Accusò giovane di averla stuprata ma non era vero: condannata a 3 anni per calunnia

tribunale il caldo
Una donna novarese che allora aveva 35 anni diceva di essere stata violentata durante una festa in una cascina a Vignale

Si era parlato di stupro e tentato omicidio, la sera fra il 10 e l’11 settembre 2016, durante una festa nel capannone d’una cascina a Vignale (Novara), in via Case Sparse. Un raduno fra giovani finito male, con l’intervento del 118 e delle Volanti della polizia: una donna novarese che allora aveva 35 anni diceva di essere stata violentata da uno dei partecipanti all’evento, promosso perfino su Facebook, e che il fratello corso ad aiutarla era stato brutalmente aggredito dagli amici del violentatore. Nulla, al termine dell’inchiesta avocata addirittura dalla procura generale di Torino, è stato poi confermato. Anzi, era risultato che lei aveva rilasciato dichiarazioni false. Proprio quelle dichiarazioni false sono costate alla donna che aveva denunciato le molestie, A.R., residente a Galliate ma abitante a Novara, una condanna a 3 anni di reclusione per calunnia, confermata in Appello. Dovrà anche risarcire il ventenne ingiustamente accusato di averla costretta a fare sesso, N.T., novarese costituito parte civile: la provvisionale di risarcimento è di 5 mila euro, cui si aggiungono le spese del processo: «Si era trattato di un rapporto consenziente, non l’avevo costretta», ha ribadito il ragazzo durante il processo. Una versione confermata anche da alcuni testimoni che avevano visto i due appartati nel cascinale: «La donna non urlava e non chiedeva aiuto».

Secondo la difesa dell’imputata, che aveva chiesto l’assoluzione, non c’era stata alcuna volontà di calunniare, visto che probabilmente alla festa si era bevuto un po’ troppo e i fatti erano stati raccontati in maniera molto confusa dalle persone coinvolte.

Nell’indagine era finita anche l’aggressione al fratello dell’imputata, di cui erano accusati tre giovani ventenni abitanti sempre nel rione di Vignale. Anche questo fatto era stato ridimensionato rispetto alle ipotesi iniziali: dall’accusa di tentato omicidio si era passati a quella di lesioni (la prognosi fu di 10 giorni) e non si è nemmeno andati a processo perché gli interessati avevano chiesto la messa alla prova ai servizi sociali.

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Accusò giovane di averla stuprata ma non era vero: condannata a 3 anni per calunnia

Una donna novarese che allora aveva 35 anni diceva di essere stata violentata durante una festa in una cascina a Vignale

tribunale il caldo

Si era parlato di stupro e tentato omicidio, la sera fra il 10 e l’11 settembre 2016, durante una festa nel capannone d’una cascina a Vignale (Novara), in via Case Sparse. Un raduno fra giovani finito male, con l’intervento del 118 e delle Volanti della polizia: una donna novarese che allora aveva 35 anni diceva di essere stata violentata da uno dei partecipanti all’evento, promosso perfino su Facebook, e che il fratello corso ad aiutarla era stato brutalmente aggredito dagli amici del violentatore. Nulla, al termine dell’inchiesta avocata addirittura dalla procura generale di Torino, è stato poi confermato. Anzi, era risultato che lei aveva rilasciato dichiarazioni false. Proprio quelle dichiarazioni false sono costate alla donna che aveva denunciato le molestie, A.R., residente a Galliate ma abitante a Novara, una condanna a 3 anni di reclusione per calunnia, confermata in Appello. Dovrà anche risarcire il ventenne ingiustamente accusato di averla costretta a fare sesso, N.T., novarese costituito parte civile: la provvisionale di risarcimento è di 5 mila euro, cui si aggiungono le spese del processo: «Si era trattato di un rapporto consenziente, non l’avevo costretta», ha ribadito il ragazzo durante il processo. Una versione confermata anche da alcuni testimoni che avevano visto i due appartati nel cascinale: «La donna non urlava e non chiedeva aiuto».

Secondo la difesa dell’imputata, che aveva chiesto l’assoluzione, non c’era stata alcuna volontà di calunniare, visto che probabilmente alla festa si era bevuto un po’ troppo e i fatti erano stati raccontati in maniera molto confusa dalle persone coinvolte.

Nell’indagine era finita anche l’aggressione al fratello dell’imputata, di cui erano accusati tre giovani ventenni abitanti sempre nel rione di Vignale. Anche questo fatto era stato ridimensionato rispetto alle ipotesi iniziali: dall’accusa di tentato omicidio si era passati a quella di lesioni (la prognosi fu di 10 giorni) e non si è nemmeno andati a processo perché gli interessati avevano chiesto la messa alla prova ai servizi sociali.

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