Caso Scala-Gergiev: Schwarz (Teatro Regio): «Lascio parlare il talento non il passaporto»

Alla presentazione del Premio Cantelli c'era il sovrintendente del Teatro Regio di Torino Sebastian Schwarz. Riflessioni intorno a una vicenda che parla di politica prima ancora che di cultura

Alla conferenza stampa di presentazione del Premio Cantelli 2022 era presente anche il sovrintendente del Teatro Regio di Torino Sebastian Schwarz in qualità di presidente della giuria e direttore del Teatro che, come nell’edizione del 2020, ospiterà le selezioni dei candidati. (leggi qui l’articolo completo)

Due colleghi giornalisti gli hanno rivolto una domanda: cosa pensa del fatto che il sindaco di Milano e il sovrintendete del Teatro alla Scala abbiano chiesto a Valery Gergiev, direttore d’orchestra russo, grande amico di Putin, a Milano per dirigere “La dama di picche”, di prendere posizione contro l’invasione dell’Ucraina? Al loro posto che cosa avrebbe fatto?

«Condanno la guerra, ma se noi abbiamo la libertà di esprimere la nostra opinione dobbiamo lasciarla anche all’altra parte – ha risposto Schwarz -. Non mi esprimo sulle posizioni di politici e altri professionisti, io lascio parlare il talento e non il passaporto».

Un commento che lascia spazio a più interpretazioni e che apre ad alcune riflessioni. Nel 2014, quando Putin ha deciso di occupare la Crimea, ha chiesto a numerosi artisti russi di sostenerlo pubblicamente proprio perché non si trattava solo di un’azione politica ed economica, ma anche culturale. Una delle firme era proprio quella di Gergiev che in più occasioni aveva già dichiarato il suo appoggio alle mire espansionistiche dello zar; questa volta, all’istanza esplicita del sindaco Sala di schierarsi contro la guerra, ha preferito il silenzio e se ne è tornato in madre patria.

Di ieri sono le dichiarazioni della star della lirica, il soprano Anna Netrebko, anche lei russa: «Questa sofferenza mi spezza il cuore. Aggiungo però che non è giusto costringere gli artisti o una qualsiasi figura pubblica a esprimere le proprie opinioni politiche e a denunciare la propria patria. Dovrebbe essere una libera scelta. Sono un’artista e non un politico» facendo riferimento a Gergiev e annunciando così la fine della collaborazione con la Scala.

Ma a militarizzare la cultura, facendone uno strumento di propoganda politica, ci ha pensato proprio Putin e non certamente la popolazione russa che di questa guerra non ha colpe, ma detiene il potere e il dovere di allontanarsene.

Dunque, chiedere a un artista del calibro di Gergiev, personaggio con un peso specifico tale da spostare le coscienze, di esprimersi contro le azioni scellerate dello zar e, dopo non aver ricevuto alcuna risposta, decidere di interromperne la collaborazione, non è un atto di aggressione nei confronti del mondo culturale, ma una presa di posizione che sta alla base della società civile.

[photo credit Mario Finotti]

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Caso Scala-Gergiev: Schwarz (Teatro Regio): «Lascio parlare il talento non il passaporto»

Alla presentazione del Premio Cantelli c’era il sovrintendente del Teatro Regio di Torino Sebastian Schwarz. Riflessioni intorno a una vicenda che parla di politica prima ancora che di cultura

Alla conferenza stampa di presentazione del Premio Cantelli 2022 era presente anche il sovrintendente del Teatro Regio di Torino Sebastian Schwarz in qualità di presidente della giuria e direttore del Teatro che, come nell’edizione del 2020, ospiterà le selezioni dei candidati. (leggi qui l’articolo completo)

Due colleghi giornalisti gli hanno rivolto una domanda: cosa pensa del fatto che il sindaco di Milano e il sovrintendete del Teatro alla Scala abbiano chiesto a Valery Gergiev, direttore d’orchestra russo, grande amico di Putin, a Milano per dirigere “La dama di picche”, di prendere posizione contro l’invasione dell’Ucraina? Al loro posto che cosa avrebbe fatto?

«Condanno la guerra, ma se noi abbiamo la libertà di esprimere la nostra opinione dobbiamo lasciarla anche all’altra parte – ha risposto Schwarz -. Non mi esprimo sulle posizioni di politici e altri professionisti, io lascio parlare il talento e non il passaporto».

Un commento che lascia spazio a più interpretazioni e che apre ad alcune riflessioni. Nel 2014, quando Putin ha deciso di occupare la Crimea, ha chiesto a numerosi artisti russi di sostenerlo pubblicamente proprio perché non si trattava solo di un’azione politica ed economica, ma anche culturale. Una delle firme era proprio quella di Gergiev che in più occasioni aveva già dichiarato il suo appoggio alle mire espansionistiche dello zar; questa volta, all’istanza esplicita del sindaco Sala di schierarsi contro la guerra, ha preferito il silenzio e se ne è tornato in madre patria.

Di ieri sono le dichiarazioni della star della lirica, il soprano Anna Netrebko, anche lei russa: «Questa sofferenza mi spezza il cuore. Aggiungo però che non è giusto costringere gli artisti o una qualsiasi figura pubblica a esprimere le proprie opinioni politiche e a denunciare la propria patria. Dovrebbe essere una libera scelta. Sono un’artista e non un politico» facendo riferimento a Gergiev e annunciando così la fine della collaborazione con la Scala.

Ma a militarizzare la cultura, facendone uno strumento di propoganda politica, ci ha pensato proprio Putin e non certamente la popolazione russa che di questa guerra non ha colpe, ma detiene il potere e il dovere di allontanarsene.

Dunque, chiedere a un artista del calibro di Gergiev, personaggio con un peso specifico tale da spostare le coscienze, di esprimersi contro le azioni scellerate dello zar e, dopo non aver ricevuto alcuna risposta, decidere di interromperne la collaborazione, non è un atto di aggressione nei confronti del mondo culturale, ma una presa di posizione che sta alla base della società civile.

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