiducia che ha davvero rivoluzionato gli spazi di lavoro». Anche su questo fronte possiamo dire che nulla sarà più come prima. «L'ufficio-alveare, che un tempo era il cardine, non esiste più. Sta lasciando il posto a piccoli hub, con ambienti più friendly e accoglienti, pensati per piccoli gruppi, in stile co-working e lo vediamo sia negli uffici che negli studi professionali - racconta il designer – Ma soprattutto è cambiata la concezione dell'utilizzo di questi spazi: sono pensati in modo tale che il personale li utilizzi solo quando è effettivamente necessario. L'azienda diventa così un luogo diffuso. E così al posto del classico ufficio con una scrivania a persona sono arrivati puff e divani, in cui seguire webinar o tenere riunioni informali tra i colleghi, che vengono prenotati per il tempo necessario». Addio alla scrivania personale. «Soprattutto nelle realtà in cui si lavora molto al computer, ci sono comunque dei tavoli più versatili nell'utilizzo, per collocarsi con il proprio portatile. Ma la parte più interessante è l'arrivo di luoghi di aggregazione, molto simili a quelli che potremmo avere a casa, nei posti di lavoro. Spazi che sinora si trovavano solo in grandi aziende come Google e Apple, ma che si stanno diffondendo sempre più, anche perché gli studi confermano che favoriscono la creatività e la produttività. Ad esempio, per Nubilaria, azienda informatica novarese abbiamo pensato di introdurre un'area giochi dotata di freccette, un canestro con la palla da basket in spugna e persino una consol per videogiochi. I titolari Marco Civitico e Franco Schiannini hanno scelto di riorganizzare gli spazi in modo partecipato, sottoponendo dei questionari ai loro dipendenti. Anche questa è una novità interessante, segno di un totale cambiamento di approccio», sottolinea Caccia. Il Covid ha messo anche in evidenza la necessità di fare scelte quotidiane amiche dell'ambiente. «L'attenzione a questo tema è notevolmente cresciuta – conferma il designer d'interni – Arredi e accessori di alta qualità sono da tempo prodotti con materiali che non rilasciano sostanze nocive (come la formaldeide), come i tessuti naturali. Inoltre ci chiedono sempre più spesso di allestire delle piccole aree verdi con delle fioriere. E stanno avendo un buon successo anche le pellicole a filtro UV, che sono in grado di schermare il calore abbattendo la temperatura interna di 3 gradi. Il che significa un minore utilizzo dei condizionatori e la possibilità di avere comunque una vista totale sull'esterno. Per chi ha uffici ai piani alti si rivelano molto funzionali». Il settore del design e dell'arredo ha sempre l'occhio rivolto al futuro, ma come ha vissuto questo anno e mezzo di pandemia? «Tutto il nostro comparto è in grande difficoltà – ammette Caccia – Chi si è salvato è perché è riuscito a farlo da solo, ma non tutti ce l'hanno fatta. Gli aiuti a sostegno della categoria sono stati inesistenti, anche chi ha perso più del 30% di fatturato ha ricevuto solo briciole».

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Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.