Ultime ore di campagna elettorale in vista del voto per i cinque referendum sulla giustizia di domenica 12. Dalla mezzanotte scatterà il “silenzio” per tutti al termine di mese di propaganda, tanto per il “sì” quanto per il “no”, rivelatosi decisamente fiacco. Certamente più attivi si sono rivelati i sostenitori dell’approvazione dei cinque quesiti; decisamente meno – almeno in apparenza – i contrari, agevolati dal fatto che in caso di un più che probabile mancato raggiungimento del quorum la consultazione sarà annullata. I più ottimisti parlano di una possibile affluenza alle urne del 25-30%, percentuale destinata a rimanere bassa anche per la mancanza di grosse città interessate dal contemporaneo voto amministrativo.
A Novara una delle poche iniziative – nel corso della quale hanno avuto modo di confrontarsi i sostenitori delle due posizioni – è stata quella promossa mercoledì sera dalla locale sezione dell’Aiga (Associazione dei giovani avvocati), che ha visto l’intervento di professionisti del settore e diversi esponenti politici, dal “forzista” Roberto Cota alla vicesindaco del capoluogo Marina Chiarelli (Fratelli d’Italia), dal consigliere regionale della Lega Riccardo Lanzo al collega di minoranza di Palazzo Lascaris, il “dem” Domenico Rossi, solo per citarne alcuni.
Dal dibattito è emersa chiara e netta la posizione degli avvocati, capitanati dal componente della giunta nazionale dell’Aiga Alessio Cerniglia e dall’attuale presidente novarese Sabrina Faccio, praticamente tutti schierati per il “sì”, per i quali appare «necessaria una riforma che riporti la Magistratura dentro i binari della Costituzione». Al di là del raggiungimento o meno del quorum, «il mondo politico dovrà ricevere i giusti stimoli per portare in Parlamento il tema della riforma della giustizia», arrivando al superamento della stessa legge Severino, che «ha messo in ginocchio numerose amministrazioni locali, per poi alla fine condannare pochi sipetto agli indagati originari».
Anche il pubblico ministero Nicola Serianni ha riconosciuto che «la situazione attuale non vada bene, ma non si può rimettere un tema con dei quesiti particolarmente tecnici nelle mani di uno strumento come il referendum. La vittoria del “sì” provocherebbe un pericoloso vuoto normativo, con tutti i rischi che ne potrebbero derivare dalla limitazione della custodia cautelare nei confronti dei presunti responsabili di reati più gravi».