Raccontare cinematograficamente una città, utilizzando il bianco e nero, è spesso necessario, soprattutto quando la vicenda raccontata è cruda come la realtà urbana e poetica come una storia d’amore. Pare che Jacques Audiard sia rimasto favorevolmente impressionato dal cristallino bianco e nero di “Roma” di Alfonso Cuaron, dove, guarda caso, anche lì il film era ambientato in un quartiere di una grande città. Ma il rapporto del b/n con il cinema anche in epoca del colore, non è comunque una novità, basti pensare a “Manhattan” di Woody Allen del 1979 o a “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders del 1987, tanto per fare due nomi da storia del cinema. Ed è la città ad essere raccontata in “Les Olympiades” (titolo originale), nome con cui è conosciuta una parte del 13^ arrondissement parigino, ma che il distributore italiano ha voluto, chissà poi perché, chiamare con il numero dell’intero distretto parigino. Il tredicesimo, non è proprio banlieu, diciamo che è una periferia parigina dignitosamente squallida, ma dello squallore urbano comune nelle grandi aree metropolitane e piuttosto lontana dalla banlieu violenta e truce, vista in “La Haine” di Kassovitz del 1995.
Se non lo si fosse capito, il bel film di Audiard più che la storia dei protagonisti, racconta della città, anzi si fa raccontare dalla città. Émilie, Camille, Nora e Amber si trovano a vivere le loro intricate relazioni sessuali, amicali e psicologiche in questo ambiente anonimo e raggelante, ma allo stesso tempo stimolante per la ricerca dell’altro, come àncora di salvezza esistenziale.
Il racconto, quasi “rohmeriano” ha il suo perno in Camille, giovane insegnante di liceo che ama riempire la sua esistenza di rapporti sessuali occasionali e senza “postumi” amorosi. Questo dura fino a quando, capita sempre così, non incontra la persona giusta che in questo caso è Emilie che, in un primo tempo, sembra però essere una solo delle consuete avventure. Camille è fortemente attratto anche da Nora, brillante agente immobiliare che però si invaghisce di una prostituta e che quindi lascia campo libero ad Emilie.
La vicenda in estrema sintesi è tutta qui, ma è proprio la città, anzi la periferia urbana a connotare le storie e a dar loro quel gusto acido e malinconico che caratterizza il film di Audiard. Camille proviene da una famiglia africana di estrazione proletaria, Emilie è una donna di origine cinese dedita alla spasmodica ricerca di emozioni forti date dal sesso estremo e dall’uso di stupefacenti, Nora è una donna francese turbata ed insoddisfatta che incontra Amber che a sua volta si propone come sex-toy attraverso il web. È lo proprio lo straniamento urbano (una volta si sarebbe chiamato “alienazione”) a costruire i loro caratteri e a modellare i loro desideri. “Les Olympiades” in realtà non è un quartiere peggio di tanti altri, la vicenda avrebbe potuto svolgersi anche a Brixton o a Kreuzberg e forse le storie sarebbero state simili, ma trovo che questo sontuoso bianco e nero renda molto bene la periferia parigina, fatta di contrasti algidi, una periferia da “baia di nessuno” come la chiamava Peter Handke.
Apporto decisivo al film è dato anche dalla magnifica colonna sonora che sa alternare la fastidiosità di certi ambienti musicali noise o house, a silenzi da “nouvelle vague”. Il film è liberamente ispirato alle storie a fumetti di Adrian Tomine, notissimo vignettista del “New Yorker”, anche lui disegnatore urbano per antonomasia