La tela del “Martirio di san Giacomo”, opera del 1730 di Tarquinio Grassi che si trova sulla parete in fondo al presbiterio della chiesa parrocchiale di Soriso, è stata restaurata grazie all’utilizzo di una tecnica sperimentale e innovativa basata sull’uso di batteri specifici. Un’intervento che si è reso possibile attraverso il sostegno di Fondazione Comunità Novarese e Fondazione Cassa di Risparmio di Torino CRT.
Su richiesta della Soprintendenza, infatti, la parrocchia di Soriso si è attivata per l’attuazione del progetto e la ricerca dei fondi necessari: l’intervento di restauro ha un costo di circa 51 mila euro ed è stato affidato dalla parrocchia alla restauratrice Tiziana Carbonati.
A causa dell’invecchiamento dei materiali, la rimozione della velina con le tecniche tradizionali è risultato molto difficoltoso. Diversi tentativi di asportazione del materiale sovrammesso hanno mostrato che l’operazione è diventata nel tempo quasi inattuabile. Pertanto, su suggerimento di Emanuela Ozino Caligaris, della Soprintendenza Archeologia, belle Arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli che ha all’attivo alcune collaborazioni con l’ENEA, si è presa in considerazione la possibilità di rimuovere la colla e la velina con l’ausilio di batteri e prodotti bio-based. Questa tecnologia consente una rimozione selettiva nel pieno rispetto dell’opera d’arte.
Seguendo le esigenze dei restauratori, i ricercatori possono scegliere uno o più batteri che hanno caratteristiche utili, rivitalizzarli e coltivarli in numero sufficiente per trattare l’opera. In base alla natura del deposito da rimuovere, i microbiologi selezionano i batteri in grado di “mangiare” quel deposito e preparano impacchi di cellule microbiche che il restauratore applica sulla superficie da restaurare. Questi prodotti microbici sono selettivi verso i depositi da rimuovere, rispettosi del materiale originario, innocui per gli operatori e non inquinano poiché i prodotti sono biodegradabili.
Sarà Chiara Alisi dell’Istituto ENEA-Roma, in collaborazione con la restauratrice Carbonati, a eseguire i test per questa fase sperimentale e di studio finalizzata all’individuazione del microrganismo più efficace per la rimozione del materiale sovrammesso.
Dal test di rimozione è emerso che il tempo trascorso rende la rimozione della velina, oggi, molto complessa e delicata poiché a rischio non è solo la conservazione della materia pittorica ma anche quella del supporto in tela dunque la procedura di restauro sarà complessa e suddivisa in diverse fasi.