Roberto Calasso, Sotto gli occhi dell’agnello

Qual è davvero il ruolo dell’Agnello nelle Sacre scritture? Per mano di chi e per volontà di chi è stato ucciso? E perché? Nessuno ha mai saputo rispondere a queste domande e anche pochi se le sono poste. Non ci è riuscito nemmeno Roberto Calasso, nel suo “Sotto gli occhi dell’Agnello”, uscito qualche mese fa da Adelphi. Se era ovvio non aspettarsi una risposta, era ancor più ovvio che, a porsela (finalmente), fosse uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento. Nelle intenzionalità del volumetto vi è forse la ricerca di qualche legame con un altro importante (ed imponente) volume di Calasso, “Il cacciatore celeste” del 2016, dove si ipotizza essere la caccia (divina od umana) la causa ancestrale di tutte le umane disgrazie. In “Sotto gli occhi dell’agnello”, come spesso accade, Calasso prende spunto da una enigmatica e sconvolgente opera d’arte per argomentare sul tema.

L’opera è il celeberrimo “Polittico di Gand” di Van Eyck, dove lo sguardo fisso, ipnotico e privo di espressione dell’agnello, il foro sul petto dell’animale, dal quale sgorga un fitto e regolare flusso di sangue, suggeriscono ipotesi e insinuano dubbi nel grande studioso. Se Gesù viene ucciso per mano degli uomini, nessuno sa chi uccide l’Agnello. Anche nel libro dell’Apocalisse, l’Agnello sembra essere una figura inavvicinabile e sopravvive, come figura simbolica, anche all’Apocalisse stessa. Una figura trionfante quindi che proprio Jahvè volle come vittima, “altrimenti la macchina del mondo non si sarebbe messa in moto”. Mentre Gesù venne ucciso dopo una lunga vicenda, tutta nella Storia umana, narrata nell’Antico e nel Nuovo Testamento, l’Agnello viene ucciso al principio di tutto e aspetta la sua sposa, quella Gerusalemme Celeste che nessuno ha mai visto. Solo l’uccisione di un mondo può mettere alla luce un mondo nuovo.

Per secoli nessun artista osò raffigurare l’Agnello, proprio per questa sua icasticità concettuale e nemmeno, dopo il “Polittico di Gand”, nessun altro artista si cimentò nell’impresa. Gesù non ha successori, mentre l’Agnello continua a dominare la storia sacra (e del Sacro); forse un altro Paracleto, è ciò di cui necessita il mondo e forse il Paracleto, avvocato del mondo, è il soggetto cui si riferisce il libro dell’Apocalisse: “Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i sigilli, poiché sei stato ucciso e hai riscattato Dio con il tuo sangue”. Se così fosse, secondo l’ipotesi suggerita da Calasso, non solo tutta la Cristologia, ma persino tutta la dottrina della Chiesa ne uscirebbe sconvolta.

Certo, quella di Calasso, potrebbe essere solo una provocazione (lontana anni luce da quelle un po’ pecorecce alla Dan Brown per intenderci), ma pur sempre una provocazione, benché eruditissima ed appena suggerita. “Sotto gli occhi dell’Agnello” è la dodicesima opera sulla ricostruzione del Sacro che Roberto Calasso aveva intrapreso nel 1983, con l’indimenticabile “La rovina di Kasch”, un percorso dal fascino assoluto e dalla enigmaticità tangibile, con teorie nutrite dal dubbio eppure così straordinariamente credibili e possibili. Anche da morto (ma sarà morto veramente?), Calasso continua a far sentire la sua incorporea presenza…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Roberto Calasso, Sotto gli occhi dell’agnello

Qual è davvero il ruolo dell’Agnello nelle Sacre scritture? Per mano di chi e per volontà di chi è stato ucciso? E perché? Nessuno ha mai saputo rispondere a queste domande e anche pochi se le sono poste. Non ci è riuscito nemmeno Roberto Calasso, nel suo “Sotto gli occhi dell’Agnello”, uscito qualche mese fa da Adelphi. Se era ovvio non aspettarsi una risposta, era ancor più ovvio che, a porsela (finalmente), fosse uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento. Nelle intenzionalità del volumetto vi è forse la ricerca di qualche legame con un altro importante (ed imponente) volume di Calasso, “Il cacciatore celeste” del 2016, dove si ipotizza essere la caccia (divina od umana) la causa ancestrale di tutte le umane disgrazie. In “Sotto gli occhi dell’agnello”, come spesso accade, Calasso prende spunto da una enigmatica e sconvolgente opera d’arte per argomentare sul tema.

L’opera è il celeberrimo “Polittico di Gand” di Van Eyck, dove lo sguardo fisso, ipnotico e privo di espressione dell’agnello, il foro sul petto dell’animale, dal quale sgorga un fitto e regolare flusso di sangue, suggeriscono ipotesi e insinuano dubbi nel grande studioso. Se Gesù viene ucciso per mano degli uomini, nessuno sa chi uccide l’Agnello. Anche nel libro dell’Apocalisse, l’Agnello sembra essere una figura inavvicinabile e sopravvive, come figura simbolica, anche all’Apocalisse stessa. Una figura trionfante quindi che proprio Jahvè volle come vittima, “altrimenti la macchina del mondo non si sarebbe messa in moto”. Mentre Gesù venne ucciso dopo una lunga vicenda, tutta nella Storia umana, narrata nell’Antico e nel Nuovo Testamento, l’Agnello viene ucciso al principio di tutto e aspetta la sua sposa, quella Gerusalemme Celeste che nessuno ha mai visto. Solo l’uccisione di un mondo può mettere alla luce un mondo nuovo.

Per secoli nessun artista osò raffigurare l’Agnello, proprio per questa sua icasticità concettuale e nemmeno, dopo il “Polittico di Gand”, nessun altro artista si cimentò nell’impresa. Gesù non ha successori, mentre l’Agnello continua a dominare la storia sacra (e del Sacro); forse un altro Paracleto, è ciò di cui necessita il mondo e forse il Paracleto, avvocato del mondo, è il soggetto cui si riferisce il libro dell’Apocalisse: “Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i sigilli, poiché sei stato ucciso e hai riscattato Dio con il tuo sangue”. Se così fosse, secondo l’ipotesi suggerita da Calasso, non solo tutta la Cristologia, ma persino tutta la dottrina della Chiesa ne uscirebbe sconvolta.

Certo, quella di Calasso, potrebbe essere solo una provocazione (lontana anni luce da quelle un po’ pecorecce alla Dan Brown per intenderci), ma pur sempre una provocazione, benché eruditissima ed appena suggerita. “Sotto gli occhi dell’Agnello” è la dodicesima opera sulla ricostruzione del Sacro che Roberto Calasso aveva intrapreso nel 1983, con l’indimenticabile “La rovina di Kasch”, un percorso dal fascino assoluto e dalla enigmaticità tangibile, con teorie nutrite dal dubbio eppure così straordinariamente credibili e possibili. Anche da morto (ma sarà morto veramente?), Calasso continua a far sentire la sua incorporea presenza…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.