Nel grandioso programma di JazzMi 2024 ho scelto, per motivi sentimentali, Bill Frisell e il suo “Four”, che si sono esibiti, venerdì scorso, all’ex Teatro dell’Arte di Milano; “Four” è anche il titolo del suo ultimo lavoro, quello che è stato riproposto a JazzMi. In realtà questo concerto era doppio, con uno spettacolo alle venti e uno, diverso, alle ventidue: come da buona abitudine del jazz, meglio non essere troppo abitudinari. Con Bill una formazione che come li definisce il programma ufficiale, è costituita da “spiriti indipendenti e menti affini” che rispondono ai nomi di Gerard Clayton al pianoforte, Johnathan Blake alla batteria e, naturalmente Greg Tardy, al sax e al clarinetto. Un lavoro magnifico che armonizza vecchio e nuovo, con con vecchi pezzi elegantemente insinuati e rivisitati in altre nuove composizioni, tutto senza scossoni eccessivi per un pubblico, piuttosto maturo (ma questa non è una novità nel Jazz), che dava l’impressione di essere lì per essere rassicurato dalla musica di Frisell e non certo per essere sconvolto da travolgenti novità. Giusto così, anche se i dischi di Frisell non sono mai “troppo uguali”, non si può certo dire che in essi non sia presente quel “marchio di fabbrica” costituito dalla sua chitarra dolce, intima e insinuante. Frisell, però è riuscito a mettere insieme un gruppo di talentosi musicisti e concede ampi spazi al suo collaboratore preferito, ovvero quel Greg Tardy che incanta col suo sax e seduce col suo clarinetto, senza mai diventare protagonista assoluto. Un jazz caldo e pastoso che lascia spazio ad una improvvisazione misurata, ma con la barra del timone ben stretta nelle mani di Frisell che riporta sempre ogni divagazione “ab origine”, tornando sulla minimalissima melodia iniziale. Potrà sembrare strano, ma molti dei brani ascoltati questa sera, e presenti nel disco in uscita l’undici novembre per l’etichetta “Blue Note Records”, sono stati composti durante il lockdown, che da un punto di vista della creazione artistica, possiamo ben dire non sia stato certo un periodo poco felice, visto che in tutti gli ambiti le creazioni sono state fiorenti. Nel concerto per JazzMi, un brano su tutti ha raccolto il favore del pubblico, ovvero “Walz for Hal Willner”, dedicato al produttore scomparso, che, ricordiamo, ha prodotto tributi a tanti altri grandi musicisti di generi diversi come Thelonious Monk, Kurt Cobain e Leonard Cohen. (Per chi volesse “assaggiare il prodotto”, corredato da raffinate e delicatissime immagini può trovare il video del pezzo a fondo di questo articolo). Un altro omaggio in “Dear Old Friend” è dedicato ad un compagno di scuola, Alan Woodward. Magnifico anche il rockeggiante “Lookout For Hope”, anche questo un brano del passato, riproposto con qualche variazione (Frisell non è certo tipo da lacrimare per la nostalgia) al pubblico di Milano. Più sperimentale e di ricerca è certamente “Blues from Before”, mentre struggente e malinconico un altro brano del passato (prossimo) come “The Pioneers”. Nel dolce sapore novembrino ascoltare Frisell è quasi un dovere morale, ascoltarlo in un luogo pieno di suggestioni come il complesso della Triennale di Milano, un grande piacere, ascoltarlo dal vivo, ovviamente, una delizia…