Nanda Vigo, Giovani e rivoluzioni

Il titolo può trarre in inganno, poiché leggendolo si potrebbe pensare ad un saggio storico della casa editrice Il Mulino o magari di Laterza… Invece no, non si tratta di questo. “Giovani e rivoluzioni” è uno straordinario volumetto di pettegolezzi artistici e dico subito che uso il termine “pettegolezzi” in senso assolutamente positivo.

Nanda Vigo, compagna di vita di Piero Manzoni (sì proprio l’autore della “merda d’artista”), è stata una protagonista un po’ defilata della scena artistica italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Designer stravagante e “psichedelica” conobbe e fu in contatto con tutti i più grandi artisti italiani dell’epoca e questo gustoso diario racconta degli incontri e degli scontri, delle consonanze e delle dissonanze, che l’autrice ebbe con loro. Potremmo aggiungere che il diario tratta anche “del personale e del politico”, come si sarebbe detto allora, e rende molto bene l’idea di cosa accadde tra Brera e New York o, forse sarebbe meglio dire, tra il Bar Jamaica e il MoMa.

Nanda Vigo ci racconta particolari gustosi e anche un po’ pruriginosi di un mondo che la maggior parte di noi ha conosciuto solo dai libri o dalle esposizione delle opere e che, raccontato da una protagonista, sembra essere molto meno leggendario e molto più godibile. Nel diario capita di leggere anche di persone vicine ai novaresi (sempre sonnacchiosi e indifferenti); è il caso dello spietato giudizio su Antonio Calderara che Nanda Vigo non esita a definire un frustrato. Per fortuna qualcun altro, vicino anche alla nostra città, come Guy Harlof risulta essere affabile e ospitale (aveva casa in Via dei Fiori Chiari, a due passi da Brera e dal Bar Jamaica, e spesso le serate degli artisti terminavano a casa sua).

Chi altri ci avrebbe potuto svelare la passione di Manzoni per il sesso orale o raccontarci di Dada Maino, nuda sdraiata su un letto, che si finge Nefertiti per sedurre un ragazzo un po’ sbronzo? Ma naturalmente il fulcro di tutta la sua diaristica non che poteva che essere l’amato Piero, anzi “il” Piero, con l’articolo determinativo che caratterizza sempre il gergo milanese. Ma è proprio questo articolo che ci fa comprendere la prossimità di Nanda Vigo con i grandi dell’arte italiana del dopoguerra; insieme a Piero Manzoni ecco il Lucio (Fontana), con il quale la Vigo intrattenne anche rapporti di lavoro, il Giò (Ponti), che lavorò intensamente con lei, il Gianni (Colombo), il Bruno (Munari), ma anche l’Enzo (Biagi), il Gualtiero (Marchesi), il Nanni (Balestrini), l’Antonio (Porta) e poi ancora il Gian Maria (Volonté), il Franco (Maria Ricci), la Mariangela (Melato) il Nanni (Svampa) e si potrebbe continuare.

Ai pettegolezzi gustosi, si affianca una narrazione nostalgica dei tempi andati e indimenticabili, anni di creatività, di appassionato dibattito politico, giocato tutto negli ambienti della sinistra milanese. Oggi i giovani del titolo sono diventati vecchi o se ne sono andati e le “rivoluzioni” non si possono nemmeno immaginare, ma tutto questo patrimonio artistico, ideale e politico ci è stato lasciato come eredità spirituale. Se mi è concessa una riflessione digressiva, e forse poco pertinente, chissà quale patrimonio ci lasceranno la Meloni e Salvini…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Nanda Vigo, Giovani e rivoluzioni

Il titolo può trarre in inganno, poiché leggendolo si potrebbe pensare ad un saggio storico della casa editrice Il Mulino o magari di Laterza… Invece no, non si tratta di questo. “Giovani e rivoluzioni” è uno straordinario volumetto di pettegolezzi artistici e dico subito che uso il termine “pettegolezzi” in senso assolutamente positivo.

Nanda Vigo, compagna di vita di Piero Manzoni (sì proprio l’autore della “merda d’artista”), è stata una protagonista un po’ defilata della scena artistica italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Designer stravagante e “psichedelica” conobbe e fu in contatto con tutti i più grandi artisti italiani dell’epoca e questo gustoso diario racconta degli incontri e degli scontri, delle consonanze e delle dissonanze, che l’autrice ebbe con loro. Potremmo aggiungere che il diario tratta anche “del personale e del politico”, come si sarebbe detto allora, e rende molto bene l’idea di cosa accadde tra Brera e New York o, forse sarebbe meglio dire, tra il Bar Jamaica e il MoMa.

Nanda Vigo ci racconta particolari gustosi e anche un po’ pruriginosi di un mondo che la maggior parte di noi ha conosciuto solo dai libri o dalle esposizione delle opere e che, raccontato da una protagonista, sembra essere molto meno leggendario e molto più godibile. Nel diario capita di leggere anche di persone vicine ai novaresi (sempre sonnacchiosi e indifferenti); è il caso dello spietato giudizio su Antonio Calderara che Nanda Vigo non esita a definire un frustrato. Per fortuna qualcun altro, vicino anche alla nostra città, come Guy Harlof risulta essere affabile e ospitale (aveva casa in Via dei Fiori Chiari, a due passi da Brera e dal Bar Jamaica, e spesso le serate degli artisti terminavano a casa sua).

Chi altri ci avrebbe potuto svelare la passione di Manzoni per il sesso orale o raccontarci di Dada Maino, nuda sdraiata su un letto, che si finge Nefertiti per sedurre un ragazzo un po’ sbronzo? Ma naturalmente il fulcro di tutta la sua diaristica non che poteva che essere l’amato Piero, anzi “il” Piero, con l’articolo determinativo che caratterizza sempre il gergo milanese. Ma è proprio questo articolo che ci fa comprendere la prossimità di Nanda Vigo con i grandi dell’arte italiana del dopoguerra; insieme a Piero Manzoni ecco il Lucio (Fontana), con il quale la Vigo intrattenne anche rapporti di lavoro, il Giò (Ponti), che lavorò intensamente con lei, il Gianni (Colombo), il Bruno (Munari), ma anche l’Enzo (Biagi), il Gualtiero (Marchesi), il Nanni (Balestrini), l’Antonio (Porta) e poi ancora il Gian Maria (Volonté), il Franco (Maria Ricci), la Mariangela (Melato) il Nanni (Svampa) e si potrebbe continuare.

Ai pettegolezzi gustosi, si affianca una narrazione nostalgica dei tempi andati e indimenticabili, anni di creatività, di appassionato dibattito politico, giocato tutto negli ambienti della sinistra milanese. Oggi i giovani del titolo sono diventati vecchi o se ne sono andati e le “rivoluzioni” non si possono nemmeno immaginare, ma tutto questo patrimonio artistico, ideale e politico ci è stato lasciato come eredità spirituale. Se mi è concessa una riflessione digressiva, e forse poco pertinente, chissà quale patrimonio ci lasceranno la Meloni e Salvini…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.