«Dobbiamo vincere la sfida di un nuovo “rinascimento”». È questo l’obiettivo che il vescovo Franco Giulio Brambilla indica a tutti i novaresi, offrendo uno sguardo ampio sulla ripresa della vita ecclesiale e sociale e alcune riflessioni alla vigilia di domenica 24 maggio in cui «torneremo a celebrare l’Eucaristia in tutta la Diocesi, recuperando gradualmente la normalità della vita ecclesiale».
Lo fa in una lettera ai fedeli novaresi anzitutto per ricordare che alle messe di domenica «in questa fase di transizione vi sarà ancora una frequenza contingentata con le cautele necessarie», ma «lo slogan “niente sarà più come prima” ora deve trovare fantasia creativa e concretezza pratica. Saremo migliori se avremo imparato qualcosa da questi tre mesi di astinenza dalla celebrazione comunitaria della Messa».
Anzitutto Brambilla ricorda la centralità della domenica per i cattolici e «la ferita lancinante di non poter partecipare alla Messa e alla comunione eucaristica». La si seguiva in tv «ma sentivamo sulla nostra pelle e nel nostro cuore che era un’altra cosa». E poiché la Messa è «al centro della settimana e senza di essa non possiamo vivere», l’invito è a tornarvi «come al tesoro più prezioso che ci è stato donato».
Il vescovo ricorda tuttavia che «questa forzata astinenza ci ha fatto scoprire altre cose belle dell’esperienza cristiana. Credo fra tutte la più significativa è la preghiera in famiglia, l’esperienza della vita cristiana domestica», un nuovo spazio di preghiera «e nutrimento spirituale “oltre la Messa”». E quindi, «vi chiedo di non disperdere la ripresa della preghiera in famiglia, tra genitori e figli, anche attraverso l’uso sapiente dei mezzi di comunicazione sociale» è il secondo invito di Brambilla che pure non manca di stigmatizzare alcune «cose stravaganti e bislacche, anche a proposito della fede e delle sue pratiche» circolate sui social, con la certezza che «il tempo spazzerà via queste espressioni banali e vuote, spesso malate di protagonismo e visibilità da parte di chi li proponeva, talvolta persino con un uso strumentale anche dei segni più sacri della fede».
E se domenica si torna a messa il vescovo ricorda anche che la Chiesa dispensa «le persone a rischio, gli anziani e i malati dal precetto». Questo «però non deve marginalizzarli e dimenticarli»: da qui la proposta di «una Messa prevalentemente dedicata a loro il sabato pomeriggio o durante la settimana».
Poi la lettera volge al futuro prospettando iniziative pastorali e di solidarietà verso chi ha particolarmente sofferto in questo tempo di pandemia. Anzitutto «dovremo condividere il dolore di tante famiglie di fronte alla morte dei loro cari». E se già i sacerdoti si sono spesi con la presenza nella preghiera per la sepoltura e nella prossimità ai sofferenti, il vescovo vuole «raccogliere il desiderio di tanti di celebrare nel futuro prossimo una Messa di suffragio con una celebrazione diocesana».
Mons. Brambilla invita infine a guardare all’intera società. Anzitutto nuovamente ringrazia quanti si sono impegnati nei servizi essenziali – sanitari, amministratori, lavoratori, insegnanti – ed anche sacerdoti e laici «per il silenzioso e umile servizio alle povertà». Ma adesso, propone «diventa necessario con grande coraggio promuovere il lavoro della Caritas e delle altre istituzioni ecclesiali e civili per mitigare le conseguenze della pandemia». E individua tre grandi campi a cui portare soccorso: «il più urgente è l’aiuto alimentare», il secondo è verso «le spese per la gestione della casa, che sta emergendo e diventerà primario prima dell’estate» e il terzo «sarà la ripresa del lavoro quando a settembre molte persone non riusciranno più a tornare a galla». E chiede «la collaborazione di tutti i corpi intermedi che si dedicano alla rete di protezione sociale», al fine di «favorire il “piano per risorgere” di cui ha parlato papa Francesco».
«Rendiamo grazie a Dio del fatto che il contagio della malattia cominci ad essere contenuto e si possa iniziare, ancora con riserve e precauzioni, il recupero delle attività abituali della nostra vita comune» afferma infine il vescovo chiedendo di «affrontare questa situazione facendo crescere la solidarietà, esercitando la carità personale, sociale e politica». E invoca «accordo e collaborazione» di amministratori, parti sociali e tutti i cittadini «a favore del bene comune». Queste le basi per il nuovo “rinascimento”, ovvero «passare dal mercato delle cose e dei beni alla valorizzazione delle risorse umane del territorio».
«Tutti siamo chiamati a essere responsabili nella convivenza – conclude Brambilla – per evitare nella misura del possibile il ritorno della malattia e aiutare i poveri e coloro che più patiscono le conseguenze di questa pandemia».
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