Colpisce il padre con un forcone e lo minaccia di morte: condannato per maltrattamenti

una situazione di violenze domestiche che vanno avanti da tempo. D.T., un 34enne residente in una paese della Bassa Novarese, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione

Raggiunge il padre nella stalla e, nel corso di una banale discussione, lo colpisce alla testa con un forcone e poi continua a picchiarlo anche a mani nude. Inutile il tentativo della vittima di rialzarsi da terra e di rientrare in casa: viene inseguito e malmenato ancora, fino a quando arrivano in soccorso altri famigliari. Ma l’aggressore non esita poi a minacciare anche i carabinieri intervenuti, puntando loro una saldatrice: «Sono a casa mia e faccio quello che voglio». Emerge poi una situazione di violenze domestiche che vanno avanti da tempo.

Ed è proprio per maltrattamenti in famiglia e lesioni che D.T., un 34enne residente in una paese della Bassa Novarese, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, con un anno di misura di sorveglianza una volta scontata la pena.

Nell’agosto dello scorso anno, in base a quanto raccontato dai testimoni, il trentenne aveva raggiunto il padre nella stalla, dove l’uomo stava mungendo una mucca. Aveva iniziato a insultarlo per aver spostato due vitellini e poi aveva afferrato un forcone colpendolo violentemente alla testa. Il padre si era accasciato a terra per il dolore e il figlio abeba continuato a colpirlo alle gambe. Solo grazie all’intervento di altri famigliari l’aggressore era stato allontanato. Si era chiuso in casa e aveva iniziato a gridare: «Qui non entra più nessuno, ammazzo tutti». Poi l’intervento dei carabinieri, che l’avevano trovato di nuovo nella stalla con una saldatrice in mano: per convincerlo a metterla giù avevano dovuto intimargli che avrebbero usato il taser. Nel frattempo il padre era stato portato in ospedale a Novara, da dove era stato poi dimesso con una prognosi di venti giorni e diagnosi di frattura del setto nasale, scomposta, sospetta lesione pregressa alla tibia e ferite al capo.

E in effetti, secondo quanto emerso al processo, anche in altre occasioni, e da diversi anni, il giovane minacciava o aggrediva il padre, provocandogli fratture alle costole, al braccio e al piede. Qualche volta l’aveva anche preso violentemente per il collo tentando di strozzarlo. La vittima, nei tempi precedenti all’arresto del figlio, a volta si chiudeva a chiave in camera quando andava a dormire, per evitare incursioni notturne. Nelle visite al pronto soccorso non aveva mai voluto riferire ai medici chi gli avesse provocato le ferite.

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Colpisce il padre con un forcone e lo minaccia di morte: condannato per maltrattamenti

una situazione di violenze domestiche che vanno avanti da tempo. D.T., un 34enne residente in una paese della Bassa Novarese, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione

Raggiunge il padre nella stalla e, nel corso di una banale discussione, lo colpisce alla testa con un forcone e poi continua a picchiarlo anche a mani nude. Inutile il tentativo della vittima di rialzarsi da terra e di rientrare in casa: viene inseguito e malmenato ancora, fino a quando arrivano in soccorso altri famigliari. Ma l’aggressore non esita poi a minacciare anche i carabinieri intervenuti, puntando loro una saldatrice: «Sono a casa mia e faccio quello che voglio». Emerge poi una situazione di violenze domestiche che vanno avanti da tempo.

Ed è proprio per maltrattamenti in famiglia e lesioni che D.T., un 34enne residente in una paese della Bassa Novarese, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, con un anno di misura di sorveglianza una volta scontata la pena.

Nell’agosto dello scorso anno, in base a quanto raccontato dai testimoni, il trentenne aveva raggiunto il padre nella stalla, dove l’uomo stava mungendo una mucca. Aveva iniziato a insultarlo per aver spostato due vitellini e poi aveva afferrato un forcone colpendolo violentemente alla testa. Il padre si era accasciato a terra per il dolore e il figlio abeba continuato a colpirlo alle gambe. Solo grazie all’intervento di altri famigliari l’aggressore era stato allontanato. Si era chiuso in casa e aveva iniziato a gridare: «Qui non entra più nessuno, ammazzo tutti». Poi l’intervento dei carabinieri, che l’avevano trovato di nuovo nella stalla con una saldatrice in mano: per convincerlo a metterla giù avevano dovuto intimargli che avrebbero usato il taser. Nel frattempo il padre era stato portato in ospedale a Novara, da dove era stato poi dimesso con una prognosi di venti giorni e diagnosi di frattura del setto nasale, scomposta, sospetta lesione pregressa alla tibia e ferite al capo.

E in effetti, secondo quanto emerso al processo, anche in altre occasioni, e da diversi anni, il giovane minacciava o aggrediva il padre, provocandogli fratture alle costole, al braccio e al piede. Qualche volta l’aveva anche preso violentemente per il collo tentando di strozzarlo. La vittima, nei tempi precedenti all’arresto del figlio, a volta si chiudeva a chiave in camera quando andava a dormire, per evitare incursioni notturne. Nelle visite al pronto soccorso non aveva mai voluto riferire ai medici chi gli avesse provocato le ferite.

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