Il Centro trapianto renale dell’Azienda Ospedaliero-universitaria Maggiore della Carità, una delle strutture all’avanguardia del settore a livello nazionale, ha superato il numero di 150 donazioni da vivente. Lo hanno annunciato con soddisfazione questa mattina, lunedì 27 settembre, il direttore generale Gianfranco Zulian e il professor Vincenzo Cantaluppi, direttore della struttura di Nefrologia e trapianto renale del nosocomio novarese.
Mutuando un facile termine sportivo, si potrebbe davvero dire che si tratta di un traguardo raggiunto dopo un intenso lavoro di squadra: «Il risultato che oggi presentiamo – ha sottolineato infatti Zulian – è l’esempio importantissimo di come lavorando insieme si possano ottenere questi meravigliosi risultati. Abbiamo a disposizione gli organi di un vivente che vengono donati con grande spirito etico e sociale a un’altra persona. In questo senso creiamo un rapporto di salute importantissimo, con dei risvolti veramente nobili».
«Abbiamo superato il numero di 150 trapianti da donatori viventi – ha illustrato Cantaluppi – Un traguardo molto importante per noi e per tutta l’equipe dell’Aou che lavora sul programma di trapianto più in generale. Una cifra che rappresenta sì un decimo numero sui 1.433 trapianti eseguiti a Novara, un’attività iniziata nel 1998 e che dal 2003 ha visto l’attivazione del ramo da vivente. Un programma in forte crescita se pensiamo che due terzi di questi trapianti sono stati fatti dal 2015 a oggi».
«Una delle cose che ci soddisfa maggiormente – ha aggiunto – è che i numeri sono decisamente in controtendenza rispetto a quelli di altre regioni. Il Piemonte, con il nostro centro e quello di Torino, sta da tempo lavorando sull’incremento dell’attività del trapianto da donatore vivente e ne vediamo i risultati, anche perché rappresenta la migliore terapia per i pazienti con insufficienza renale cronica avanzata».
Del raggiungimento di un obiettivo importante ha parlato anche il chirurgo vascolare Renato Cassatrlla, evidenziando «un lavoro collaborativo di gruppo fra colleghi nefrologi, urologi e vascolari. Dal punto di vista urologico siamo felici di poter continuare in un percorso innovativo e sempre di minore invasività per il paziente, attraverso il costante utilizzo di tecniche che consentono di ridurre al minimo l’impatto di questo intervento chirurgico sui pazienti che molto generosamente donano il loro organo». Prima del lockdown «era partito anche il progetto di trapianto renale robotico, che ci ha portato a seguire numerosi casi. Presto riprenderà». Da non dimenticare infine gli aspetti psicologici, evidenziati da Luca Binaschi.