Circonvenzione di incapace, condannata coppia di quarantenni

Due anni e 8 mesi ciascuno per circonvenzione di incapace. La sentenza è stata emessa oggi pomeriggio in Tribunale a Novara nei confronti di due quarantenni, marito e moglie. Parti civili nel processo due coniugi sessantenni, con l’avvocato Paolo Mastrosimone. «Avevamo conosciuto lei per caso – avevano raccontato in aula i due sessantenni – Vendeva delle cose porta a porta. Poi era ritornata e con il tempo ha iniziato a parlare dei suoi problemi economici. Ci siamo impietositi e abbiamo cominciato a darle dei soldi. Non ci hanno mai minacciati. Quando chiedevano soldi c’era sempre un motivo: un guasto al furgone, problemi di salute, bollette da pagare».

 

 

Nel giro di qualche mese, secondo l’accusa, i due si sarebbero fatti consegnare in più tranche migliaia di euro. Poi però la consistenza dei prelievi e soprattutto la loro frequenza, aveva messo in allarme il direttore dell’ufficio postale.

«L’ operatività del cliente non era rispondente al suo profilo – aveva detto in aula il direttore – Noi abbiamo l’obbligo di segnalare prelievi anomali».

Ma il campanello d’allarme era scattato un giorno quando il pensionato era arrivato a chiedere un prestito; il direttore aveva fatto una segnalazione ai carabinieri che erano riusciti, non senza fatica, a farsi raccontare cosa stava succedendo. Una parte dei soldi, così era emerso nel corso del processo, è stata restituita.

 

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Circonvenzione di incapace, condannata coppia di quarantenni

Due anni e 8 mesi ciascuno per circonvenzione di incapace. La sentenza è stata emessa oggi pomeriggio in Tribunale a Novara nei confronti di due quarantenni, marito e moglie. Parti civili nel processo due coniugi sessantenni, con l’avvocato Paolo Mastrosimone. «Avevamo conosciuto lei per caso – avevano raccontato in aula i due sessantenni – Vendeva delle cose porta a porta. Poi era ritornata e con il tempo ha iniziato a parlare dei suoi problemi economici. Ci siamo impietositi e abbiamo cominciato a darle dei soldi. Non ci hanno mai minacciati. Quando chiedevano soldi c’era sempre un motivo: un guasto al furgone, problemi di salute, bollette da pagare».

 

 

Nel giro di qualche mese, secondo l’accusa, i due si sarebbero fatti consegnare in più tranche migliaia di euro. Poi però la consistenza dei prelievi e soprattutto la loro frequenza, aveva messo in allarme il direttore dell’ufficio postale.

«L’ operatività del cliente non era rispondente al suo profilo – aveva detto in aula il direttore – Noi abbiamo l’obbligo di segnalare prelievi anomali».

Ma il campanello d’allarme era scattato un giorno quando il pensionato era arrivato a chiedere un prestito; il direttore aveva fatto una segnalazione ai carabinieri che erano riusciti, non senza fatica, a farsi raccontare cosa stava succedendo. Una parte dei soldi, così era emerso nel corso del processo, è stata restituita.

 

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