Kris Ruhs: “The Thin Time”

Dalla rubrica Chez Mimich

Forse non tutti conoscono Kris Ruhs, un artista che a mio modo di vedere ha pagato lo scotto di essere una figura a cavallo tra arte e moda e questo, in Italia, ma meno per fortuna, nel resto d’Europa, è una specie di peccato originale. Succede perché spesso i critici italiani sono spocchiosi, intransigenti di maniera e, fondamentalmente, considerano la moda molti gradini “sotto” l’empireo dell’arte. E sbagliano. Arte e moda sono cugine di sangue e non solo perché lo affermarono le avanguardie storiche, ma lo sono dal tempo dei ritratti di Al-Fayyum e probabilmente anche da prima. Ma il discorso diventerebbe troppo lungo e finirei col non dirvi niente di Kris Ruhs.

Senza troppi giri di parole occorre dire che Kris Ruhs è una scoperta di Carla Sozzani e che “Corso Como Dieci”, come si chiamava una volta, primo “concept store” d’Italia e certamente uno dei più fascinosi al mondo, diventato ora sede della Fondazione Sozzani, è il suo “buen retiro”. È in Corso Como che, con una certa regolarità, Ruhs tiene da anni le sue mostre dopo che ha deciso di spostare, a metà degli anni Novanta, il suo atelier da Lower Broadway (NYC) alla periferia di Milano. Lo seguo proprio da quegli anni e ho sempre trovato il suo lavoro originale, mai ripetitivo, anche se con una marcata cifra stilistica, tipica proprio di chi ha intrecciato la sua attività con il mondo della moda. Vale la pena ricordare che Ruhs ha fatto l’ illustratore per Vogue Italia, ha creato un marchio di gioielli e ha lavorato per numerosi stilisti. E questo, solitamente, non viene facilmente digerito dalla critica d’arte, quasi che disegnare gioielli, debba necessariamente essere meno nobile che progettare stazioni della metropolitana (ed ogni riferimento, NON è puramente casuale).

Mi sono, come sempre, perso in chiacchiere, ma non me ne pento. La Fondazione Sozzani espone fino al 9 gennaio 2022, quindici sculture di Kris Ruhs, riunite sotto il titolo di “The Thin Time”. Qual è questo “tempo sottile”? È i dubbiamente il nostro, proprio questo che stiamo vivendo, tra mille ansie e mille paure, con più di un dubbio e con poche certezze. Ma si sa che i tempi del dubbio, sono anche quelli più fecondi per gli artisti, per gli scrittori, per i poeti, ma io credo, in fondo, anche per gli scienziati.

Nel mentre che la scienza cerca soluzioni razionali, efficaci ed incontrovertibili, cosa può fare un artista? Proporne altre, attenzione però, non in alternativa alla scienza, ma solo diverse. Io credo sia questo il senso della piccola, ma affascinante mostra della Fondazione Sozzani. Le quindici sculture rappresentano quindici animali misteriosi, appartenenti ad un mondo di una mitologia nuova ed eterna, afferenti alla sfera del fantastico, mostruosi ed incantevoli, capri espiatori o feticci poco importa, quel che conta è la volontà di “tematizzare” la paura, esorcizzarla con la fantasia.

Questo è indubbiamente un esercizio a cui l’arte può dedicarsi, senza invadere campi non propri. “…Gli antichi, i savi, impararono a conoscere i momenti difficili cavalcando i cambiamenti del flusso e del riflusso. Alto e Basso – Luce e Notte – il mistero del buio. Il limite tra tempo e spazio. Quando la sera si raccoglie all’imbrunire sotto gli alberi dei parchi e i campi nebbiosi. E la notte buia arriva veloce. Quando il giorno passa al tramonto con un sussurro appena mormorato.” Queste parole fanno da guida a questa suggestiva esposizione.

