Quando, Walter Veltroni e il cinema

Certo che Walter Veltroni, come molti di “noi”, doveva avere una gran voglia di dirci quanto “quei tempi là” fossero di gran lunga migliori di questi (dove quei tempi là erano la metà degli anni Ottanta )e, se fossi stato in lui, avrei detto anche un po’ prima. Del resto, è un po’ una scoperta dell’acqua calda che Berlinguer fosse assai meglio di quello che ci siamo ritrovati poi, oggi compreso (Signora Schlein a parte, per mancanza di elementi di giudizio). E allora cosa fa il povero Walter Veltroni? Sulla nostalgia imbastisce un un film che si intitola “Quando” (dall’omonimo suo romanzo) e che racconta del lungo sonno di Giovanni, caduto in stato di coma dopo aver preso un palo di legno sulla testa durante i funerali di Enrico Berlinguer, tenutisi nell’estate del 1984 in Piazza San Giovanni a Roma.

Giovanni si risveglia dopo 31 anni, nel 2015, quando il mondo è un pochino cambiato. Lui cerca Botteghe Oscure e trova un supermercato, cerca la sezione del PCI e ritrova una balera, cerca una carbonara e la trova solo “destrutturata”. Insomma trova un mondo diverso, assai diverso e tutto sommato peggiore di quello che aveva lasciato. Tra l’altro si trova anche “cornuto e mazziato” dall’allora fidanzata, incinta, che nel frattempo si è sposata con compagno, anche compagno di scuola, e pure suo migliore amico. Il conforto gli è dato solo da Suor Giulia che lo aiuta a riscoprire il mondo (e che poi, per fortuna, non si porta a letto).

Ma sì, diciamo che, legittime nostalgie a parte, l’idea è sottratta nelle sue linee essenziali da “Good bye Lenin”, film del 2003 di Wolfgang Becker, dove avviene più o meno la stessa cosa a Christiane che cade in coma nella DDR e si risveglia in un mondo senza muro (in quel caso però il “dopo” era assai meglio del “prima”). Un film fatto con poco e che vale anche poco, a parte la buona interpretazione di Neri Marcorè nei panni di Giovanni.

Per il resto, forse era meglio che Veltroni continuasse a fare politica o magari qualunque un’altra cosa…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Quando, Walter Veltroni e il cinema

Certo che Walter Veltroni, come molti di “noi”, doveva avere una gran voglia di dirci quanto “quei tempi là” fossero di gran lunga migliori di questi (dove quei tempi là erano la metà degli anni Ottanta )e, se fossi stato in lui, avrei detto anche un po’ prima. Del resto, è un po’ una scoperta dell’acqua calda che Berlinguer fosse assai meglio di quello che ci siamo ritrovati poi, oggi compreso (Signora Schlein a parte, per mancanza di elementi di giudizio). E allora cosa fa il povero Walter Veltroni? Sulla nostalgia imbastisce un un film che si intitola “Quando” (dall’omonimo suo romanzo) e che racconta del lungo sonno di Giovanni, caduto in stato di coma dopo aver preso un palo di legno sulla testa durante i funerali di Enrico Berlinguer, tenutisi nell’estate del 1984 in Piazza San Giovanni a Roma.

Giovanni si risveglia dopo 31 anni, nel 2015, quando il mondo è un pochino cambiato. Lui cerca Botteghe Oscure e trova un supermercato, cerca la sezione del PCI e ritrova una balera, cerca una carbonara e la trova solo “destrutturata”. Insomma trova un mondo diverso, assai diverso e tutto sommato peggiore di quello che aveva lasciato. Tra l’altro si trova anche “cornuto e mazziato” dall’allora fidanzata, incinta, che nel frattempo si è sposata con compagno, anche compagno di scuola, e pure suo migliore amico. Il conforto gli è dato solo da Suor Giulia che lo aiuta a riscoprire il mondo (e che poi, per fortuna, non si porta a letto).

Ma sì, diciamo che, legittime nostalgie a parte, l’idea è sottratta nelle sue linee essenziali da “Good bye Lenin”, film del 2003 di Wolfgang Becker, dove avviene più o meno la stessa cosa a Christiane che cade in coma nella DDR e si risveglia in un mondo senza muro (in quel caso però il “dopo” era assai meglio del “prima”). Un film fatto con poco e che vale anche poco, a parte la buona interpretazione di Neri Marcorè nei panni di Giovanni.

Per il resto, forse era meglio che Veltroni continuasse a fare politica o magari qualunque un’altra cosa…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.