Proposta shock di Fondazione Carolina, che propone di «censurare Squid game, contro i giochi mortali emulati dai ragazzi» e ha lanciato una petizione su Change.org, appellandosi all’AgCom e al Garante dell’Infanzia e dell’adolescenza. Nel mirino della Onlus, intitolata alla giovane oleggese prima vittima di cyberbullismo, c’è la serie coreana Netflix con ascolti record in cui le persone affrontano delle prove e in caso di fallimento pagano con la vita.
«Ci riteniamo una realtà propositiva, lo confermano le collaborazioni con i colossi del web nell’ottica della prevenzione e del supporto ai ragazzi e alle famiglie – spiega il Segretario generale, Ivano Zoppi – ma di fronte allo sgomento di mamme e maestre delle scuole materne non bastano i buoni propositi, serve un’azione concreta». La Fondazione afferma di aver ricevuto «decine di segnalazioni che gli esperti per la sicurezza e il benessere digitale delle nuove generazioni hanno raccolto da tutta Italia. “Mio figlio ha picchiato la sua amichetta mentre giocava a Squid Game”. “A mia figlia hanno rovesciato lo zaino fuori dalla finestra dell’aula perché ha perso a Squid Game, non vuole più uscire di casa. “I miei figli non sono stati invitati alla festa del loro compagno, perché non vogliono giocare a Squid Game”».
La stessa Netflix suggerisce la visione della serie coreana per utenti sopra i 14 anni di età, eppure Squid Game impazza tra i giovanissimi. Il passaparola è inarrestabile, tanto che la serie diventa virale, anche tra i più piccoli. «Alcuni genitori, minoranza silenziosa, hanno impostato correttamente i parental control; sulle piattaforme streaming, sui device usati in famiglia e addirittura sul modem casalingo, eppure le informazioni viaggiano in rete con una facilità sconcertante. Così, anche se non hai l’abbonamento a Netflix, il fenomeno Squid Game pervade il quotidiano dei bambini attraverso i “per te” di TikTok – spiega la Fondazione – ovvero i contenuti consigliati dal social network più popolare tra i giovanissimi. Un accerchiamento che passa per tutte le principali media company, da Facebook a Youtube, da Twitch a Instagram, passando per WhatsApp e Telegram».
«Sulla piattaforma Change.org è possibile firmare la petizione per bloccare questo contenuto, micidiale per gli utenti più giovani e fragili – denuncia Ivano Zoppi – Come Fondazione Carolina ci siamo già attivati con l’AgCom, nell’ambito della nostra collaborazione con Corecom Lombardia, mentre abbiamo chiesto di incontrare il Garante Infanzia e Adolescenza per rappresentare il disagio vissuto da tante famiglie a fronte di questo fenomeno. Un appello allargato anche alla Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. In qualità di educatore, non entro nel merito del prodotto televisivo, ma giudico gli effetti preoccupanti di questa produzione sulle nuove generazioni. Prima di capirne i motivi, però, è importante comprendere come mai, ancora una volta, quegli argini a tutela dei più piccoli non hanno retto. Ancora una volta. A questo punto, l’unica soluzione possibile – sottolinea Zoppi – sembra la censura vecchio stampo. Qualcuno storcerà il naso, ma oramai sembra l’unico strumento possibile a difesa del principio di incolumità dei minori».
Nel frattempo la Fondazione ha realizzato la seguente scheda educativa: