Come si sa la Collection Pinault, una delle più ricche ed importanti collezioni di arte contemporanea al mondo, ha da tempo trovato la sua sede definitiva nel meraviglioso scrigno della Bourse de Commerce a Parigi, ripensata da Tadao Ando e restituita al suo splendore. La collezione, tuttavia, ha la particolarità di essere una collezione mutante, ovvero, i pezzi esposti non sono mai gli stessi, mutano appunto e con loro, muta il titolo dell’esposizione.
A questo proposito occorre dire che, qualche volta, il titolo sembra essere un po’ posticcio se non proprio pretestuoso, ma in compenso le opere sono sempre di altissimo livello e valore. È il caso della mostra che si è appena conclusa dal titolo “Le monde comme il va”. Dopo essere stati accolti all’ingresso dal gaudente (o arrabbiatissimo) Picasso di Maurizio Cattelan, fatti pochi passi, non c’è che dal restare esterrefatti dalla semplice ma spettacolarissima installazione dell’artista Kimsooja ovvero “To Breathe – Constellation”, gigantesco specchio pavimentale che riflette la cupola della Bourse, con il suo decor architettonico e con la decorazione pittorica ottocentesca, con il vecchio e il nuovo mondo in una visione vagamente colonialista.
Lo specchio, mondo alla rovescia per eccellenza, mai è sembrato più spettacolare di quanto appaia qui, sotto i millequattrocento metri quadrati della gigantesca decorazione pittorica raffigurante i quattro continenti. Nelle vetrine del corridoio perimetrale , invece, una raffinatissima raccolta di opere materiche di Kimsooja, piccole opere di rara e poco appariscente bellezza, tipicamente orientale: vasi, forme geometriche, tessuti, pietre che vanno a costituire un mondo parallelo, quelli che l’artista chiama “Deductive Object”.
Nel piano inferiore fanno mostra di sé i meravigliosi “Bottari”, ovvero oggetti della tradizione coreana, fagotti di stoffa che incarnano il modo tradizionale di avvolgere gli effetti personali prima di una partenza. Qui i “Bottaris” diventano *sculture morbide e multicolori, quasi una costellazione misteriosa che si distende nello spazio sotterraneo della Bourse. Kimsooja è anche un sapiente filmaker e alla Bourse sono presenti alcune sue opere di grande interesse.
Nella Galerie 2 ( sempre al piano terra) a sorprendere il visitatore è senza dubbio l’installazione mobile di Sun Yuan e Peng Yu: personaggi di ex-potentati mondiali (ex regnanti, prelati ortodossi e uomini politici non meglio identificati), diventano modelli scultorei iper realisticamente rappresentati a tutto tondo, che si aggirano su sedie a rotelle tra le opere di un’altra grande figura dell’arte contemporanea ovvero Goshka Makuga, che a sua volta fu creatrice di grandi automi (memorabile la sua mostra alla Fondazione Prada di Milano di qualche anno fa). Qui la Makuga espone suoi arazzi fotografici, in cui sono, anche qui, rappresentati potenti ed ex potenti in ambientazioni decontestualizzate e stranianti.
Gli “anelli” superiori della Bourse sono occupati da pezzi della grandiosa collezione Pinault, ricontestualizzati e suddivisi in sezioni dove, in “Art, amour et politique” (forse la meno originale dell’intera mostra), troviamo opere di Jeff Koons, Damien Hirst, Robert Gober che attaccano i meccanismi alla base dei diversi poteri (politico, istituzionale, commerciale, mediatico). Come sostenne Alain Badiou, all’inizio degli anni Novanta le verità furono nascoste: “l’arte divenne cultura, l’amore sessualità, la scienza divenne tecnica e la politica management”. Molto interessante la sezione “Fantasme et faillites” (fantasie e fallimenti) dove tra le opere più interessanti ci sono le sequenze fotografiche di Wolfgang Tillmans del Concorde, aereo divenuto oggetto di culto e precipitato rovinosamente dopo pochi anni dal suo primo volo ,o l’opera di Christopher Wool che cancella i suoi gesti e scrive parole che testimoniano l’incomprensione tra artista e pubblico.
Nella sezione “Fabriquer des ruines”, benché l’opera più spettacolare sia certamente la Ferrari distrutta di Bertrand Lavier del 1993, ci sono anche le terribili e inquietanti nuvole di fumo di Anne Imhof (2022), che preoccupano come poco altro, soprattutto in un tempo con guerre in atto. Se nella sezione “Les fantômes du passé”, l’opera imprescindibile è “Him” di Maurizio Cattelan del 2001 (per chi non lo ricordasse, si tratta del piccolo Hitler genuflesso), nella sezione “Vacillements du sujet”, che indaga sulla crisi di identità del soggetto artistico, i lavori più affascinanti sono senza alcun dubbio quelli della grandissima Marlene Dumas e del pittore dei pittori come mi piace definire Peter Doig. Infine nel “Silence du monde” spiccano per grandiosità ed ironia “Lemurenkopfe” di Franz West, ovvero i lemuri, (spettri maligni che nell’antichità romana erano assimilati alle anime incapaci di trovare riposo) e che West ripropone come solo lui saprebbe fare.
Anche quest’anno la Collection Pinault stupisce e stranisce con la rassicurante presenza di tanti artisti noti e con i dubbi e le domande sollevate dalle nuove acquisizioni. Un edificio, la Bourse, che sembra amplificare la bellezza e il mistero delle opere e che Mr.. Pinault ha consapevolmente scelto come straordinario palcoscenico.