Design week fuorisalone 2023: “Alcova”

Ci deve essere qualcosa di inconscio (o di cattiva coscienza) che lega gli ex-mattatoi e l’arte (in senso lato). Forse il tentativo di esorcizzare le torture e tutto il male fatto agli animali; di fatto un po’ dappertutto, all’ARF, Festival del fumetto al mattatoio di Roma e alla Design Week di Milano, i mattatoi sono ormai, o stanno per diventare, centri di produzione culturale o quantomeno luoghi di esposizione e incontro.

Fa eccezione l’ex-mattatoio della nostra città, per il quale li idee sono poche e confuse, ma si sa che come già ricordato da qualcuno “Novara fa da sé (purtroppo). Sabato scorso all’ex-macello di Via Molise, per la Design Weeek milanese, nell’ambito della manifestazione Fuorisalone, ad “Alcova” c’era il mondo. Una folla strabordante,in preda alla versione 2.0 della sindrome di Stendhal ,ha invaso gli immensi spazi dell’ex-mattatoio. “Alcova” è una piattaforma itinerante per il design indipendente, fondata a Milano nel 2018 e, a mio avviso, insieme al collettivo “BASE” di via Tortona a Porta Genova, è certamente una delle realtà più interessanti nel campo del design milanese (e quindi internazionale). La piattaforma, concepita da Valentina Ciuffi e Joseph Grima, porta il design d’avanguardia, in cerca di consacrazione, in luoghi abbandonati dove ormai arbusti, erbe selvagge ed infestanti stanno riprendendosi gli spazi sottratti alla natura. Possiamo dire che è forse proprio questa una delle caratteristiche peculiari di “Alcova”, il contrasto voluto e ricercato tra luoghi abbandonati o in disarmo e nuova vitalità che gli oggetti di design restituiscono loro. Un paradigma non nuovo, visto che il fascino del rudere è noto dalla classicità, ma certamente ancora molto stimolante e suggestivo. Per rendersi conto di quanto e cosa sia stato esposto all’ex-mattatoio, è sufficiente dare un’occhiata al sito web di “Alcova” (https://alcova.xyz/participants), pagina realizzata in maniera ammirevole per chiarezza e completezza. Sarebbe impossibile elencare qui, o anche semplicemente citare i nomi degli ateliers, degli studi di progettazione, italiani e stranieri presenti ad “Alcova”, quello che però si può dire è che non vi è un solo studio o azienda che presenti oggetti e che questi siano legati in qualche modo alla convenzionalità. Mi piacerebbe prendere ad esempio un prodotto principe della tradizione italiana come può essere la ceramica, ebbene guardando le produzioni di Elisa Uberti, si comprende come la necessità di fare a tutti i costi innovazione formale e sostanziale, trovi qui soluzioni di grandissima originalità e, spesso, di altrettanto pregio. Volendo portare un altro esempio su complementi d’arredo, come può essere una carta da parati o una lampada, c’è da restare incantati dalle raffinatissime ed inconsuete produzioni di “Fabscarte”.

Molto sostanziosa la presenza dei paesi nordici e in particolare vorrei ricordare tra questi i Paesi Bassi, con la strabiliante grafica di “Novo Typo” (nome che è di per sé già  tutto un programma). Il design dei paesi del nord, sembra aver influenzato non poco il design europero: legni chiari, forma solide, tessuti granulari o grezzi dominano in molti padiglioni di “Alcova”, tanto che persino in uno studio parigino come “Ecart International” i toni e i materiali sembrano aver ben assimilato la lezione e il gusto danese o norvegese. Ma mentre molti paesi del sud Europa sembrano aver interiorizzato i gusti del Nord Europa, in Danimarca o in Olanda (si vedano per esempio le produzioni di “The New Raw” di Rotterdam), si guarda sempre con maggior interesse alla essenzialità segnica del Giappone, proprio mentre il Giappone sembra a sua volta fare i conti con le infinite possibilità del legno, per altro materiale già apprezzatissimo in quell’impero dei segni, come Roland Barthes chiamava il Giappone. Ne sono un magnifico esempio le sculture e gli  arredi dello Studio “Sho Ota” Questo continuo gioco di rimandi, di appropriazioni e di ibridazioni incrociate è quanto di meglio offra, non solo qui, ma soprattutto qui, il “Fuorisalone” milanese.

Una manifestazione colossale per numeri e spesso strabiliante per qualità, porta inevitabilmente con sé anche un tasso, del tutto fisiologico, di banalità in alcune trovate o finte scoperte, ma anche qualche discutibile impostazione metodologica, come questo continuo e prevedibile richiamo alla sostenibilità (termine ormai coniugato a qualsiasi azione del nostro vivere), ben sapendo, invece, che la vera sostenibilità potrebbe risiedere solo in qualcosa che è proprio in antitesi con il mondo delle meraviglie passato nella scorsa settimana da Milano, ovvero quel produrre meno che sarebbe però una contraddizione in termini, in una manifestazione come questa.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Ci deve essere qualcosa di inconscio (o di cattiva coscienza) che lega gli ex-mattatoi e l’arte (in senso lato). Forse il tentativo di esorcizzare le torture e tutto il male fatto agli animali; di fatto un po’ dappertutto, all’ARF, Festival del fumetto al mattatoio di Roma e alla Design Week di Milano, i mattatoi sono ormai, o stanno per diventare, centri di produzione culturale o quantomeno luoghi di esposizione e incontro.

