Tullio Pericoli, i frammenti

Se quasi tutti gli artisti non hanno mai avuto difficoltà a proclamare ai quattro venti quali siano stati i loro maestri, è assai più raro trovarsi di fronte ad un artista che riconosce di aver commesso un vero e proprio “furto”. Succede in musica, come nel cinema, così come nelle arti visive dove i “furti”, che sono ben diversi dalla citazione colta o extra-colta, sono innumerevoli. Tuttavia i rei-confessi, come si diceva, sono pochissimi. Uno di questi è Tullio Pericoli che nel 1980 dedicò una sua mostra presso la Galleria milanese “Il Milione”, addirittura alla vittima del suo furto. Se Tullio Pericoli era il “ladro”, il derubato era un certo Paul Klee da Münchenbuchsee (Svizzera); titolo della mostra era proprio “Rubare a Klee”.

Derubare uno svizzero è già di per sé una gran bella soddisfazione, se poi lo si fa nella maniera geniale di Tullio Pericoli, direi che più che un reato si è compiuta una azione meritoria. Se siete interessati a visionare il bottino, non avete che da visitare “Frammenti” la bella (e semi-deserta) mostra di Palazzo Reale a Milano aperta fino al prossimo 9 gennaio. La mostra si compone e si scompone, in decine e decine di frammenti appunto, che non sono altro che la raffinata trama del paesaggio marchigiano, raccontato amorevolmente da Tullio Pericoli, proprio sulla scorta di quella pittura simbolica, grafica, allusiva e “segnaletica” che fu la grande invenzione di Paul Klee. Dagli anni Settanta del secolo scorso (meglio sottolinearlo, visto che si tratta di veri e propri reperti di una pittura che sembra non esistere più), Pericoli si dedicò alla “radiografia” pittorica del paesaggio con l’incantevole serie delle sue “geologie”, dove il paesaggio non è letto come un puro soggetto pittorico, ma nella sua tormentata morfologia e nei segni esteriori che questa complessa strutturazione, restituisce all’occhio umano.

Un’operazione di studio delle forme della natura, per certi versi simile a quella di Paul Cézanne, intrecciata con le complesse equazioni visive di Klee. Non solo le terre, le rocce, i corsi d’acqua o la vegetazione vanno a comporre quelle meravigliose “tele” e “carte” geografiche, ma in esse vi trovano posto anche il volo degli uccelli, lo sfaldarsi di una nuvola, qualche raro segno della presenza umana. Tutto questo va a formare una molteplice realtà di mondi irreali, costituiti però dal più tangibile degli elementi della realtà: la terra.

Nella sezione finale della mostra alcuni dei celebri ritratti di Tullio Pericoli, dove alcuni tratti di penna o alcuni colpi di spatola, delineano già tutta la fisionomia di un personaggio e persino la sua interiorità, come il magnifico ritratto di Pier Paolo Pasolini, quello di Primo Levi o la emozionante “matita” che ritrae Roberto Calasso.

Non perdetevi questi segni primitivi e primigeni, semplici e sofisticatissimi, frutto di un furto che merita un encomio.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Tullio Pericoli, i frammenti

Se quasi tutti gli artisti non hanno mai avuto difficoltà a proclamare ai quattro venti quali siano stati i loro maestri, è assai più raro trovarsi di fronte ad un artista che riconosce di aver commesso un vero e proprio “furto”. Succede in musica, come nel cinema, così come nelle arti visive dove i “furti”, che sono ben diversi dalla citazione colta o extra-colta, sono innumerevoli. Tuttavia i rei-confessi, come si diceva, sono pochissimi. Uno di questi è Tullio Pericoli che nel 1980 dedicò una sua mostra presso la Galleria milanese “Il Milione”, addirittura alla vittima del suo furto. Se Tullio Pericoli era il “ladro”, il derubato era un certo Paul Klee da Münchenbuchsee (Svizzera); titolo della mostra era proprio “Rubare a Klee”.

Derubare uno svizzero è già di per sé una gran bella soddisfazione, se poi lo si fa nella maniera geniale di Tullio Pericoli, direi che più che un reato si è compiuta una azione meritoria. Se siete interessati a visionare il bottino, non avete che da visitare “Frammenti” la bella (e semi-deserta) mostra di Palazzo Reale a Milano aperta fino al prossimo 9 gennaio. La mostra si compone e si scompone, in decine e decine di frammenti appunto, che non sono altro che la raffinata trama del paesaggio marchigiano, raccontato amorevolmente da Tullio Pericoli, proprio sulla scorta di quella pittura simbolica, grafica, allusiva e “segnaletica” che fu la grande invenzione di Paul Klee. Dagli anni Settanta del secolo scorso (meglio sottolinearlo, visto che si tratta di veri e propri reperti di una pittura che sembra non esistere più), Pericoli si dedicò alla “radiografia” pittorica del paesaggio con l’incantevole serie delle sue “geologie”, dove il paesaggio non è letto come un puro soggetto pittorico, ma nella sua tormentata morfologia e nei segni esteriori che questa complessa strutturazione, restituisce all’occhio umano.

Un’operazione di studio delle forme della natura, per certi versi simile a quella di Paul Cézanne, intrecciata con le complesse equazioni visive di Klee. Non solo le terre, le rocce, i corsi d’acqua o la vegetazione vanno a comporre quelle meravigliose “tele” e “carte” geografiche, ma in esse vi trovano posto anche il volo degli uccelli, lo sfaldarsi di una nuvola, qualche raro segno della presenza umana. Tutto questo va a formare una molteplice realtà di mondi irreali, costituiti però dal più tangibile degli elementi della realtà: la terra.

Nella sezione finale della mostra alcuni dei celebri ritratti di Tullio Pericoli, dove alcuni tratti di penna o alcuni colpi di spatola, delineano già tutta la fisionomia di un personaggio e persino la sua interiorità, come il magnifico ritratto di Pier Paolo Pasolini, quello di Primo Levi o la emozionante “matita” che ritrae Roberto Calasso.

Non perdetevi questi segni primitivi e primigeni, semplici e sofisticatissimi, frutto di un furto che merita un encomio.

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