Per principio evito i cosiddetti romanzi d’esordio, ma per un altro principio, mi fido di alcune case editrici, come per esempio Feltrinelli. Forse più che di principi si tratta di pregiudizi o istinti. E proprio attenendomi a questi miei principi o pregiudizi, qualche settimana fa in partenza per Parigi, alla Feltrinelli dell’aeroporto di Malpensa ho acquistato “I miei giorni alla libreria Morisaki” dello scrittore giapponese esordiente Satoshi Yagisawa, attirato anche dalle parole del risvolto di copertina: “Comincia tutto a Tokyo nel più grande quartiere di librerie del mondo. Iniziai a leggere un libro dopo l’altro. Quei vecchi libri nascondevano storie per me inimmaginabili…”.
Peccato che poi nel libro di quelle fantomatiche storie non si faccia più il minimo cenno e, anzi, i libri sembrano essere se non un impiccio, quantomeno una pretesto del tutto casuale, nel racconto della sconclusionata, noiosissima storia di Takako, giovane donna che dopo aver perso il lavoro decide di andare a lavorare nella libreria di un vecchio zio un po’ originale e un po’ rincoglionito, Morisaki appunto, per poi terminare con una gita “esistenziale” in montagna con la vecchia zia Mokoko.
Non ci avete capito nulla? Tranquilli non è perché siete rincoglioniti anche voi, è perché c’è proprio poco da capire (in alternativa: perché sono rincoglionito anch’io). Del resto il disegno, del tutto cervellotico, di un gattino stilizzato in apertura di ogni capitolo, era già di per sé un segnale piuttosto inquietante che avrei dovuto tenere nella giusta considerazione. A volte mi chiedo perché si debba credere ai risvolti di copertina, alle case editrici di prestigio e all’idea che nel corso di un soggiorno a Parigi si debba sprecare il tempo a leggere simili idiozie (in realtà a Parigi ho fatto tutt’altro e il libro l’ho letto un po’ sull’aereo e un po’ a casa).
Quando si è preda di tentazioni simili come quella di leggere libri di autori locali perché li si conosce di persona, bisogna solo aspettare che passino…