Michel Houellebecq: Annientare

Ci sono libri la cui lettura lascia indifferenti, altri la cui lettura suscita in noi interesse; ci sono libri che ci sconcertano, altri che ci divertono. Ma ci sono libri che ci lasciano sconvolti. “Annientare” di Michel Houellebecq edito in Italia da “La Nave di Teseo” di Elisabetta Sgarbi, (una delle poche donne editor di un certo rilievo con la compianta Elvira Sellerio), appartiene sicuramente a quest’ultima categoria. In realtà, “Annientare” sembra contenere due storie (o forse anche due autori): la prima è la storia di Bruno Juge, ministro dell’economia francese, di un futuro prossimo venturo, in lizza per essere eletto presidente della repubblica e, parallelamente, la storia che vede Paul Raison, suo consigliere, che viene chiamato ad indagare su un attacco informatico ai danni del candidato alle presidenziali, che si manifesta sotto forma di una sorta di “porn-revenge”.

Nella prima storia entrano a pieno titolo le vite famigliari dei due uomini, entrambe vite segnate da matrimoni falliti, quello di Bruno come quello di Paul, sposato con Prudence. La prima storia dove si intrecciano i destini dei due uomini e che occupa buona parte delle pagine del poderoso volume, non è in realtà la più importante e ha tutti, o quasi tutti, i connotati di una storia di una cronaca di fantapolitica con qualche concessione all’intimismo famigliare, ma sempre narrata sui saldi binari della prevedibilità.

L’altra storia, quella che come un fiume carsico emerge a tratti dalla fitta trama del libro, è una storia di sentimenti individuali, a cominciare dal dolore di Paul per la malattia del padre e che passa attraverso anche altri rapporti famigliari. Ma è soprattutto una storia di annientamento della vita, di morte e di sesso, ma anche di amore e in particolare del “riconoscimento” di un amore ritrovato, quello di Paul per la moglie Prudence e di un loro mondo segreto che aveva resistito a tutto: “ … Prudence come tutte le donne innamorate, trovava commovente il pensiero di quei pochi anni in cui Paul, pur essendo già quasi adulto, non l’aveva ancora conosciuta…” Ed è questa seconda storia a caratterizzare il romanzo che vive della indefinibile scrittura di Houllebecq. Una storia di sentimenti e di istinti, attraverso la sofferenza prima, quella del padre di Paul rimasto paralizzato a causa di un ictus e di attesa della morte dopo, quella verso cui va incontro Paul a causa di un cancro che lo divora.

La scrittura di Houellebeq è coinvolgente e distaccata, intima e sociologica, dove basta poco per passare da una dolorosa vicenda famigliare: “Il volto ieraticamente irrigidito, gli occhi fissi su un punto imprecisato dello spazio, suo padre non apparteneva più del tutto all’umanità…”, come descrive il padre immobilizzato, senza rinunciare ad osservazioni che riguardano il contesto, anzi i contesti in cui ci troviamo a vivere: “…Affidare i genitori ad un istituto avrebbe costituito un disonore per la maggiorparte del maghrebini…”. La sua scrittura apparentemente lineare, riserva sempre lampi improvvisi che sono motivo di sconcerto nel lettore, in particolare nel passaggio da un linguaggio quasi di cronaca, alle asperità di espressioni pornografiche, inserite spesso nei contesti della più piatta normalità o, come in questo caso, della malattia. Il personaggio di Paul è, sotto questo punto di vista, esemplare della scrittura di Houellebecq: “…Ci sarebbe stato l’amore fisico fino alla fine, lei avrebbe trovato un modo (…) E anche se il suo tumore avesse cominciato veramente a puzzare, avrebbe socchiuso gli occhi, concentrandosi per mettere in pausa le sue facoltà olfattive, e sarebbe riuscita ad amarlo, alcune donne capaci di grande amore lo avevano fatto con l’odore di merda che risaliva dalle viscere devastate dei mariti…” Houellebecq non è mai una lettura facile, spesso è una lettura “spietata”, ma è sempre una lettura vera.

Un libro molto impegnativo, non certo per la possente mole del volume (più di settecento pagine nella versione cartacea, cinquecento in quella digitale), quanto per la corrosività delle tematiche e per l’acuminatezza della lingua. Houellebecq, nella post fazione, stranamente inglobata nel romanzo, ringrazia le equipe mediche che gli hanno fornito una adeguata e dettagliata informazione sul decorso del cancro del cavo orale, una sorta di metodo Stanislavsky, a cui lo scrittore si è sottoposto con dedizione, per essere circostanziato e preciso nella descrizione della malattia del protagonista.

