La festa della Liberazione, il 25 aprile, tornato alle sue celebrazioni tradizionali dopo due anni di restrizioni a causa della pandemia, riveste quest’anno un significato particolare. Lo ha ricordato il sindaco Alessandro Canelli durante il suo discorso nel cortile del Broletto, che ha fatto seguito alla consueta deposizione di corone alla stele che ricorda i partigiani caduti nella nostra provincia, dopo l’altrettanto consueto momento in viale IV Novembre e alla messa in Duomo. Tanta gente, molti giovani, anche giovanissimi, con un gruppo che ha eseguito l’inno di Mameli e “Bella ciao” con il linguaggio dei segni accompagnato dalla banda di Confienza.
Un anniversario particolare, ha detto il primo cittadino, «perché segnato dalle drammatiche vicende che stanno accadendo in Ucraina, con una barbara violenza che mai avremmo pensato di rivedere nella nostra Europa». Da qui alcune riflessioni, come quella riguardante «la sofferenza di un popolo come attaduto nel nostro Paese durante la seconda guerra mondiale». Partendo dal parole del capo dello Stato, il nostro deve essere «un giusto appello alla pace, ma non significa arrendersi di fronte alla violenza. Il nostro insegnamento ci arriva dalla Resistenza, che ha visto la partecipazione di diverse formazioni politiche, quindi è proprio la superiorità morale di certi valori che non possono mai esserei mai negoziati. Libertà, democrazia e autodeterminazione, ma anche giustizia, diritti umani e dignità delle persone. Un’eredità grande e preziosa che va difesa e trasmessa alle nuove generazioni, perché ciò che sta accadendo interessa tutti noi e la solidarietà al popolo ucriaino deve essere espressa in maniera forte».
Se per il consigliere regionale Domenico Rossi «è un dovere morale schierarsi in maniera coesa dei confronti di un popolo aggredito e contro chi quei valori non li rispetta, occorre ricordare quanti furono disposti a rinunciare alla propria vita per quei valori, perché grazie al movimento partigiano l’Italia riconquistò il diritto di di sedersi al tavolo della comunità internazionale», per la vicepresidente della Provincia Michela Leoni «la libertà esiste quando viene dato a un’individuo la possibilità di scegliere. Il 25 aprile ci insegna questo: mai più scivolare nella tentazione di delegare allo Stato non le proprie scelte, ma la propria persona. La liberazione è un atto collettivo in cui un popolo riscopre ed afferma la propria identità, rifiutando imposizioni esterne».
Il prefetto Francesco Garsia, nel ricordare il forte tributo pagato dal Piemonte nella guerra di Liberazione: «A tutte queste persone che si sono sacrificate deve andare la nostra riconoscenza. Noi dobbiamo essere degni di loro, senza dimenticare il valore della pace, che non è scontata e per la quale deve esserci l’impegno quotidiano di tutti noi».
Significativa infine l’orazione ufficiale, tenuta da una giovane studentessa novarese, Johanna Lamm, vicepresidente della sezione novarese dell’Anpi: «Ciò che sta accadendo in Ucraina contrasta con i principi di libertà e democrazia. Non sono in discussione la condanna dell’invasione russa e il diritto del popolo ucraino alla resistenza. Ciò non vuol dire essere contro il popolo russo, vittima delle decisioni del suo leader, però mi allarma l’idea di un mondo sempre più militarizzato e diviso. Chiediamo con forza che tacciano le armi, che l’esercito russo abbandoni i territori occupati e si arrivi presto alla pace. La nostra festa è nata da una rivolta morale nei confronti del nazi-fascismo».
E poi, ricordando le parole di Beppe Fenoglio, «per il quale resistere fosse un dovere sacro e assoluto, il 25 aprile 1945 ha permesso l’apertura di un nuovo capitolo nella storia del nostro Paese, quello della repubblica, nata dalla Resistenza e in totale contrapposizione al fascismo. Essere qui oggi è anche mostrare sinergia nella difesa della Costituzione. Molta parte dell’edificio repubblicano deve essere ancora costruito». E ancora alcuni interrogativi. Che cosa è il fascismo oggi? «La negazione della Costituzione; il fascismo non si è dileguato nel 1945, la sua mentalità è purtroppo eterna, può replicarsi in altre forme, adattandosi velocemente alle realtà sociali, perché, come scrisse Umberto Eco, il fascismo può tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno e in ogni parte del mondo. Oggi in Italia vedo il fascismo nel non favorire l’integrazione, nel non concedere la cittadinanza attraverso lo ius soli, nel considerare che esistano profughi di serie A e di serie B, nel linguaggio sui social. Il fascismo reprimeva il dissenso, imponendo la filosofia del pensiero unico, impensabile in una società come la nostra».