Fa eccezione l’ex-mattatoio della nostra città, per il quale li idee sono poche e confuse, ma si sa che come già ricordato da qualcuno “Novara fa da sé (purtroppo). Sabato scorso all’ex-macello di Via Molise, per la Design Weeek milanese, nell’ambito della manifestazione Fuorisalone, ad “Alcova” c’era il mondo. Una folla strabordante,in preda alla versione 2.0 della sindrome di Stendhal ,ha invaso gli immensi spazi dell’ex-mattatoio. “Alcova” è una piattaforma itinerante per il design indipendente, fondata a Milano nel 2018 e, a mio avviso, insieme al collettivo “BASE” di via Tortona a Porta Genova, è certamente una delle realtà più interessanti nel campo del design milanese (e quindi internazionale). La piattaforma, concepita da Valentina Ciuffi e Joseph Grima, porta il design d’avanguardia, in cerca di consacrazione, in luoghi abbandonati dove ormai arbusti, erbe selvagge ed infestanti stanno riprendendosi gli spazi sottratti alla natura. Possiamo dire che è forse proprio questa una delle caratteristiche peculiari di "Alcova", il contrasto voluto e ricercato tra luoghi abbandonati o in disarmo e nuova vitalità che gli oggetti di design restituiscono loro. Un paradigma non nuovo, visto che il fascino del rudere è noto dalla classicità, ma certamente ancora molto stimolante e suggestivo. Per rendersi conto di quanto e cosa sia stato esposto all'ex-mattatoio, è sufficiente dare un’occhiata al sito web di "Alcova" (https://alcova.xyz/participants), pagina realizzata in maniera ammirevole per chiarezza e completezza. Sarebbe impossibile elencare qui, o anche semplicemente citare i nomi degli ateliers, degli studi di progettazione, italiani e stranieri presenti ad "Alcova", quello che però si può dire è che non vi è un solo studio o azienda che presenti oggetti e che questi siano legati in qualche modo alla convenzionalità. Mi piacerebbe prendere ad esempio un prodotto principe della tradizione italiana come può essere la ceramica, ebbene guardando le produzioni di Elisa Uberti, si comprende come la necessità di fare a tutti i costi innovazione formale e sostanziale, trovi qui soluzioni di grandissima originalità e, spesso, di altrettanto pregio. Volendo portare un altro esempio su complementi d'arredo, come può essere una carta da parati o una lampada, c'è da restare incantati dalle raffinatissime ed inconsuete produzioni di "Fabscarte".

Molto sostanziosa la presenza dei paesi nordici e in particolare vorrei ricordare tra questi i Paesi Bassi, con la strabiliante grafica di "Novo Typo" (nome che è di per sé già  tutto un programma). Il design dei paesi del nord, sembra aver influenzato non poco il design europero: legni chiari, forma solide, tessuti granulari o grezzi dominano in molti padiglioni di "Alcova", tanto che persino in uno studio parigino come "Ecart International" i toni e i materiali sembrano aver ben assimilato la lezione e il gusto danese o norvegese. Ma mentre molti paesi del sud Europa sembrano aver interiorizzato i gusti del Nord Europa, in Danimarca o in Olanda (si vedano per esempio le produzioni di "The New Raw" di Rotterdam), si guarda sempre con maggior interesse alla essenzialità segnica del Giappone, proprio mentre il Giappone sembra a sua volta fare i conti con le infinite possibilità del legno, per altro materiale già apprezzatissimo in quell'impero dei segni, come Roland Barthes chiamava il Giappone. Ne sono un magnifico esempio le sculture e gli  arredi dello Studio "Sho Ota" Questo continuo gioco di rimandi, di appropriazioni e di ibridazioni incrociate è quanto di meglio offra, non solo qui, ma soprattutto qui, il "Fuorisalone" milanese.

Una manifestazione colossale per numeri e spesso strabiliante per qualità, porta inevitabilmente con sé anche un tasso, del tutto fisiologico, di banalità in alcune trovate o finte scoperte, ma anche qualche discutibile impostazione metodologica, come questo continuo e prevedibile richiamo alla sostenibilità (termine ormai coniugato a qualsiasi azione del nostro vivere), ben sapendo, invece, che la vera sostenibilità potrebbe risiedere solo in qualcosa che è proprio in antitesi con il mondo delle meraviglie passato nella scorsa settimana da Milano, ovvero quel produrre meno che sarebbe però una contraddizione in termini, in una manifestazione come questa.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.