Da ricordare anche l’ottima traduzione italiana di Milena Zemira Ciccimarra. Michel Houellebecq con il suo ultimo romanzo rilancia la sfida a distanza (ma mai esplicitamente dichiarata) a Emmanuel Carrère, per contendersi la scena della grande letteratura francese contemporanea, una sfida che val la pena seguire senza perdersi nulla.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Ci sono libri la cui lettura lascia indifferenti, altri la cui lettura suscita in noi interesse; ci sono libri che ci sconcertano, altri che ci divertono. Ma ci sono libri che ci lasciano sconvolti. “Annientare” di Michel Houellebecq edito in Italia da “La Nave di Teseo” di Elisabetta Sgarbi, (una delle poche donne editor di un certo rilievo con la compianta Elvira Sellerio), appartiene sicuramente a quest’ultima categoria. In realtà, “Annientare” sembra contenere due storie (o forse anche due autori): la prima è la storia di Bruno Juge, ministro dell’economia francese, di un futuro prossimo venturo, in lizza per essere eletto presidente della repubblica e, parallelamente, la storia che vede Paul Raison, suo consigliere, che viene chiamato ad indagare su un attacco informatico ai danni del candidato alle presidenziali, che si manifesta sotto forma di una sorta di “porn-revenge”.

Nella prima storia entrano a pieno titolo le vite famigliari dei due uomini, entrambe vite segnate da matrimoni falliti, quello di Bruno come quello di Paul, sposato con Prudence. La prima storia dove si intrecciano i destini dei due uomini e che occupa buona parte delle pagine del poderoso volume, non è in realtà la più importante e ha tutti, o quasi tutti, i connotati di una storia di una cronaca di fantapolitica con qualche concessione all’intimismo famigliare, ma sempre narrata sui saldi binari della prevedibilità.

L’altra storia, quella che come un fiume carsico emerge a tratti dalla fitta trama del libro, è una storia di sentimenti individuali, a cominciare dal dolore di Paul per la malattia del padre e che passa attraverso anche altri rapporti famigliari. Ma è soprattutto una storia di annientamento della vita, di morte e di sesso, ma anche di amore e in particolare del “riconoscimento” di un amore ritrovato, quello di Paul per la moglie Prudence e di un loro mondo segreto che aveva resistito a tutto: “ … Prudence come tutte le donne innamorate, trovava commovente il pensiero di quei pochi anni in cui Paul, pur essendo già quasi adulto, non l’aveva ancora conosciuta…” Ed è questa seconda storia a caratterizzare il romanzo che vive della indefinibile scrittura di Houllebecq. Una storia di sentimenti e di istinti, attraverso la sofferenza prima, quella del padre di Paul rimasto paralizzato a causa di un ictus e di attesa della morte dopo, quella verso cui va incontro Paul a causa di un cancro che lo divora.

La scrittura di Houellebeq è coinvolgente e distaccata, intima e sociologica, dove basta poco per passare da una dolorosa vicenda famigliare: “Il volto ieraticamente irrigidito, gli occhi fissi su un punto imprecisato dello spazio, suo padre non apparteneva più del tutto all’umanità…”, come descrive il padre immobilizzato, senza rinunciare ad osservazioni che riguardano il contesto, anzi i contesti in cui ci troviamo a vivere: “…Affidare i genitori ad un istituto avrebbe costituito un disonore per la maggiorparte del maghrebini…”. La sua scrittura apparentemente lineare, riserva sempre lampi improvvisi che sono motivo di sconcerto nel lettore, in particolare nel passaggio da un linguaggio quasi di cronaca, alle asperità di espressioni pornografiche, inserite spesso nei contesti della più piatta normalità o, come in questo caso, della malattia. Il personaggio di Paul è, sotto questo punto di vista, esemplare della scrittura di Houellebecq: “…Ci sarebbe stato l’amore fisico fino alla fine, lei avrebbe trovato un modo (…) E anche se il suo tumore avesse cominciato veramente a puzzare, avrebbe socchiuso gli occhi, concentrandosi per mettere in pausa le sue facoltà olfattive, e sarebbe riuscita ad amarlo, alcune donne capaci di grande amore lo avevano fatto con l’odore di merda che risaliva dalle viscere devastate dei mariti…” Houellebecq non è mai una lettura facile, spesso è una lettura “spietata”, ma è sempre una lettura vera.

Un libro molto impegnativo, non certo per la possente mole del volume (più di settecento pagine nella versione cartacea, cinquecento in quella digitale), quanto per la corrosività delle tematiche e per l’acuminatezza della lingua. Houellebecq, nella post fazione, stranamente inglobata nel romanzo, ringrazia le equipe mediche che gli hanno fornito una adeguata e dettagliata informazione sul decorso del cancro del cavo orale, una sorta di metodo Stanislavsky, a cui lo scrittore si è sottoposto con dedizione, per essere circostanziato e preciso nella descrizione della malattia del protagonista.

Da ricordare anche l’ottima traduzione italiana di Milena Zemira Ciccimarra. Michel Houellebecq con il suo ultimo romanzo rilancia la sfida a distanza (ma mai esplicitamente dichiarata) a Emmanuel Carrère, per contendersi la scena della grande letteratura francese contemporanea, una sfida che val la pena seguire senza perdersi nulla.

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