Avrebbe voluto fare il pilota d’aereo e a 16 anni avrebbe dovuto fare il suo primo volo, se sua madre la sera prima dell’evento non si fosse troppo agitata per paura che prima poi un grave incidente se lo sarebbe portato via. E così ha rinunciato, nonostante una chiamata da Alitalia quando di anni ne aveva 28, scegliendo la via dell’insegnamento e dei ragazzi: Francesco Ticozzi è uno dei tre Novaresi dell’anno che, insieme a Linda Olivieri e ad Alessandro Barbaglia, il prossimo 20 gennaio all’Arengo del Broletto riceverà il Sigillum Communitatis Novariae. Classe 1957, Ticozzi, laureato in Ingegneria civile al Politecnico di Torino, è stato insegnante e dal 1995 è dirigente scolastico, dal 2009 fisso all’istituto Omar. Con lui la scuola oggi accoglie circa 1.600 studenti, mille in più di quando è arrivato.
«Credo di avere una missione: creare delle aspettative per i miei studenti, – dice Francesco Ticozzi – ricordo quando ho iniziato a insegnare, ho ricevuto un telegramma in cui mi si diceva che avevo vinto un concorso. Ero fuori Novara e nella mia classe c’era un’alunna ultra timida, praticamente muta; con me ha ripreso a parlare, la mamma ha voluto conoscermi ai primi colloqui e anche quando ho cambiato scuola sono stato contattato perché la studente aveva ripreso a non parlare. E’ questione di saperci fare con i ragazzi. E un mio sogno è sapere come sta oggi questa persona, cosa fa».
Il preside non nasconde una certa emozione di fronte a un riconoscimento così importante conferito dalla città di Novara: «Credo che sia la prima volta che un’amministrazione si accorge di un lavoro produttivo svolto sui giovani. Da noi non ci sono figli di papà, di medici, di notai, ci sono persone cui diamo obiettivi, – racconta – è semplice: se studi e rispetti le regole avrai un risultato. E’ così, un risultato che rappresenta per molti anche un ascensore sociale. E’ una soddisfazione quando i ragazzi si diplomano, trovano un lavoro e possono compare un’auto loro, la casa, creare una famiglia». Quella che il preside ha creato è una grande famiglia: «Io sono un grande motivatore e lo so, ma ho accanto una grande squadra: se fossi Mourinho senza dieci fuoriclasse sarebbe inutile. In questi anni abbiamo cambiato la mentalità del pensare la scuola: i nostri ragazzi, – continua il preside – stanno bene da noi, la scuola è una famiglia».
E la scuola non è solo studio e bravura: «E’ una realtà che deve lavorare per creare prima di tutto dei cittadini, – dice – non servirebbe a nulla essere intelligenti e con voti alti ma non essere capaci di stare al mondo. La scuola è educativa e chi fa parte della famiglia Omar lo sa e ne è orgoglioso. La scuola deve essere capace di dare serenità e tranquillità alla persona, perché se il ragazzo diplomato ha stabilità può pensare di programmare il suo futuro, altrimenti è difficile». Una stabilità che il preside si impegna a fornire a tutti, in modo particolare se ci sono situazioni delicate: «Una nostra alunna aveva il sogno di entrare in Medicina, durante l’ultimo anno ha perso la mamma. Ho trovato un benefattore che potesse aiutarla nel pagare gli studi. Ha passato il test di Scienze infermieristiche e da poco è matricola a Medicina, le ho detto che quando è laureata poi ci sentiamo perché dovrà occuparsi anche di noi» dice ridendo, ma portando nelle sue parole un grande messaggio.
Tra gli assi nella manica del preside c’è il rapporto con le aziende: «Non lo abbiamo creato in due giorni, anzi, serve tempo e fiducia; oggi abbiamo una rete con le aziende che da febbraio iniziano a chiamarci per persone che possano fare stage; aprire inoltre un dialogo con loro e modificare alcuni percorsi di studi è stato importante: forniamo loro persone già preparate. Quando sento parlare di disoccupazione giovanile vorrei scambiare quattro parole con la persona e spiegare come si fa. E’ questo che ci differenzia dalle altre scuole».