Agnès Poirier, “Rive Gauche”

Leggere “Rive Gauche” di Agnès Poirier volume di qualche anno fa edito da Einaudi, nel 2018, è un po’ come assistere, affacciati a una finestra, agli eventi che si sono succeduti dopo la liberazione di Parigi, fino alla fine degli anni Cinquanta. Quella finestra potrebbe avere la vista sulla Place Maubert, o sulla chiesa di Saint Germain Des Pres e sul Café de Flore, o magari sulla Fontana di Saint Michel. Un libro che riporta con maniacale cura, tutti i fatti, gli episodi, gli incontri, che hanno fatto della riva sinistra della Senna un luogo leggendario, per una volta potremmo proprio dire “magico”.

Insomma una ricostruzione della Storia con la “S” maiuscola come ha riconosciuto anche il New York Times. Potrebbe sembrare strano (ma non poi così tanto), che epicentro di tutte le vicende raccontate dalla giornalista e saggista parigina, sia un caffè, il Flore, culla dell’Esistenzialismo, seconda casa (o anche prima), di Simone de Beauvoir: “Al Flore le persone si presentavano solo con il loro nome di battesimo (…) Si parlava a bassa voce, l’atmosfera era seria, tra i bicchieri c’erano i libri, e le luci erano soffuse…” come scrive l’autrice. Tutta la storia sembra ormai passare da lì: quella della Parigi appena liberata dal peso sul cuore dell’oppressione nazista, ma anche quella del pensiero umano, della poesia, dell’arte e, naturalmente, della letteratura. Intorno alla coppia Beauvoir-Sartre, anzi mescolati a questa, scrittori, intellettuali e artisti che con la coppia intrattenevano rapporti dialettici, politici, sentimentali o anche solo sessuali, un modo di vivere libero ed anticonformista che divenne il paradigma stesso della libertà personale e di pensiero.

Con queste libertà afferenti alla sfera personale erano in gioco i grandi temi della emancipazione sociale; a questo proposito basta ricordare, che un capitolo del volume della Poirier si intitola “Lussuria ed emancipazione”. Sartre, con lungimirante lucidità scrisse che “Non siamo mai stati così liberi come sotto l’occupazione (…) il veleno nazista si insinuava nel profondo dei nostri pensieri e quindi ogni pensiero giusto era una conquista…” Il Café Flore, divenne un formidabile “castello dei destini incrociati”, per mutuare una metafora da Italo Calvino, ma oltre ad un luogo fisico, il nascente Esistenzialismo, aveva bisogno anche di un veicolo delle idee, questo veicolo fu “Les Temps Modernes”, rivista fondata dalla coppia di scrittori—filosofi evocando nel titolo il celeberrimo film di Charlie Chaplin. Intorno a tutto ciò, una galassia di artisti e intellettuali che mai s’era vista e mai si vide fino ai nostri giorni: Pablo Picasso, Henri Cartier-Bresson, Alberto Giacometti, Roland Petit, Richard Wright, Jean Cau, Albert Camus, Jean Cocteau, Nelson Algren, Arthur Koestler, Art Buchwald, Norman Mailer, Saul Bellow, Irwing Shaw, Samuel Beckett, Boris Vian, Miles Davis, Juliette Greco, Jean Marais, Simone Signoret, Christian Dior, François Sagan per citarne solo alcuni, che passano sotto la lente di ingrandimento nella cronaca quasi spietata di Agnès Poirier.

Tanti anche i “palcoscenici” dove, dopo la liberazione, andarono in scena la nascita dell’Esistenzialismo e la rinascita culturale e artistica della vera capitale d’Europa: la Sorbonne come Le “Tabou”, la Shakespeare & Co. come “Le Bœf sur le toit”. Indagati a fondo tutti i temi del dibattito culturale di quegli anni, a cominciare dal difficile rapporto di Jean-Paul Sartre col Partito Comunista Francese, anzi, di quest’ultimo col grande filosofo. Al centro di questo dibattito la dottrina Zdanov fautrice del “realismo socialista” e le impellenti necessità estetiche delle avanguardie. Un libro indispensabile per chi ha vissuto quegli anni, per chi avrebbe voluto viverli e anche per chi, come me, è come se li avessi vissuti, avendone amato le tematiche, avendone letto i “sacri testi”.

