Un libro fotografico con foto inguardabili

Qualche giorno fa, Lucia Ferraris, una mia compagna del liceo artistico di Novara (mi riferisco alla metà e alla fine degli anni Settanta del “secolo breve”), mi ha fatto dono di un libro fotografico “creato” (e il termine non è improprio), da Graziano Genoni, Paola Polastri, Mauro Savoini e dalla stessa Lucia. È un libro creato, appunto, con le fotografie di tante persone, qualche volta anonime, che ricostruisce, anzi evoca, un decennio che per molte ragioni si può definire irripetibile. Si intitola “Noi, i ragazzi degli anni Settanta”.

Oggi l’ho sfogliato con emozione e con attenzione e ho guardato, una ad una, tutte le fotografie di quella officina dei sogni che fu, per noi, il liceo artistico di Novara. Ho sentito subito il desiderio di condividere sui social e nel mio blog quelle fotografie delle classi, della vita nelle aule, delle lotte politiche, dei concerti, dei viaggi…Sono foto di rara bellezza e lo sono per due motivi: un tempo fotografava solo chi sapeva fotografare perché non ci si poteva permettere di sprecare pellicola.

Il secondo motivo è che quelle fotografie testimoniano con la loro presenza fisica e la loro valenza simbolica, che quegli anni sono davvero esistiti e che, come potrebbe sembrare ovvio, erano sideralmente lontani, non solo dal nostro presente, ma anche molto lontani da tutti i decenni che si sono “straccamente” succeduti dopo. Il volume è suddiviso in in capitoli tematici, ma non è quello che conta poiché a chi non è della città “Il Coccia” o “Via Greppi” dicono poco. Quello che conta è che le foto scandagliano gli animi di una generazione che si è ritrovata a dover sognare e a farlo con il materiale che aveva a disposizione: la lotta politica, l’arte, l’utopia. Sognatori per necessità vorrei dire. Sfogliare le pagine di questo libro confezionato da cari amici è, se mi è concesso un paragone apparentemente irriverente, come sfogliare un libro di Uliano Lucas o magari un catalogo di una mostra di Ugo La Pietra.

Probabilmente qualcuno tra chi legge queste righe potrebbe pensare ad una “trance” da nostalgia. Potrebbe essere, ma pur essendo stato protagonista tra i tanti, in quegli anni e in quella scuola, posso dire che questo volume restituisce il clima, le atmosfere e le emozioni di quegli anni con il trasporto poetico di una grande narrazione.

Ho pensato a quale fotografia scegliere a commento di queste poche righe. La scuola nel retro del Teatro Coccia? Le aule della copia dal vero? Le camere oscure e i laboratori? Quelle degli studenti che leggono i testi della Pop Art nelle piazze di una Novara brumale? I tanti pugni chiusi mostrati ai fotografi? Ho pensato che estrapolarne alcune da questo contesto non significasse nulla. Ma, soprattutto ho pensato che nessuna di queste fotografie potesse essere compresa davvero da chi non c’era, poiché si tratta di una storia che è appartenuta e appartiene a molti, ma non è appartenuta e non appartiene e tutti. In fondo è un libro di foto inguardabili.

Ne ho scelta una sola, non so se sia rappresentativa, ognuno di noi ne sceglierebbe una diversa, ma tutte appartengono a un mondo che non esiste più e che a volte mi vien da dubitare che sia mai esistito…

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Qualche giorno fa, Lucia Ferraris, una mia compagna del liceo artistico di Novara (mi riferisco alla metà e alla fine degli anni Settanta del “secolo breve”), mi ha fatto dono di un libro fotografico “creato” (e il termine non è improprio), da Graziano Genoni, Paola Polastri, Mauro Savoini e dalla stessa Lucia. È un libro creato, appunto, con le fotografie di tante persone, qualche volta anonime, che ricostruisce, anzi evoca, un decennio che per molte ragioni si può definire irripetibile. Si intitola “Noi, i ragazzi degli anni Settanta”.

Oggi l’ho sfogliato con emozione e con attenzione e ho guardato, una ad una, tutte le fotografie di quella officina dei sogni che fu, per noi, il liceo artistico di Novara. Ho sentito subito il desiderio di condividere sui social e nel mio blog quelle fotografie delle classi, della vita nelle aule, delle lotte politiche, dei concerti, dei viaggi…Sono foto di rara bellezza e lo sono per due motivi: un tempo fotografava solo chi sapeva fotografare perché non ci si poteva permettere di sprecare pellicola.

Il secondo motivo è che quelle fotografie testimoniano con la loro presenza fisica e la loro valenza simbolica, che quegli anni sono davvero esistiti e che, come potrebbe sembrare ovvio, erano sideralmente lontani, non solo dal nostro presente, ma anche molto lontani da tutti i decenni che si sono “straccamente” succeduti dopo. Il volume è suddiviso in in capitoli tematici, ma non è quello che conta poiché a chi non è della città “Il Coccia” o “Via Greppi” dicono poco. Quello che conta è che le foto scandagliano gli animi di una generazione che si è ritrovata a dover sognare e a farlo con il materiale che aveva a disposizione: la lotta politica, l’arte, l’utopia. Sognatori per necessità vorrei dire. Sfogliare le pagine di questo libro confezionato da cari amici è, se mi è concesso un paragone apparentemente irriverente, come sfogliare un libro di Uliano Lucas o magari un catalogo di una mostra di Ugo La Pietra.

Probabilmente qualcuno tra chi legge queste righe potrebbe pensare ad una “trance” da nostalgia. Potrebbe essere, ma pur essendo stato protagonista tra i tanti, in quegli anni e in quella scuola, posso dire che questo volume restituisce il clima, le atmosfere e le emozioni di quegli anni con il trasporto poetico di una grande narrazione.

Ho pensato a quale fotografia scegliere a commento di queste poche righe. La scuola nel retro del Teatro Coccia? Le aule della copia dal vero? Le camere oscure e i laboratori? Quelle degli studenti che leggono i testi della Pop Art nelle piazze di una Novara brumale? I tanti pugni chiusi mostrati ai fotografi? Ho pensato che estrapolarne alcune da questo contesto non significasse nulla. Ma, soprattutto ho pensato che nessuna di queste fotografie potesse essere compresa davvero da chi non c’era, poiché si tratta di una storia che è appartenuta e appartiene a molti, ma non è appartenuta e non appartiene e tutti. In fondo è un libro di foto inguardabili.

Ne ho scelta una sola, non so se sia rappresentativa, ognuno di noi ne sceglierebbe una diversa, ma tutte appartengono a un mondo che non esiste più e che a volte mi vien da dubitare che sia mai esistito…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.