Se voleste affrontare la lettura delle 270 fittissime pagine dell’ultimo numero della prestigiosa rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo e, come è noto, dedicata interamente alla guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina, vi consiglierei di farlo partendo dalla fine. Precisamente dal saggio di Marcello Spagnulo dedicato a Bajkonur. Dov’è Bajkonur? Non si sa, o meglio, non si sapeva, poiché i russi hanno sempre mimetizzato, fino a farla scomparire, questa località geografica. Una cosa proprio da spie russe, anzi, anche se è politicamente scorretto scriverlo (e anche pensarlo), una cosa da russi. Bajkonur è un non-luogo (era nascosto sulle carte geografiche), ed è il punto dal quale, il 12 aprile del 1962, partì Gagarin per il primo volo spaziale. Anzi non partì da lì, poiché quella era una falsa informazione, di quelle che i russi, e i sovietici prima, sono abituati a dare per abitudine e per vocazione.
Il sito vero aveva solo un nome in codice: “Tashkent-90”. Ed è proprio questo ultimo saggio della rivista a dare il senso delle vicende di questa crudele guerra condotta contro un popolo considerato “fratello”. I venticinque saggi contenuti in Limes sono quanto di più illuminante si possa leggere, per comprendere le ragioni di questa guerra, gli interessi che l’hanno fatta esplodere, ma anche la “forma mentis” di un popolo e della sua leadership che si sono sempre visti e celebrati, come un impero, con tutti i convincimenti ideologici che questo comporta a partire dal più ovvio e cioè che gli imperi si fanno con le conquiste.
Tra i saggi più interessanti vi è certamente “Ucraina, limes Europæ” di Oxama Pachlovska, un indispensabile promemoria degli ultimi dieci anni di rapporti tra i due stati e tra il popolo ucraino e quello russo che l’autrice non esita definire come un “Putin collettivo”. Di grande interesse anche l’intervista a A. Wess Mitchell, già assistente segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici, a cura di Federico Petroni e significativamente intitolata “Trasformiamo l’Ucraina nell’Afghanistan di Putin”. Non si creda tuttavia che la rivista riporti solo interventi di personalità schierate. Molti anche i saggi di pura analisi economica, come quello di Nicola Pedde dal titolo “Chiudere il gas non conviene a nessuno” o “La Cina non morirà per la Russia” di Giorgio Cuscito, che, messe da parte le opinioni o i principi, analizzano pragmaticamente le prospettive dell’economia mondiale a seguito della guerra.
Di taglio più storico “Mille e un’Eurasia: immaginario e realtà nella geopolitica russa” di Dario Citati. Impossibile render conto di tutte le tematiche e i riferimenti trattati nel volume, dalla diaspora presente e futura del popolo ucraino, al ruolo di nazioni influenti nella vita politica presente e futura dell’Ucraina e della Russia, come la Polonia, la Turchia, la Siria e, naturalmente, la Cina, fino agli aspetti giuridici internazionali dei crimini di guerra di cui la Russia di Putin si sta macchiando. Se poi credete che questa lettura possa essere soporifera, vi consiglio di dare un’occhiata al saggio di Fabio Mini, dal titolo piuttosto esaustivo “La via verso il disastro”, letteralmente una lettura da togliere il sonno e che analizza i complessi meccanismi dell’equilibrio del terrore tra Nato e Russia.
Contro ogni semplicismo e anche contro ogni manicheismo preventivo, la lettura di questo numero di Limes, sembra essere non solo utile, ma assolutamente necessaria. Del resto le oltre 150.000 copie vendute in poco meno di un mese, sono la dimostrazione lampante che la cosiddetta “opinione pubblica”, non è solo quella che si manifesta nella cloaca dei social. Una lettura che oggi appare francamente imperdibile per chi non voglia rinunciare a capire e poi anche magari a scegliere da che parte stare.