Ci sono e ci sono state pochissime persone, e pochissimi intellettuali, che hanno raccontato la Storia (quella con la “S” maiuscola) attraverso la storia degli oggetti. Così a memoria mi vengono in mente Paolo Fossati, Bruno Munari, ma anche Neil MacGregor, ricordando quel gran libro che è “La storia del mondo in 100 oggetti”. Non posso poi non citare Andrea Branzi e Kenya Hara e la loro grandiosa mostra “100 verbi” di qualche anni fa alla Triennale di Milano. Indubbiamente qualcuno c’è stato, ma non sono molti. È anche per questo che ho accolto con interesse e curiosità “Lo Stato delle cose” (Longanesi) di Chiara Alessi, dopo aver già letto “Tante care cose” lo scorso anno. Chiara Alessi entra quindi di diritto nel novero dei “raccontatori” della Storia attraverso le cose.
“Lo stato delle cose” non è tuttavia la prosecuzione del libro precedente, pur trattando anch’esso di oggetti, in quanto in questo volume non si tratta più di oggetti di design, ma di oggetti di uso comune, ma in un certo senso molto simbolici. Non per nulla il sottotitolo del libro è “Breve storia della Repubblica per oggetti”. Chiara Alessi sceglie di parlare di sei “oggetti”, la borraccia, la penna a sfera, la “schiscetta”, il passamontagna, la striscia rossa dei carabinieri, il fiore del logo Fininvest. Apparentemente questi oggetti reali e simbolici, non sembrano avere un diretto rapporto tra loro, ma Chiara Alessi, racconta una storia fatta di legami sottili, che l’autrice ricerca con passione e che effettivamente appaiono convincenti, ma soprattutto affascinanti. La borraccia (in realtà una bottiglia) che apre il volume è quella che si scambiano Coppi e Bartali al Tour de France.
Un’immagine pubblicata su “Lo sport illustrato”, che colpì molto la fantasia popolare, ma che forse non era un’immagine così genuina come si potesse pensare. Chiara Alessi, partendo dalla ricostruzione di tutto ciò che sta intorno a quello scatto, ci racconta la storia di questo oggetto e del suo mutare, anche in relazione alla storia del costume e della storia tout court. Le stessa cosa avviene, nel capitolo successivo, (che ha in realtà moltissimi punti di incontro con il capitolo precedente) per la penna a sfera, a cominciare dal legame con Gino Bartali, primo testimonial di una penna (sebbene stilografica) nel 1953. Questa capacità della Alessi di tenere vivo il legame tra gli oggetti, prosegue per tutto il libro.
E così dopo la penna a sfera, messa in cantiere dall’ingegnere torinese Marcel Bich, e la penna Aurora prodotta da Olivetti grazie a Marcello Nizzoli, è la volta della”schiscetta, il contenitore per il pasto della classe operaia, che vedrà ancora la Olivetti come esempio inimitabile ed inimitato, nel rapporto tra impresa e classe operaia. Insomma come si sarà capito, non si tratta solo di oggetti, ma di rapporti umani, sociali, economici e di politica in senso nobile. È in questa chiave che viene raccontata la storia del passamontagna, indumento che da pratico diventa simbolico (ricordiamo il passamontagna dei terroristi o quello delle Brigate Rosse), ma è anche la storia del Conte di Cardigan che utilizzò il passamontagna per le truppe inglesi in Crimea, quello del Subcomandante Marcos e quello delle Pussy Riot.
Capita la stessa cosa anche per il curioso capitolo sulle strisce rosse dei pantaloni dei carabinieri, la striscia rossa più famosa d’Italia, che fanno parte di una “uniforme” e non di una “divisa”, cosa molto diversa anche da un punto di vista concettuale. Anche il fiore del logo Fininvest contiene allusioni, significati e relazioni che sono tutt’uno con la storia del nostro Paese (ah già, dimentico sempre che adesso si deve dire “nazione”).
Insomma un libro che parlando di “cose” in realtà parla di tutto, perché sono le cose che spesso parlano di tutto, basta trovare solo chi, come Chiara Alessi, riesca a farle parlare…