Tomaso Montanari, Chiese chiuse

Cosa vuol dire andare in chiesa? “Esse (le chiese) chiedono il cambiamento radicale dei nostri pensieri, delle nostre scale di valori, delle nostre sicurezze. Con il loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos. Con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura delle diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo. Con il loro essere, quintessenzialmente, luoghi pubblici sventano la privatizzazione di ogni momento della nostra vita individuale e sociale. Con la loro presenza ostinata, interrogano la nostra inquieta assenza, Con la loro viva compresenza dei tempi, smascherano la dittatura del presente.

Con la loro povertà, con il loro abbandono, testimoniano contro la religione del successo…” Con queste parole, Tomaso Montanari, definisce quel luogo dello spirito che è, comunque la si pensi, una chiesa. Quello di Montanari è un allarme e anche una esortazione alla speranza.

Nelle 143 pagine di “Chiese chiuse”, quasi un “pamphlet”, più che un saggio, Montanari ricorda che in Italia esistono migliaia di chiese abbandonate, saccheggiate, dimenticate, oltraggiate. L’elenco dettagliato, ma certamente parziale, che l’autore ne fa è certamente a dir poco sconcertante. Si va da piccole chiese di paese a grandi chiese monastiche, dalle campagne alle città. Basti fare solo alcuni circostanziati esempi: nel centro storico di Lucca sono state abbandonate 42 chiese storiche su 69, a Pavia 24 su 40. Dire che questi numeri fanno impressione è dire una ovvietà.

Quello che è meno ovvio è sapere che molti di questi beni sono stati svenduti o “messi a reddito” da parte di privati. Un esempio clamoroso, potrebbe essere quello della chiesa abbaziale di San Galgano, dove si possono celebrare matrimoni sotto il cielo (a pagamento), benché la chiesa non sia più consacrata. Un grido quasi disperato quello di Montanari che vede la chiesa come insostituibile luogo fisico della coscienza collettiva, ma anche civile e ovviamente spirituale.

Le chiese costituiscono una parte cospicua del tessuto artistico italiano di cui, ricorda Montanari, “È difficile capire il valore storico, culturale, morale di tutte queste piccole cosein un momento in cui si fa fatica a convincere che la storia dell’arte non è solo Caravaggio, o Leonardo…”. Un testo analitico, preciso, documentato anche da un punto di vista del diritto. Nessuna tolleranza anche per le tentazioni della Chiesa (intesa come istituzione), di alienare beni architettonici a fini di lucro.

Montanari conduce da anni una battaglia, quasi solitaria, contro gli aspetti sfacciatamente consumistici della fruizione delle opere d’arte. È solo di qualche fa un altro volumetto al vetriolo, “Contro le mostre”, nel quale, anche lì, stigmatizzava l’abbandono del patrimonio artistico “stabile”, a tutto vantaggio di operazioni di mercato, come avviene per circuito delle mostre temporanee. Che piaccia o meno, Tomaso Montanari è rimasto l’unico storico dell’arte militante. E l’Italia ne ha estremo bisogno.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Tomaso Montanari, Chiese chiuse

Cosa vuol dire andare in chiesa? “Esse (le chiese) chiedono il cambiamento radicale dei nostri pensieri, delle nostre scale di valori, delle nostre sicurezze. Con il loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos. Con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura delle diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo. Con il loro essere, quintessenzialmente, luoghi pubblici sventano la privatizzazione di ogni momento della nostra vita individuale e sociale. Con la loro presenza ostinata, interrogano la nostra inquieta assenza, Con la loro viva compresenza dei tempi, smascherano la dittatura del presente.

Con la loro povertà, con il loro abbandono, testimoniano contro la religione del successo…” Con queste parole, Tomaso Montanari, definisce quel luogo dello spirito che è, comunque la si pensi, una chiesa. Quello di Montanari è un allarme e anche una esortazione alla speranza.

Nelle 143 pagine di “Chiese chiuse”, quasi un “pamphlet”, più che un saggio, Montanari ricorda che in Italia esistono migliaia di chiese abbandonate, saccheggiate, dimenticate, oltraggiate. L’elenco dettagliato, ma certamente parziale, che l’autore ne fa è certamente a dir poco sconcertante. Si va da piccole chiese di paese a grandi chiese monastiche, dalle campagne alle città. Basti fare solo alcuni circostanziati esempi: nel centro storico di Lucca sono state abbandonate 42 chiese storiche su 69, a Pavia 24 su 40. Dire che questi numeri fanno impressione è dire una ovvietà.

Quello che è meno ovvio è sapere che molti di questi beni sono stati svenduti o “messi a reddito” da parte di privati. Un esempio clamoroso, potrebbe essere quello della chiesa abbaziale di San Galgano, dove si possono celebrare matrimoni sotto il cielo (a pagamento), benché la chiesa non sia più consacrata. Un grido quasi disperato quello di Montanari che vede la chiesa come insostituibile luogo fisico della coscienza collettiva, ma anche civile e ovviamente spirituale.

Le chiese costituiscono una parte cospicua del tessuto artistico italiano di cui, ricorda Montanari, “È difficile capire il valore storico, culturale, morale di tutte queste piccole cosein un momento in cui si fa fatica a convincere che la storia dell’arte non è solo Caravaggio, o Leonardo…”. Un testo analitico, preciso, documentato anche da un punto di vista del diritto. Nessuna tolleranza anche per le tentazioni della Chiesa (intesa come istituzione), di alienare beni architettonici a fini di lucro.

Montanari conduce da anni una battaglia, quasi solitaria, contro gli aspetti sfacciatamente consumistici della fruizione delle opere d’arte. È solo di qualche fa un altro volumetto al vetriolo, “Contro le mostre”, nel quale, anche lì, stigmatizzava l’abbandono del patrimonio artistico “stabile”, a tutto vantaggio di operazioni di mercato, come avviene per circuito delle mostre temporanee. Che piaccia o meno, Tomaso Montanari è rimasto l’unico storico dell’arte militante. E l’Italia ne ha estremo bisogno.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.