Francesco Chiapperini, “On bare rocks and glaciers” al Taste of jazz

L’associazione tra jazz e musica popolare non è né nuova, né cervellotica. Il jazz delle origini nasce fortemente connotato da una vena popolare ed oggi, sempre più, sembra voler rivendicare quelle origini, benché felicemente mescolate allo spirito dell’innovazione e della ricerca. Francesco Chiapperini e il suo gruppo Virginia Sutera (violino), Vito Emanuele Galante (tromba), Mario Mariotti (cornetta), Roger Rota (fagotto), Andrea Ferrari (sax baritono), ieri sera all’Opificio di Novara per “Taste of Jazz 2022”, hanno riportato a in città un progetto oltremodo interessante, “On the Bare Rocks and Glaciers”, (già presentato nell’agosto del 2020, al Castello di Novara nella difficilile stagione post-pandemica), che affonda le radici in un filone della musica popolare, italiana in particolare, di grande tradizione e di tenace memoria: i canti alpini.

Per meglio dire “On the Bare Rocks and Glaciers” è un lavoro sulla musica ispirata dalla montagna come entità spirtuale, fisica, ma anche metafisica, come in apertura di concerto, racconta lo stesso Francesco Chiapperini al numeroso e, talvolta rumoroso, pubblico dell’Opificio.

Il repertorio spazia da “Le voci di Nicolajewka” a “Sul Ponte di Berati” e comprende anche autori classici come Edvard Grieg o Giovanni Battista Pergolesi, oltre a grandi compositori jazz come Steve Swallow. Il lavoro di Francesco Chiapperini è particolarmente suggestivo per il pubblico italiano che sente come suo il patrimonio della musica “delle montagne” ed era certo un rischio proporla attraverso gli stilemi caretteristici del jazz. Abbiamo però imparato a ridefinire il jazz proprio attraverso le sue ibridazioni, sia con culture diverse dalle nostre, sia con altri generi musicali. Riascoltare le arie del “Peer Gynt”, modulate da strumenti diversi e con altre modalità interpretative, così come lasciarsi cullare dalla dolce malinconia dei canti tradizionali alpini più struggenti della nostra tradizione, é particolarmente emozionante.

Sempre molto originale l’utilizzo del violino della bravissima Virginia Sutera all’interno di un ensemble composto unicamente da fiati; formazione jazz molto sui generis, ma di grande efficacia proprio in questa capacità di contemperare una ricerca sonora, indubbiamente di stampo jazzistico, con la musica classica e la tradizione più consolidata (e codificata) del canto popolare. Prossimo e penultimo appuntamento della stagione di “Taste of Jazz”, il 21 aprile all’Opificio, sempre con Francesco Chiapperini ma con una formazione diversa, l’AB Quartet” con un nuovo progetto dedicato alla musica antica, tanto per restare nel fertile terreno delle ibridazioni.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Francesco Chiapperini, “On bare rocks and glaciers” al Taste of jazz

L’associazione tra jazz e musica popolare non è né nuova, né cervellotica. Il jazz delle origini nasce fortemente connotato da una vena popolare ed oggi, sempre più, sembra voler rivendicare quelle origini, benché felicemente mescolate allo spirito dell’innovazione e della ricerca. Francesco Chiapperini e il suo gruppo Virginia Sutera (violino), Vito Emanuele Galante (tromba), Mario Mariotti (cornetta), Roger Rota (fagotto), Andrea Ferrari (sax baritono), ieri sera all’Opificio di Novara per “Taste of Jazz 2022”, hanno riportato a in città un progetto oltremodo interessante, “On the Bare Rocks and Glaciers”, (già presentato nell’agosto del 2020, al Castello di Novara nella difficilile stagione post-pandemica), che affonda le radici in un filone della musica popolare, italiana in particolare, di grande tradizione e di tenace memoria: i canti alpini.

Per meglio dire “On the Bare Rocks and Glaciers” è un lavoro sulla musica ispirata dalla montagna come entità spirtuale, fisica, ma anche metafisica, come in apertura di concerto, racconta lo stesso Francesco Chiapperini al numeroso e, talvolta rumoroso, pubblico dell’Opificio.

Il repertorio spazia da “Le voci di Nicolajewka” a “Sul Ponte di Berati” e comprende anche autori classici come Edvard Grieg o Giovanni Battista Pergolesi, oltre a grandi compositori jazz come Steve Swallow. Il lavoro di Francesco Chiapperini è particolarmente suggestivo per il pubblico italiano che sente come suo il patrimonio della musica “delle montagne” ed era certo un rischio proporla attraverso gli stilemi caretteristici del jazz. Abbiamo però imparato a ridefinire il jazz proprio attraverso le sue ibridazioni, sia con culture diverse dalle nostre, sia con altri generi musicali. Riascoltare le arie del “Peer Gynt”, modulate da strumenti diversi e con altre modalità interpretative, così come lasciarsi cullare dalla dolce malinconia dei canti tradizionali alpini più struggenti della nostra tradizione, é particolarmente emozionante.

Sempre molto originale l’utilizzo del violino della bravissima Virginia Sutera all’interno di un ensemble composto unicamente da fiati; formazione jazz molto sui generis, ma di grande efficacia proprio in questa capacità di contemperare una ricerca sonora, indubbiamente di stampo jazzistico, con la musica classica e la tradizione più consolidata (e codificata) del canto popolare. Prossimo e penultimo appuntamento della stagione di “Taste of Jazz”, il 21 aprile all’Opificio, sempre con Francesco Chiapperini ma con una formazione diversa, l’AB Quartet” con un nuovo progetto dedicato alla musica antica, tanto per restare nel fertile terreno delle ibridazioni.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.