NJ Weekender Fall Edition

Dalla rubrica Chez Mimich

Come si scrive nelle lettere di risposta ad importanti inviti ufficiali “per impegni istituzionali precedentemente fissati, non potrò intervenire…” ecc. ecc.  Mi era finora capitato raramente di non assistere ad un concerto di Novara Jazz.

E’ capitato però, sabato scorso, per la coincidenza con un concerto della Scala, con biglietto acquistato tempo fa. E così, dopo averlo tanto ascoltato su disco mi sono perso “James Brandon Lewis Quartet” che, a detta dei molti presenti, ha dato, com’era prevedibile, il meglio di sé o meglio “hanno” dato il meglio di sé, insieme a Lewis, Aruàn Ortiz al pianoforte, Brad Jones al basso e il grande Chad Taylor alla batteria. Subito dopo (mi sono perso anche) “Cheickh Tidiane  Seck Mandugue Quartet”, con il particolarissimo pianoforte del malese Cheikh Tidiane Seck ed è vero un peccato perché la musica africana è quella che, negli ultimi anni, mi ha maggiormente emozionato e stupito. Quello che non mi sono perso (o almeno solo in parte), è la seconda serata di “NJ Weekender Fall Edition”, appuntamento ormai tradizionale con l’edizione primaverile e quella autunnale, appunto. Non mi pronuncio sui DJset poiché non ho mai compreso appieno la funzione, ma sembra che Max Jazz Cat Conti, che ha aperto la giornata di domenica, sia stato un eccellente “compilatore”. Quello invece che ho gustato è stato il bel concerto dei “She’s Analog”, a cui si è unita una straordinaria Adele Altro (voce), che ha incantato il pubblico con una voce intima e calda, che risente di tanti echi del passato (magari anche quella di Suzanne Vega, tanto per buttare lì un nome). La band esplora territori tra il jazz e qualcos’altro, ed è proprio il confine con questo qualcos’altro, il luogo dove nasce la poesia del gruppo composto da Stefano Calderano alla chitarra, Luca Sguera alle tastiere, Giovanni Iacoviella alla batteria. Dopo la sosta per il piacevole buffet, eccoci di novo nella sala concerti di Nova (lo spazio Nova ha una sala concerti ed una sala performance, e su questo torneremo più tardi), per l’attesa esibizione di Daniela Pes. Anche qui il jazz è, diciamo così, un ambito di riferimento, poiché i ritmi e soprattutto le parole di Daniela Pes costituiscono una cosa a sé; si tratta di una lingua fatta di termini della Gallura e di termini inventati, che si amalgamano in un continuum di suoni elettronici di raffinata eleganza e misteriosa potenza evocatrice.

La serata non è finita qui, poiché subito dopo il suggestivo set di Daniela Pes è stata la volta del collettivo “Addict Ameba”. Qualche parola sullo spazio Nòva, anzi semplicemente “Nòva”, va spesa, visto che il luogo pare ormai destinato ai concerti “in piedi”, che ormai sembrano aver preso il sopravvento su un ascolto di tipo più tradizionale. É probabile molti artisti gradiscano “avere il pubblico addosso”, però ci sarebbe anche da valutare se al pubblico piaccia stare addosso agli artisti. Indubbiamente un pubblico giovane, di cui spesso si lamenta la mancanza e magari con una birra in mano rigorosamente in piedi o seduto per terra, fa molto Mainzer Strße berlinese, dà quel tono anticonformista e alternativo che non guasta mai. Forse è da queste piccole cose che ci si incomincia a sentire anziani, visto che si preferirebbe, potendo,  stare comodamente seduti in santa pace ad ascoltare chi suona, ma si sa non si può avere tutto…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Come si scrive nelle lettere di risposta ad importanti inviti ufficiali “per impegni istituzionali precedentemente fissati, non potrò intervenire…” ecc. ecc.  Mi era finora capitato raramente di non assistere ad un concerto di Novara Jazz.

E’ capitato però, sabato scorso, per la coincidenza con un concerto della Scala, con biglietto acquistato tempo fa. E così, dopo averlo tanto ascoltato su disco mi sono perso “James Brandon Lewis Quartet” che, a detta dei molti presenti, ha dato, com’era prevedibile, il meglio di sé o meglio “hanno” dato il meglio di sé, insieme a Lewis, Aruàn Ortiz al pianoforte, Brad Jones al basso e il grande Chad Taylor alla batteria. Subito dopo (mi sono perso anche) “Cheickh Tidiane  Seck Mandugue Quartet”, con il particolarissimo pianoforte del malese Cheikh Tidiane Seck ed è vero un peccato perché la musica africana è quella che, negli ultimi anni, mi ha maggiormente emozionato e stupito. Quello che non mi sono perso (o almeno solo in parte), è la seconda serata di “NJ Weekender Fall Edition”, appuntamento ormai tradizionale con l’edizione primaverile e quella autunnale, appunto. Non mi pronuncio sui DJset poiché non ho mai compreso appieno la funzione, ma sembra che Max Jazz Cat Conti, che ha aperto la giornata di domenica, sia stato un eccellente “compilatore”. Quello invece che ho gustato è stato il bel concerto dei “She’s Analog”, a cui si è unita una straordinaria Adele Altro (voce), che ha incantato il pubblico con una voce intima e calda, che risente di tanti echi del passato (magari anche quella di Suzanne Vega, tanto per buttare lì un nome). La band esplora territori tra il jazz e qualcos’altro, ed è proprio il confine con questo qualcos’altro, il luogo dove nasce la poesia del gruppo composto da Stefano Calderano alla chitarra, Luca Sguera alle tastiere, Giovanni Iacoviella alla batteria. Dopo la sosta per il piacevole buffet, eccoci di novo nella sala concerti di Nova (lo spazio Nova ha una sala concerti ed una sala performance, e su questo torneremo più tardi), per l’attesa esibizione di Daniela Pes. Anche qui il jazz è, diciamo così, un ambito di riferimento, poiché i ritmi e soprattutto le parole di Daniela Pes costituiscono una cosa a sé; si tratta di una lingua fatta di termini della Gallura e di termini inventati, che si amalgamano in un continuum di suoni elettronici di raffinata eleganza e misteriosa potenza evocatrice.

La serata non è finita qui, poiché subito dopo il suggestivo set di Daniela Pes è stata la volta del collettivo “Addict Ameba”. Qualche parola sullo spazio Nòva, anzi semplicemente “Nòva”, va spesa, visto che il luogo pare ormai destinato ai concerti “in piedi”, che ormai sembrano aver preso il sopravvento su un ascolto di tipo più tradizionale. É probabile molti artisti gradiscano “avere il pubblico addosso”, però ci sarebbe anche da valutare se al pubblico piaccia stare addosso agli artisti. Indubbiamente un pubblico giovane, di cui spesso si lamenta la mancanza e magari con una birra in mano rigorosamente in piedi o seduto per terra, fa molto Mainzer Strße berlinese, dà quel tono anticonformista e alternativo che non guasta mai. Forse è da queste piccole cose che ci si incomincia a sentire anziani, visto che si preferirebbe, potendo,  stare comodamente seduti in santa pace ad ascoltare chi suona, ma si sa non si può avere tutto…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.