La creatività e l’arte non possono sostituirsi alla scienza, non è la loro “mission”, come s’usa dire oggi, ma possono sicuramente rappresentare le nostre paure, farci pensare o, se preferite, “fare della soluzione un problema” che, come diceva Kraus, è il compito precipuo di ogni artista. Per il resto lasciamo fare alla scienza, con incondizionata fiducia.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Forse non tutti conoscono Kris Ruhs, un artista che a mio modo di vedere ha pagato lo scotto di essere una figura a cavallo tra arte e moda e questo, in Italia, ma meno per fortuna, nel resto d’Europa, è una specie di peccato originale. Succede perché spesso i critici italiani sono spocchiosi, intransigenti di maniera e, fondamentalmente, considerano la moda molti gradini “sotto” l’empireo dell’arte. E sbagliano. Arte e moda sono cugine di sangue e non solo perché lo affermarono le avanguardie storiche, ma lo sono dal tempo dei ritratti di Al-Fayyum e probabilmente anche da prima. Ma il discorso diventerebbe troppo lungo e finirei col non dirvi niente di Kris Ruhs.

Senza troppi giri di parole occorre dire che Kris Ruhs è una scoperta di Carla Sozzani e che “Corso Como Dieci”, come si chiamava una volta, primo “concept store” d’Italia e certamente uno dei più fascinosi al mondo, diventato ora sede della Fondazione Sozzani, è il suo “buen retiro”. È in Corso Como che, con una certa regolarità, Ruhs tiene da anni le sue mostre dopo che ha deciso di spostare, a metà degli anni Novanta, il suo atelier da Lower Broadway (NYC) alla periferia di Milano. Lo seguo proprio da quegli anni e ho sempre trovato il suo lavoro originale, mai ripetitivo, anche se con una marcata cifra stilistica, tipica proprio di chi ha intrecciato la sua attività con il mondo della moda. Vale la pena ricordare che Ruhs ha fatto l’ illustratore per Vogue Italia, ha creato un marchio di gioielli e ha lavorato per numerosi stilisti. E questo, solitamente, non viene facilmente digerito dalla critica d’arte, quasi che disegnare gioielli, debba necessariamente essere meno nobile che progettare stazioni della metropolitana (ed ogni riferimento, NON è puramente casuale).

Mi sono, come sempre, perso in chiacchiere, ma non me ne pento. La Fondazione Sozzani espone fino al 9 gennaio 2022, quindici sculture di Kris Ruhs, riunite sotto il titolo di “The Thin Time”. Qual è questo “tempo sottile”? È i dubbiamente il nostro, proprio questo che stiamo vivendo, tra mille ansie e mille paure, con più di un dubbio e con poche certezze. Ma si sa che i tempi del dubbio, sono anche quelli più fecondi per gli artisti, per gli scrittori, per i poeti, ma io credo, in fondo, anche per gli scienziati.

Nel mentre che la scienza cerca soluzioni razionali, efficaci ed incontrovertibili, cosa può fare un artista? Proporne altre, attenzione però, non in alternativa alla scienza, ma solo diverse. Io credo sia questo il senso della piccola, ma affascinante mostra della Fondazione Sozzani. Le quindici sculture rappresentano quindici animali misteriosi, appartenenti ad un mondo di una mitologia nuova ed eterna, afferenti alla sfera del fantastico, mostruosi ed incantevoli, capri espiatori o feticci poco importa, quel che conta è la volontà di “tematizzare” la paura, esorcizzarla con la fantasia.

Questo è indubbiamente un esercizio a cui l’arte può dedicarsi, senza invadere campi non propri. “…Gli antichi, i savi, impararono a conoscere i momenti difficili cavalcando i cambiamenti del flusso e del riflusso. Alto e Basso – Luce e Notte – il mistero del buio. Il limite tra tempo e spazio. Quando la sera si raccoglie all’imbrunire sotto gli alberi dei parchi e i campi nebbiosi. E la notte buia arriva veloce. Quando il giorno passa al tramonto con un sussurro appena mormorato.” Queste parole fanno da guida a questa suggestiva esposizione.

La creatività e l’arte non possono sostituirsi alla scienza, non è la loro “mission”, come s’usa dire oggi, ma possono sicuramente rappresentare le nostre paure, farci pensare o, se preferite, “fare della soluzione un problema” che, come diceva Kraus, è il compito precipuo di ogni artista. Per il resto lasciamo fare alla scienza, con incondizionata fiducia.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.