A Novara una via per Enzo Tortora. La proposta della Camera penale

L'iniziativa dei penalisti novaresi sostenuta dalla senatrice Francesca Scopelliti, compagna di Tortora: «Così non si celebra il giornalista ma la giustizia giusta»

Una via, una piazza o uno spazio pubblico di Novara intitolati a Enzo Tortora. È la proposta che la Camera penale ha inviato al sindaco Alessandro Canelli per ricordare il giornalista «vittima non di un errore giudiziario, che implicherebbe un qualche tipo di negligenza, ma di vero e proprio crimine doloso e che ha trasformato un noto personaggio pubblico e popolare in un “cinico mercante di morte” citando l’allora pm – ha affermato il presidente della Camera penale, Alessandro Brustia, durante la conferenza stampa -. Una vicenda scandalosa portata avanti con il consenso di tutto il Paese, tranne qualche rara eccezione come Biagi o Montanelli. Una storia che a distanza di anni può ancora dare tanti spunti rispetto a come alcune magistrati si fossero eretti a moralizzatori e a come abbiano fatto un uso distorto dei pentiti. Questo succede ancora in una società in cui prevale il giustizialismo mentre l’opinione pubblica dovrebbe capire che la Costituzione è l’unico faro da seguire. Siamo sicuri che una situazione come quella di Tortora non possa capitare ancora? – ha continuato Brustia -. Oggi ci sarebbe un linciaggio peggiore, un uso politico dello indagini è più che mai attuale. Siamo certi che il Comune accoglierà la nostra richiesta».

Ha aggiunto il tesoriere della Camera penale, l’avvocato Giovanni Porzio, in un intervento appassionato: «Sono molto legato alla figura di Tortora perchè è lui il responsabile della scelta dei miei studi».

Alla conferenza ha partecipato in streaming la senatrice Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora, che dopo aver ripercorso alcune fasi della vicenda giudiziaria, ha rivolto il suo appello direttamente al sindaco di Novara: «Non so quale sia il suo ricordo di quel triste fattaccio, ma spero mi dia fiducia se le dico, che quella inchiesta violentò lo stato di diritto, che fu davvero uno scempio per la giustizia italiana, per il quale nessuno dei responsabili ne pagò le conseguenze. Conseguenze gravi perchè dopo aver avuto il pieno riconoscimento della sua estraneità ai fatti contestati, Enzo è morto di malagiustizia a causa
di quella “bomba al cobalto” che gli era scoppiata dentro il 17 giugno 1983 al momento dell’arresto. Lo dico ad un politico, ad un amministratore – in uno stato democratico, in uno stato di diritto non
si può morire per un errore, o meglio un crimine, giudiziario».

E ha continuato: «Nel caso in cui la sua decisione fosse favorevole, lei non avrà celebrato Enzo Tortora, ma la giustizia, la necessità della giustizia giusta, permettendo ai giovani di ricordare una vittima della malagiustizia così come si fa per le vittime della criminalità organizzata o del terrorismo. A 36 anni dalla sua morte Enzo è diventato quel simbolo che dobbiamo fare nostro, per ricordare, commemorare e celebrare non il grande giornalista italiano bensì il messaggio che lui rappresenta».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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A Novara una via per Enzo Tortora. La proposta della Camera penale

L’iniziativa dei penalisti novaresi sostenuta dalla senatrice Francesca Scopelliti, compagna di Tortora: «Così non si celebra il giornalista ma la giustizia giusta»

Una via, una piazza o uno spazio pubblico di Novara intitolati a Enzo Tortora. È la proposta che la Camera penale ha inviato al sindaco Alessandro Canelli per ricordare il giornalista «vittima non di un errore giudiziario, che implicherebbe un qualche tipo di negligenza, ma di vero e proprio crimine doloso e che ha trasformato un noto personaggio pubblico e popolare in un "cinico mercante di morte" citando l'allora pm - ha affermato il presidente della Camera penale, Alessandro Brustia, durante la conferenza stampa -. Una vicenda scandalosa portata avanti con il consenso di tutto il Paese, tranne qualche rara eccezione come Biagi o Montanelli. Una storia che a distanza di anni può ancora dare tanti spunti rispetto a come alcune magistrati si fossero eretti a moralizzatori e a come abbiano fatto un uso distorto dei pentiti. Questo succede ancora in una società in cui prevale il giustizialismo mentre l'opinione pubblica dovrebbe capire che la Costituzione è l'unico faro da seguire. Siamo sicuri che una situazione come quella di Tortora non possa capitare ancora? - ha continuato Brustia -. Oggi ci sarebbe un linciaggio peggiore, un uso politico dello indagini è più che mai attuale. Siamo certi che il Comune accoglierà la nostra richiesta».

Ha aggiunto il tesoriere della Camera penale, l'avvocato Giovanni Porzio, in un intervento appassionato: «Sono molto legato alla figura di Tortora perchè è lui il responsabile della scelta dei miei studi».

Alla conferenza ha partecipato in streaming la senatrice Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora, che dopo aver ripercorso alcune fasi della vicenda giudiziaria, ha rivolto il suo appello direttamente al sindaco di Novara: «Non so quale sia il suo ricordo di quel triste fattaccio, ma spero mi dia fiducia se le dico, che quella inchiesta violentò lo stato di diritto, che fu davvero uno scempio per la giustizia italiana, per il quale nessuno dei responsabili ne pagò le conseguenze. Conseguenze gravi perchè dopo aver avuto il pieno riconoscimento della sua estraneità ai fatti contestati, Enzo è morto di malagiustizia a causa
di quella “bomba al cobalto” che gli era scoppiata dentro il 17 giugno 1983 al momento dell'arresto. Lo dico ad un politico, ad un amministratore - in uno stato democratico, in uno stato di diritto non
si può morire per un errore, o meglio un crimine, giudiziario».

E ha continuato: «Nel caso in cui la sua decisione fosse favorevole, lei non avrà celebrato Enzo Tortora, ma la giustizia, la necessità della giustizia giusta, permettendo ai giovani di ricordare una vittima della malagiustizia così come si fa per le vittime della criminalità organizzata o del terrorismo. A 36 anni dalla sua morte Enzo è diventato quel simbolo che dobbiamo fare nostro, per ricordare, commemorare e celebrare non il grande giornalista italiano bensì il messaggio che lui rappresenta».

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