Volume completo, dettagliato, con esaurienti apparati e dalla scrittura fluida dal ritmo jazz, come quello di quegli anni indimenticabili…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Agnès Poirier, “Rive Gauche”

Leggere “Rive Gauche” di Agnès Poirier volume di qualche anno fa edito da Einaudi, nel 2018, è un po’ come assistere, affacciati a una finestra, agli eventi che si sono succeduti dopo la liberazione di Parigi, fino alla fine degli anni Cinquanta. Quella finestra potrebbe avere la vista sulla Place Maubert, o sulla chiesa di Saint Germain Des Pres e sul Café de Flore, o magari sulla Fontana di Saint Michel. Un libro che riporta con maniacale cura, tutti i fatti, gli episodi, gli incontri, che hanno fatto della riva sinistra della Senna un luogo leggendario, per una volta potremmo proprio dire “magico”.

Insomma una ricostruzione della Storia con la “S” maiuscola come ha riconosciuto anche il New York Times. Potrebbe sembrare strano (ma non poi così tanto), che epicentro di tutte le vicende raccontate dalla giornalista e saggista parigina, sia un caffè, il Flore, culla dell’Esistenzialismo, seconda casa (o anche prima), di Simone de Beauvoir: “Al Flore le persone si presentavano solo con il loro nome di battesimo (…) Si parlava a bassa voce, l’atmosfera era seria, tra i bicchieri c’erano i libri, e le luci erano soffuse…” come scrive l’autrice. Tutta la storia sembra ormai passare da lì: quella della Parigi appena liberata dal peso sul cuore dell’oppressione nazista, ma anche quella del pensiero umano, della poesia, dell’arte e, naturalmente, della letteratura. Intorno alla coppia Beauvoir-Sartre, anzi mescolati a questa, scrittori, intellettuali e artisti che con la coppia intrattenevano rapporti dialettici, politici, sentimentali o anche solo sessuali, un modo di vivere libero ed anticonformista che divenne il paradigma stesso della libertà personale e di pensiero.

Con queste libertà afferenti alla sfera personale erano in gioco i grandi temi della emancipazione sociale; a questo proposito basta ricordare, che un capitolo del volume della Poirier si intitola “Lussuria ed emancipazione”. Sartre, con lungimirante lucidità scrisse che “Non siamo mai stati così liberi come sotto l’occupazione (…) il veleno nazista si insinuava nel profondo dei nostri pensieri e quindi ogni pensiero giusto era una conquista…” Il Café Flore, divenne un formidabile “castello dei destini incrociati”, per mutuare una metafora da Italo Calvino, ma oltre ad un luogo fisico, il nascente Esistenzialismo, aveva bisogno anche di un veicolo delle idee, questo veicolo fu “Les Temps Modernes”, rivista fondata dalla coppia di scrittori—filosofi evocando nel titolo il celeberrimo film di Charlie Chaplin. Intorno a tutto ciò, una galassia di artisti e intellettuali che mai s’era vista e mai si vide fino ai nostri giorni: Pablo Picasso, Henri Cartier-Bresson, Alberto Giacometti, Roland Petit, Richard Wright, Jean Cau, Albert Camus, Jean Cocteau, Nelson Algren, Arthur Koestler, Art Buchwald, Norman Mailer, Saul Bellow, Irwing Shaw, Samuel Beckett, Boris Vian, Miles Davis, Juliette Greco, Jean Marais, Simone Signoret, Christian Dior, François Sagan per citarne solo alcuni, che passano sotto la lente di ingrandimento nella cronaca quasi spietata di Agnès Poirier.

Tanti anche i “palcoscenici” dove, dopo la liberazione, andarono in scena la nascita dell’Esistenzialismo e la rinascita culturale e artistica della vera capitale d’Europa: la Sorbonne come Le “Tabou”, la Shakespeare & Co. come “Le Bœf sur le toit”. Indagati a fondo tutti i temi del dibattito culturale di quegli anni, a cominciare dal difficile rapporto di Jean-Paul Sartre col Partito Comunista Francese, anzi, di quest’ultimo col grande filosofo. Al centro di questo dibattito la dottrina Zdanov fautrice del “realismo socialista” e le impellenti necessità estetiche delle avanguardie. Un libro indispensabile per chi ha vissuto quegli anni, per chi avrebbe voluto viverli e anche per chi, come me, è come se li avessi vissuti, avendone amato le tematiche, avendone letto i “sacri testi”.

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