Sono più di 6mila, per la precisione 6403, le imprese artigiane del Piemonte addette al trasporto che rischiano di fermarsi perché la produzione di circa il 60% delle merci è sospesa. «Se andiamo avanti in questo modo siamo costretti a fermarci perché non riusciamo più a sostenere le spese» – dice Aldo Caranta, presidente di Confartigianato Piemonte; «Non vorremmo dover essere i protagonisti principali della emergenza sociale che si sta palesando» aggiunge Giorgio Felici di Confartigianato Imprese Piemonte.
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La categoria degli autotrasportatori, che in Piemonte conta 15mila addetti, finora ha continuato con i servizi di trasporto e logistica essenziali come alimentari e farmaceutici, cosa che ha permesso, dicono, di evitare il confinamento, ma ora rischia di non poter più andare avanti in quanto la produzione di oltre la metà delle merci trasportabili è sospesa, i mezzi sono fermi, le imprese non producono reddito e devono far fronte ai costi di gestione.
«Gli autotrasportatori che continuano a lavorare, lo fanno con enormi difficoltà tra cui quella di dover viaggiare sottocosto per non poter bilanciare i traffici a causa della mancanza dei viaggi di ritorno». «Sono settimane che anche le imprese artigiane del Piemonte dell’autotrasporto vivono un periodo di confusione e incertezza – commenta Aldo Caranta, – che si è generata a seguito del dilagare dell’emergenza coronavirus e dei conseguenti provvedimenti restrittivi imposti dalle autorità. Ma se andiamo avanti in questo modo siamo costretti a fermarci perché non riusciamo più a sostenere le spese. Il costo dei pedaggi autostradali, rappresenta un’importante voce dei costi di gestione di una impresa di autotrasporto, dopo il personale e il carburante. I concessionari autostradali dovrebbero aiutarci a superare questo momento di emergenza. Potrebbero, ad esempio, annullare il pagamento dei pedaggi sino al termine della crisi sanitaria. E’ necessario inoltre rispettare la norma sui termini di pagamento, per arginare e rimediare al fenomeno dei ritardi dei pagamenti che mettono ko le nostre imprese».
Imprese che «stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi – aggiunge Giorgio Felici – e le piccole attività che ancora possono lavorare stanno dimostrando ancora una volta il loro grande senso civico facendo il loro dovere e la loro parte. Abbiamo condiviso la necessità di limitare alle attività essenziali la possibilità di lavorare, consapevoli dell’impatto economico, ma non vogliamo caricare ancora una volta sulle nostre spalle tutti gli oneri che questa situazione comporta. E’ giusto tutelare la nostra salute ma occorre pensare anche alla galassia di piccole imprese artigiane che non possono svolgere il proprio lavoro “da remoto” e vanno avanti grazie alla propria attività quando non sono obbligati a chiudere per norma o per mercato».