Intitolare un film “Manodopera”, quando il titolo in lingua originale è “Interdit aux chiens et aux Italiens” è una scelta molto discutibile, ma si sa che a decidere è la distribuzione, secondo le regole del mercato e non certo il regista. Passiamo allora a parlare del film di Alain Ughetto, francese di origine italiane, che ha debuttato con questo gioiellino al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy del 2022. Si tratta di un film scarno che non concede quasi nulla allo spettacolo (anzi alla spettacolarizzazione), un film poetico come capita, sempre più spesso, per i film di animazione che per capacità narrativa non sono certo meno efficaci del cinema tradizionale.
Il film, se non strettamente autobiografico, è comunque un film sugli antenati del regista originari di Ughettera, una frazione di Giaveno, paese ai piedi del Monviso. Ed è proprio tra questa montagne che conduce la propria misera esistenza la famiglia Ughetto, i cui componenti sono costretti a migrare oltre confine nella vicina Francia per lavorare come muratori, manovali, spazzacamini. Una Patria, quella italiana, che si è sempre o molto spesso, dimenticata dei proprio figli, quando erano economicamente bisognosi, ma poi se ne è sempre ricordata al momento di inviarli in guerra. Non è una storia nuova, si sa, ma è una storia di chi non vuol vedere un certo “patriottismo” di maniera, vivo e vegeto, anche ai nostri giorni.
Alain Ughetto escogita un dolcissimo, ma altrettanto geniale dialogo a distanza con la nonna che sembra essere il tramite tra gli avi e la contemporaneità. Non era certo impresa facile rendere con la plastilina e le tecnica dello stop-motion, una gamma di emozioni così intense e sentimenti così amari come quelli dei protagonisti di questa storia, ma Ughetto è riuscito a ricostruire questa saga famigliare fatta di sofferenza e umiliazione, una saga di quel “mondo dei vinti” come lo chiamò il grande scrittore piemontese Nuto Revelli, a cui il film è idealmente dedicato. “Interdit aux chiens et aux italiens” è come voler dire “sono troppi” o magari “ci vuole il blocco navale” oppure “portateli a casa vostra” e tutto l’armamentario di espressioni para-razziste che riempie tutti i giorni le pagine dei social, le pagine di alcuni giornali e che purtroppo, viene sbraitato da troppi italiani.
Fortunatamente il mondo del cinema sembra aver “preso coscienza” (uso del tutto volontariamente un’espressione da anni Settanta) del problema che non è quello dei migranti, ma quello del razzismo e della incapacità di gestire un esodo causato dall’ingiustizia sociale.
Prossima puntata “Io capitano” di Matteo Garrone…