Così come per la pasticceria, se non si ama la Sacher Torte credo sia inutile andare da Demel, allo stesso modo se non si ama Sorrentino inutile andare a vedere “Parthenope”, poiché il film ripropone, diversamente coniugate, tutte le figure retoriche, tutte le visioni del mondo, tutti gli stilemi che si ritrovano in quasi tutti gli altri film del grande regista napoletano.

Non vi racconterò la trama del film, perché credo sia la cosa meno interessante, sempre ammesso che esista nel senso tradizionale del termine. Potremmo dire che sono presenti delle vicende e che queste, piccole o grandi che siano, si sviluppano secondo la triade husserliana di spazio-tempo-causalità. Le cose accadono sempre in uno spazio, che qui è principalmente Napoli (ma anche Capri e Trento), accadono in un tempo che va dagli anni Cinquanta ad oggi e, infine, accadono per una causalità dettata dalle scelte di Parthenope e di chi le sta intorno (ma principalmente dalle sue).

Parthenope è una ragazza bellissima partorita nelle acque del golfo di Napoli che, contrariamente alla sirena che, non essendo riuscita ad ammaliare Ulisse, nel golfo di Napoli approdò. Una donna che opera scelte sentimentali ed emozionali che punteggeranno la sua vita, comprendendo poi che solo in età matura le cose sembrano divenire intellegibili. Del resto lo stesso Sorrentino in una intervista dichiarava: “Più vai avanti negli anni, meno ti innamori, meno ti diverti, e diminuisce anche la tua capacità di meravigliarti. Però riesci a vedere le cose, a vederle in profondità”.

Un po’ quello che accade alla divina Parthenope, santa e peccatrice, carnale e spirituale, creatura misteriosa ed ingenua. “Abbandonati ad una estate perfetta siamo stati bellissimi ed infelici”, dirà Parthenope ricordando i beati anni della gioventù. Forse, come dice la protagonista, il desiderio è pieno di mistero e il sesso è il suo funerale.

Il film di Sorrentino è prevedibilmente barocco e ridondante, ma lo è con cognizione di causa, ambientato in una città che difficilmente potrebbe essere raccontata meglio, una città che contiene al suo interno il dramma e la derisione, l’abnorme e la misura, la saggezza e la follia, il sacro e il profano, solo che a Napoli gli opposti non sono realmente opposti: Napoli contiene tutto, ma tutto insieme e forse questo ne fa una città unica (che non significa necessariamente bella). Filmone impegnativo, conturbante, intenso e non per tutti i palati.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Parthenope

Così come per la pasticceria, se non si ama la Sacher Torte credo sia inutile andare da Demel, allo stesso modo se non si ama Sorrentino inutile andare a vedere “Parthenope”, poiché il film ripropone, diversamente coniugate, tutte le figure retoriche, tutte le visioni del mondo, tutti gli stilemi che si ritrovano in quasi tutti gli altri film del grande regista napoletano.

Non vi racconterò la trama del film, perché credo sia la cosa meno interessante, sempre ammesso che esista nel senso tradizionale del termine. Potremmo dire che sono presenti delle vicende e che queste, piccole o grandi che siano, si sviluppano secondo la triade husserliana di spazio-tempo-causalità. Le cose accadono sempre in uno spazio, che qui è principalmente Napoli (ma anche Capri e Trento), accadono in un tempo che va dagli anni Cinquanta ad oggi e, infine, accadono per una causalità dettata dalle scelte di Parthenope e di chi le sta intorno (ma principalmente dalle sue).

Parthenope è una ragazza bellissima partorita nelle acque del golfo di Napoli che, contrariamente alla sirena che, non essendo riuscita ad ammaliare Ulisse, nel golfo di Napoli approdò. Una donna che opera scelte sentimentali ed emozionali che punteggeranno la sua vita, comprendendo poi che solo in età matura le cose sembrano divenire intellegibili. Del resto lo stesso Sorrentino in una intervista dichiarava: “Più vai avanti negli anni, meno ti innamori, meno ti diverti, e diminuisce anche la tua capacità di meravigliarti. Però riesci a vedere le cose, a vederle in profondità”.

Un po’ quello che accade alla divina Parthenope, santa e peccatrice, carnale e spirituale, creatura misteriosa ed ingenua. “Abbandonati ad una estate perfetta siamo stati bellissimi ed infelici”, dirà Parthenope ricordando i beati anni della gioventù. Forse, come dice la protagonista, il desiderio è pieno di mistero e il sesso è il suo funerale.

Il film di Sorrentino è prevedibilmente barocco e ridondante, ma lo è con cognizione di causa, ambientato in una città che difficilmente potrebbe essere raccontata meglio, una città che contiene al suo interno il dramma e la derisione, l’abnorme e la misura, la saggezza e la follia, il sacro e il profano, solo che a Napoli gli opposti non sono realmente opposti: Napoli contiene tutto, ma tutto insieme e forse questo ne fa una città unica (che non significa necessariamente bella). Filmone impegnativo, conturbante, intenso e non per tutti i palati.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.