Le sono stati concessi i domiciliari con braccialetto elettronico. La colf cinquantenne di origine albanese che lo scorso 24 novembre ha accoltellato e ucciso il pensionato novarese Antonio Amicucci, 68 anni, ha lasciato il carcere qualche settimana fa e proprio in questi giorni ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini per il delitto, atto formale che precede la richiesta di rinvio a giudizio. L’accusa è omicidio volontario aggravato dall’aver approfittato di una persona con invalidità totale e permanente inabilità lavorativa al 100 per cento, e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere da solo gli atti quotidiani.
Secondo quanto emerso nei mesi dell’inchiesta, la mattina dei fatti a casa del pensionato in via Andoardi, nel rione di Sant’Andrea, c’è stato un litigio e la donna ha impugnato il coltello tirando oltre una decina di fendenti all’uomo di cui si prendeva cura. La tesa difensiva, fin dall’inizio, è stata quella della legittima difesa. In sostanza, la colf sostiene di aver respinto l’ennesimo tentativo di molestia sessuale da parte del pensionato, violenza che si sarebbe verificata anche in precedenza. Una tesi che dovrà passare al vaglio del processo.