Non considero l’estate una sosta obbligatoria del cervello, ma qualche rallentamento è inevitabile, così solo ora mi trovo a scrivere di una mostra molto particolare (in un luogo molto particolare), quella di Miranda July all’Osservatorio Prada di Milano. Piccolo inciso, il luogo vale da solo una visita, indipendentemente dalla mostra in corso. Miranda July è una video performer che ha fatto della propria esistenza un tutt’uno con la propria opera. Questa, a dire il vero non è una caratteristica solo dell’artista americana, ma è un atteggiamento, anzi una weltanschauung comune a molti video artisti, dagli anni Settanta agli anni Novanta, e magari anche oltre. In “New Society”, performances del 2015, la July, interpreta i panni di sé stessa in una serie di video (ma anche fotografie), dove per due ore filate, in tailleur nero e microfono simula (o non simula?) un talk show per spettatori non ignari, ma certamente sorpresi dall’inizio dove l’artista sembra dimenticare le battute per poi cominciare ad improvvisare un dibattito col pubblico avente per tema la fondazione di una nuova società, dove agli spettatori vengono assegnati dei compiti: scriverne la costituzione, disegnarne la bandiera, assegnare ruoli ai componenti della società che ruota attorno all’artista stessa. Un’operazione che ricorda un po’ le operazioni di auto celebrazione di Guglielmo Achille Clavellini degli anni Ottanta. La mostra comprende anche la documentazione di altre performances come per esempio “Love Diamond” del 1998, prima performance di lunga durata che tratta della dinamica madre-figlia e un’altra donna, tutte e tre intrappolate in una navicella in volo verso Titano. “The Swan Tool” del 2000 performance video dove la July interpreta una donna combattuta tra l’idea di vivere e quella di morire o, ancora, “Thing We Don’t Understand and Definitely Are Not Going to Talk About” del 2006, con esposizione di fotografie, materiali, schizzi dall’archivio dell’artista. Si tratta di una sorta di ironico psicodramma, con la partecipazione del pubblico, che racconta la storia di una una donna che lascia un uomo per un altro, ma dove è proprio il pubblico a commentare, intervenire e persino a costituire la colonna sonora dell’azione. Ma il gioiello dell’esposizione milanese è certamente “Learningt o Love You” (2002-2009): si tratta in realtà di un sito web che elenca una serie di azioni e incarichi creativi assegnati al pubblico del sito. Qui, in collaborazione con una donna milanese che viene incaricata di “Realizzare una mostra con piccoli oggetti domestici trovati nella casa dei tuoi genitori”. Ne sortisce una inaspettata galleria di piccole meraviglie kitsch (quelle che probabilmente si troverebbero in ogni casa), ma esposte e commentate nelle didascalie come fossero capolavori di devozione domestica. Ma chi immaginasse che l’operazione sia una sorta di una nuova vivificazione del ready-made, sbaglierebbe, poiché l’intenzionalità con cui vengono esposti gli oggetti è completamente diversa: l’oggetto non viene sacrificato sull’altare delle reinvenzione estetica, bensì esposto per ciò che affettivamente rappresenta per la curatrice della mostra (la giovane donna milanese). E’ certo che la frequentazione della scena punk e post-punk, appare evidente, così come appare evidente che Miranda July è un’artista piuttosto eccentrica, ma tutt’altro che superficiale. Per chi si volesse cimentare in una visita non semplice, all’Osservatorio Prada in Galleria Vittorio Emanuele a Milano fino al 15 settembre prossimo.