Abusava della figlia di soli dieci anni portandola al piano terra della loro abitazione, quando il resto della famiglia dormiva, oppure nei boschi del Ticino nel territorio di Pombia. Una storia di violenza sessuale risalente al 2010, e denunciata a distanza di molti anni quando la vittima ha preso coscienza che quelle del padre non erano attenzioni nei suoi confronti ma veri e propri abusi, si è conclusa in tribunale con la condanna dell’uomo, M.R., 44 anni, oggi residente nel Varesotto, a 10 anni di carcere. Il tribunale ha anche stabilito il risarcimento dei danni per la giovane, costituita parte civile: la provvisionale, in attesa del giudizio civile, è di 20 mola euro.
Per l’imputato il pm aveva chiesto 12 anni parlando di drammatica vicenda fra le mura domestiche, dove anche sua moglie, in base a quanto denunciato, veniva spesso maltrattata. La difesa aveva chiesto invece l’assoluzione, sostenendo che la figlia si era inventata tutto. Una vicenda avvenuta in un paese novarese lungo la statale 32. La vittima, all’epoca dei fatti, aveva solo dieci anni. Oggi è maggiorenne e porta ancora dentro di sé il dolore per quanto vissuto. La madre aveva avuto qualche sospetto, aveva provato a parlarle, ma solo in età adolescenziale, parlando con una compagna anche lei vittima di violenze casalinghe, aveva realizzato di essere stata costretta a subire rapporti sessuali completi. E che il violentatore era suo padre. Secondo quanto raccontato, spesso l’uomo le tappava la bocca con la mano per impedirle di urlare o comunque per evitare che altri nella casa potessero sentirla. Una volta presa coscienza degli abusi, nel 2020 era stata presentata denuncia ai carabinieri. In tribunale la chiusura della vicenda in primo grado, con la condanna a 10 anni per il padre della giovane