Il Piemonte ha bisogno di guardare al 4 maggio e alla fase due della ripartenza, ma confermando la linea del rigore e della prudenza che ha contraddistinto le nostre scelte fin dall’inizio di questa emergenza. Ma alla luce dei dati attuali, riteniamo invece necessario nella nostra regione essere prudenti sulle attività sociali e su determinate attività commerciali, come ad esempio il cibo da asporto. Stesso discorso vale per gli spostamenti verso le seconde case, che consentiremo solo in un secondo momento quando le condizioni lo renderanno possibile».
Sono le parole del presidente della Regione, Alberto Cirio, che ieri pomeriggio ha avuto un incontro in videoconferenza con il Comitato tecnico scientifico, in vista delle nuove misure di contenimento decise dal governo a partire da lunedì prossimo.
«Nei prossimi giorni ha continuato – ci confronteremo con i prefetti e i rappresentanti delle istituzioni locali per analizzare l’evoluzione del contagio e definire le prossime misure».
Il Gruppo di lavoro coordinato dall’ex ministro Ferruccio Fazio ha, infatti, comunicato all’assessore alla Sanità del Piemonte, Luigi Icardi che «la curva epidemica è in ritardo in Piemonte rispetto a altre Regioni del nord, il che spiega in parte la mancanza di sincronia con queste ultime. Le province piemontesi mostrano una tendenza alla discesa della curva dei casi dalla data dei sintomi, e fluttuazioni dei tamponi positivi dovute a variazioni nel processo di esecuzione dei test. I casi e i decessi attualmente osservati nelle Rra esprimono la situazione epidemica di più di due settimane fa».
Il gruppo di lavoro è, dunque, impegnato nell’identificazione di aspetti critici che hanno pesato sulla attuale situazione e in proposte per una soluzione a medio-lungo termine per la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria «sia in funzione di possibili nuovi picchi sia pienamente normalizzata dopo covid. Questo piano si incentrerà sulla identificazione il più precoce possibile dei nuovi casi, in modo da spegnere i nuovi focolai attraverso l’isolamento dei casi e dei loro contatti e su uno stretto monitoraggio epidemiologico. E’ possibile che per la fase due sia necessario affrontare in maniera drastica il problema della trasmissione intrafamiliare, con apposite strutture in cui ricoverare i positivi fino alla negativizzazione».