Novara è la terza città in Italia per concentrazione di TFA (Acido Trifluoroacetico, composto indistruttibile nocivo e pericoloso per l’ambiente) nell’acqua potabile: 372,6 nanogrammi per litro. Lo dicono i dati dell’indagine “Acque Senza Veleni” condotta da Greenpeace Italia su 260 campioni raccolti in 235 città italiane tra settembre e ottobre 2024.
Le analisi, condotte da un laboratorio indipendente e certificato, hanno determinato la presenza di 58 molecole PFAS. Secondo il rapporto, infatti, le molecole più diffuse sono risultate il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale).
Greepeace Italia lancia l’allarme: «Milioni di persone nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni PFAS classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni. Confrontando i risultati con i limiti vigenti in altri Paesi, è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti».
«Nell’ambito delle sue analisi indipendenti – si legge ancora nella nota – Greenpeace Italia ha inoltre verificato la presenza nelle acque potabili italiane del TFA, la molecola del gruppo dei PFAS più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici. Il TFA è una sostanza indistruttibile e persistente ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione».
Ed è proprio questa la sostanza più inquinante rilevata nelle acque di Novara; per concentrazione di TFA, il territorio novarese è preceduto solo da Castellazzo Bormida (AL) 539,4 nanogrammi per litro e Ferrara con 375,5 nanogrammi per litro).
Anche il Piemonte è terzo tra le Regioni con maggiore presenza di TFA nell’acqua potabile: la Sardegna (77% dei campioni positivi), il Trentino Alto Adige (75% dei campioni positivi) e a seguire il Piemonte (69% dei campioni positivi.
«È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai PFAS, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti».
Replica Acqua Novara Vco sui dati TFA di Novara. «Tale sostanza è oggetto di studi, ma allo stato non ha ancora una chiara definizione giuridica che ne regoli i metodi di misura ed anche i limiti di legge applicabili – afferma la società in una nota -. Arrivare a qualsiasi conclusione, con un solo dato ed in un solo campione, per un parametro del quale non si hanno metodi riconosciuti e del quale non esiste un limite di legge, rischia di procurare allarme in modo ingiustificato. Il TFA non rientra nella normativa europea ed italiana sui PFAS nelle acque, e la nostra società è coinvolta con le migliori realtà tecniche e scientifiche del paese, nella messa a punto
di sistemi di misura riconosciuti, e contribuisce al lavoro delle associazioni di categoria per trasferire informazioni e valutazioni utili alla normazione giuridica del tema».
E conclude: «Il TFA generalmente non è sostanza direttamente immessa in ambiente, ma proviene dalla degradazione di altre utilizzate nel mondo agricolo, nel mondo industriale, nel settore veterinario, liquidi refrigeranti ed in svariati altri ambiti. Anche per questo è considerata una delle sostanze chimiche artificiali più diffusa nelle acque sotterranee. Ribadiamo che non ci sono situazioni per le quali, anche in virtù delle normative
più stringenti che entreranno in vigore nel 2026, siano necessarie o anche solo opportune restrizioni nell’uso dell’acqua potabile».