On peut vivre qu’à Paris

“On peut vivre qu’à Paris” è il titolo di un delizioso volumetto edito in Francia nel 2021 da “Bibliothèque Rivages” e che ho ritrovato, nello scorso mese di agosto, nella favolosa libreria del Centre Pompidou, una tra le più belle del mondo per le arti visive. Il titolo, ovviamente, suona come musica per le mie orecchie. Si tratta di una BD (ovvero una “bande dessinée”, un fumetto insomma), magnificamente illustrata da un quasi-mostro sacro del fumetto francese, Patrice Reytier, su testi di Emil Cioran. Non è mia intenzione star qui a disquisire su un fatto ormai noto ed accettato e cioè che il fumetto sia una forma letteraria e nemmeno sul fatto che in Francia questa convinzione sia molto più forte che in Italia. Cioran, come me, è un parigino d’adozione sentimentale, quelli cioè che Parigi ce l’hanno da sempre nell’anima e mi lega a lui, non solo questo amore smisurato per la città, ma anche una specie di rassegnazione interiore verso l’aspetto che assume la realtà. “Le réel me donne l’asthme” (la realtà mi dà l’asma), scrive il filosofo rumeno.

Se vogliamo un po’ come Woddy Allen che disse “Preferisco qualsiasi cosa alla realtà”, magari solo con un tocco in più di leggerezza. Insomma, sono in ottima compagnia e se qualcuno volesse aggregarsi di posti liberi ce ne sono ancora. Ma veniamo al dunque senza altre divagazioni. Cioran per “produrre pensiero” doveva camminare molto e anche su questo non posso che concordare con lui.

Nichilista fino al midollo, discendente della grande scuola di Schopenhauer, il pensiero di Cioran è spietato, analitico e crudo, ma anche grandioso e privo di disperazione. Insomma Cioran è un illuminista della disillusione e, per un pensiero così nitido spietato e lucido ci voleva un disegnatore altrettanto nitido, spietato e lucido, proprio come Patrice Reytier che ambienta le passeggiate di Cioran (e conseguentemente il suo pensiero), in una Parigi deserta, quasi “minerale”, una città cristallizzata, descritta con un segno analitico e poco emozionale, ma di grande fascino, in una “bande” composta solo da tre riquadri in orizzontale che sembra inglobare l’intero pensiero formulato attorno ad un concetto. Le pagine hanno una titolazione che riassume ogni singolo concetto elaborato dal grande scrittore e pensatore: “La musique”, “Néant”, “Destin”, “Prostration” e via via scorrono grandi concetti, gangli nodali del pensiero. Così in un bus stipato di gente che passa davanti alla Colonne de Julliet de la Place de la Bastille, Cioran, che non compare nell’illustrazione, ma si intuisce essere nella calca dei passeggeri del bus, pensa: “Prostrato tra genti e sillogismi”, pensiero ironico, profondo e surrealisticamente poetico (come non ricordare il “vivere di errori e di profumi” di Benjamin Peret?).

Appoggiato all’inferriata del bel Kiosque à musiche del Luxembourg, Cioran si esprime sul nulla con il consueto sarcasmo egotista: “Néant, mot sacré, seuls que quel initiés devraient avoir le droit de s’en servir” ovvero “Nulla, parola sacra, solo qualche iniziato dovrebbe avere il diritto di servirsene…” E a commento di un isolato lampione sull’île Saint-Louis, poche parole fanno scaturire la poesia “Je crois au cafard des fleurs”. Immagini aspre e pregne di senso a commento di parole essenziali e crude.

O forse il contrario? Il magnifico volumetto è un ricettacolo di piccole saggezze e immagini anti-iconiche per eccellenza. Un fumetto di nicchia? Non posso negarlo, ma la saggezza e la bellezza non sono mai date a titolo gratuito…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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“On peut vivre qu’à Paris” è il titolo di un delizioso volumetto edito in Francia nel 2021 da “Bibliothèque Rivages” e che ho ritrovato, nello scorso mese di agosto, nella favolosa libreria del Centre Pompidou, una tra le più belle del mondo per le arti visive. Il titolo, ovviamente, suona come musica per le mie orecchie. Si tratta di una BD (ovvero una “bande dessinée”, un fumetto insomma), magnificamente illustrata da un quasi-mostro sacro del fumetto francese, Patrice Reytier, su testi di Emil Cioran. Non è mia intenzione star qui a disquisire su un fatto ormai noto ed accettato e cioè che il fumetto sia una forma letteraria e nemmeno sul fatto che in Francia questa convinzione sia molto più forte che in Italia. Cioran, come me, è un parigino d’adozione sentimentale, quelli cioè che Parigi ce l’hanno da sempre nell’anima e mi lega a lui, non solo questo amore smisurato per la città, ma anche una specie di rassegnazione interiore verso l’aspetto che assume la realtà. “Le réel me donne l’asthme” (la realtà mi dà l’asma), scrive il filosofo rumeno.

Se vogliamo un po’ come Woddy Allen che disse “Preferisco qualsiasi cosa alla realtà”, magari solo con un tocco in più di leggerezza. Insomma, sono in ottima compagnia e se qualcuno volesse aggregarsi di posti liberi ce ne sono ancora. Ma veniamo al dunque senza altre divagazioni. Cioran per “produrre pensiero” doveva camminare molto e anche su questo non posso che concordare con lui.

Nichilista fino al midollo, discendente della grande scuola di Schopenhauer, il pensiero di Cioran è spietato, analitico e crudo, ma anche grandioso e privo di disperazione. Insomma Cioran è un illuminista della disillusione e, per un pensiero così nitido spietato e lucido ci voleva un disegnatore altrettanto nitido, spietato e lucido, proprio come Patrice Reytier che ambienta le passeggiate di Cioran (e conseguentemente il suo pensiero), in una Parigi deserta, quasi “minerale”, una città cristallizzata, descritta con un segno analitico e poco emozionale, ma di grande fascino, in una “bande” composta solo da tre riquadri in orizzontale che sembra inglobare l’intero pensiero formulato attorno ad un concetto. Le pagine hanno una titolazione che riassume ogni singolo concetto elaborato dal grande scrittore e pensatore: “La musique”, “Néant”, “Destin”, “Prostration” e via via scorrono grandi concetti, gangli nodali del pensiero. Così in un bus stipato di gente che passa davanti alla Colonne de Julliet de la Place de la Bastille, Cioran, che non compare nell’illustrazione, ma si intuisce essere nella calca dei passeggeri del bus, pensa: “Prostrato tra genti e sillogismi”, pensiero ironico, profondo e surrealisticamente poetico (come non ricordare il “vivere di errori e di profumi” di Benjamin Peret?).

Appoggiato all’inferriata del bel Kiosque à musiche del Luxembourg, Cioran si esprime sul nulla con il consueto sarcasmo egotista: “Néant, mot sacré, seuls que quel initiés devraient avoir le droit de s’en servir” ovvero “Nulla, parola sacra, solo qualche iniziato dovrebbe avere il diritto di servirsene…” E a commento di un isolato lampione sull’île Saint-Louis, poche parole fanno scaturire la poesia “Je crois au cafard des fleurs”. Immagini aspre e pregne di senso a commento di parole essenziali e crude.

O forse il contrario? Il magnifico volumetto è un ricettacolo di piccole saggezze e immagini anti-iconiche per eccellenza. Un fumetto di nicchia? Non posso negarlo, ma la saggezza e la bellezza non sono mai date a titolo gratuito…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.