A Milano mangio spesso un boccone da Princi , dove sulle t-shirt dei dipendenti c’è scritto “Spirito di Milano”. Cos’è lo spirito di Milano? È la straordinaria capacità che ha questa città, di trasformare le idee in realizzazioni, i progetti in soluzioni, la capacità di innovare, di creare, di produrre. In tre parole, la “capacità di fare soldi” e di farne tanti. In questa ottica va visto, non solo il Salone del mobile, inaugurato da un paio di giorni alla Fiera di Rho, ma anche il rutilante “Fuorisalone” della Design Week.
Tutti sanno di cosa stiamo parlando, vista la grande copertura mediatica data alla manifestazione (anzi, all’evento). Dopo una prima visita alle zone Statale-Brera-Garibaldi, zone che dànno certamente più spazio al glamour, a marchi e aziende già affermate, qualche considerazione e qualche conclusione si può già trarre. Nella strabordante quantità di oggetti esposti ed eventi (più di 350 in tutta la città!), sarebbe impossibile fare delle scelte, tantomeno un’analisi ed è proprio questa enorme quantità di prodotti esposti in atelier, studi di progettazione, negozi, locali di ogni tipo, a rendere meno visibili le eccellenze. Nella sola Brera i punti segnalati dalle mappe e dalle guide sono centinaia. Chi cercasse ancora l’oggetto che abbia lo status di “oggetto di design” la cui progettazione rispetti criteri di rigore, di possibilità di essere prodotto in larga scala e ad un costo accettabile, rimarrebbe deluso. Oggi sotto l’etichetta onnicomprensiva di “design”, passano produzioni di ogni tipo in settori che vanno dall’arredamento alla moda.
Quello che è più significativo è che il fine ultimo, di quel che resta del concetto di “design”, non è più la razionalità, ma è ormai la bizzarria, la ricercatezza, l’originalità a tutti i costi e per qualsiasi prodotto. Non nascondo che c’è da restare frastornati da tanta mutevole varietà. Già qualcuno sui social mi ha fatto notare che “Fuorisalone” è una sorta di baracconata dove tutto è concesso. Non è così, nel suo complesso, per quanto difficilissimo sia averne una completa visione d’insieme, ma la Design Week resta una manifestazione straordinaria che credo non abbia pari al mondo. La qualità delle produzioni è molte volte eccezionale e ben rappresenta quella capacità italiana di saper progettare e produrre oggetti esteticamente attraenti e funzionalmente validi.È però altresì evidente che in presenza di una enorme massa di prodotti, alcune trovate siano del tutto superflue, banali e anche, talvolta, un po’ stupide. Non sempre l’originalità a tutti i costi, si traduce in oggetti che possano superare la prova del tempo, tenendo conto che la durata nel tempo è sempre un ottimo indicatore della qualità, anche estetica, degli oggetti. Credo anche che “Brera Design District”, sia un po’ prigioniera della sua stessa immagine in Italia e all’estero. La stessa cosa vale per il cortile dell’Università Statale, un po’ troppo vetrina e un po’ troppo poco laboratorio.
Ma Fuorisalone, offre tanti, troppi luoghi da visitare e quindi non mi resta che programmare una prossima visita verso Porta Genova (Via Savona-Tortona) e soprattutto all’ex macello di viale Molise dove il Gruppo Alcova sembra essere molto molto appetibile. Peccato che la “Design Week” duri solo una settimana…