Corteo shock: Giusy Pace sospesa dal Maggiore, avviata la procedura per l’azione disciplinare

Ad aprile La Voce l'aveva intervistata in qualità di ideatrice delle videochiamate per i primi ricoverati per Covid: «Persone di 70-80 anni, che altrimenti non avrebbero avuto contatti con nessuno per giorni. Quello che hanno vissuto assomiglia a ciò che è accaduto a chi è andato in campo di concentramento», aveva raccontato

Corteo shock: Giusy Pace sospesa dal Maggiore, avviata la procedura per l’azione disciplinare. Il provvedimento era nell’aria dopo le parole del direttore generale Gianfranco Zulian, che aveva commentato: «Paragonare le norme sul “green pass” ai campi di sterminio è un abominio», aggiungendo che «nel comportamento della nostra dipendente, tra l’altro stigmatizzato anche dal suo sindacato di riferimento rileviamo un grave danno d’immagine nei confronti dell’Aou». Tema quest’ultimo che sarà anch’esso al centro delle valutazioni su cui dovrà esprimersi la commissione del Maggiore nel valutare eventuali provvedimenti disciplinari a carico della donna, fra gli organizzatori della manifestazione di sabato scorso in qualità di presidente dell’associazione Idu- Istanza diritti umani Piemonte, Liguria & Val d’Aosta e che sinora ha ricoperto il ruolo di coordinatrice infermieristica della direzione sanitaria dell’ospedale.

In questa veste l’avevamo intervistata nell’aprile scorso, quando aveva raccontato di “Pronto, telefono casa”, il progetto di cui è stata coideatrice e realizzatrice materiale. Utilizzando dei tablet e appoggiandosi alla rete wi-fi del Comune di Novara, aveva gestito le videochiamate per gli ultrasettantenni ricoverati per Covid nella primissima ondata della pandemia, permettendo loro di ristabilire quel ponte con le loro famiglie, che si era improvvisamente spezzato proprio a causa del virus. Le videochiamate erano state messe a disposizione di «persone di 70-80 anni, che non avevano mai fatto questo tipo di esperienza e che altrimenti non avrebbero avuto contatti con nessuno per giorni e giorni. Possiamo dire che quello che hanno vissuto queste persone, almeno all’inizio, assomiglia a ciò che è accaduto a chi è andato in campo di concentramento», aveva raccontato lei stessa (nell’intervista che qui trovate in forma integrale).

Giusy Pace mentre effettuava le videochiamate in reparto con i primi ricoverati per Covid

Ma ora qual è il nesso fra il Green Pass e il corteo di sabato, in cui hanno sfilato persone con pettorine rigate e unite da filo spinato, che ha suscitato tanta indignazione? Giusy Pace ha provato a spiegarlo, in qualità di presidente dell’associazione Idu (fondata ufficialmente lo scorso 25 aprile), in una lettera e stamattina in un contraddittorio con Myrta Merlino e Marco Damilano a L’aria che tira su La7 (nella foto in alto), a cui ha partecipato senza retrocedere dalle proprie posizioni né mostrando alcun pentimento.

Alla domanda sul perché la scelta di inscenare un corteo che ricordasse la Shoah, ha riposto ricordando che fra i deportati «c’erano oppositori politici, socialisti, comunisti, testimoni di Geova, omosessuali o semplicemente pensatori diversi arrestati».

Secondo Pace «il Green Pass è come la tessera del pane (fascista, ndr). Una forma surrettizia per imporre trattamenti sanitari, mi ripeto, senza il rispetto del consenso, che per sua natura deve essere libero e informato, che ci ha fatto ripiombare direttamente nel 1925 con le leggi fascistissime e l’abolizione della libertà. Un mezzo che ci vuole obbligare a vaccinarci».

La presidente di Idu punta il dito contro gli organi di informazione che avrebbero «liberamente e spontaneamente combinato con i lager e il campo di Auschwitz, senza preoccuparsi di verificare se ciò fosse anche nella nostra intenzione, per rendere sensazionale la notizia che è balzata su diverse testate giornalistiche e trasmessa a reti unificate», commenta in riferimento al video della manifestazione.

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.

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Corteo shock: Giusy Pace sospesa dal Maggiore, avviata la procedura per l’azione disciplinare

Ad aprile La Voce l’aveva intervistata in qualità di ideatrice delle videochiamate per i primi ricoverati per Covid: «Persone di 70-80 anni, che altrimenti non avrebbero avuto contatti con nessuno per giorni. Quello che hanno vissuto assomiglia a ciò che è accaduto a chi è andato in campo di concentramento», aveva raccontato

Corteo shock: Giusy Pace sospesa dal Maggiore, avviata la procedura per l’azione disciplinare. Il provvedimento era nell’aria dopo le parole del direttore generale Gianfranco Zulian, che aveva commentato: «Paragonare le norme sul “green pass” ai campi di sterminio è un abominio», aggiungendo che «nel comportamento della nostra dipendente, tra l’altro stigmatizzato anche dal suo sindacato di riferimento rileviamo un grave danno d’immagine nei confronti dell’Aou». Tema quest’ultimo che sarà anch’esso al centro delle valutazioni su cui dovrà esprimersi la commissione del Maggiore nel valutare eventuali provvedimenti disciplinari a carico della donna, fra gli organizzatori della manifestazione di sabato scorso in qualità di presidente dell’associazione Idu- Istanza diritti umani Piemonte, Liguria & Val d’Aosta e che sinora ha ricoperto il ruolo di coordinatrice infermieristica della direzione sanitaria dell’ospedale.

In questa veste l’avevamo intervistata nell’aprile scorso, quando aveva raccontato di “Pronto, telefono casa”, il progetto di cui è stata coideatrice e realizzatrice materiale. Utilizzando dei tablet e appoggiandosi alla rete wi-fi del Comune di Novara, aveva gestito le videochiamate per gli ultrasettantenni ricoverati per Covid nella primissima ondata della pandemia, permettendo loro di ristabilire quel ponte con le loro famiglie, che si era improvvisamente spezzato proprio a causa del virus. Le videochiamate erano state messe a disposizione di «persone di 70-80 anni, che non avevano mai fatto questo tipo di esperienza e che altrimenti non avrebbero avuto contatti con nessuno per giorni e giorni. Possiamo dire che quello che hanno vissuto queste persone, almeno all’inizio, assomiglia a ciò che è accaduto a chi è andato in campo di concentramento», aveva raccontato lei stessa (nell’intervista che qui trovate in forma integrale).

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Ma ora qual è il nesso fra il Green Pass e il corteo di sabato, in cui hanno sfilato persone con pettorine rigate e unite da filo spinato, che ha suscitato tanta indignazione? Giusy Pace ha provato a spiegarlo, in qualità di presidente dell’associazione Idu (fondata ufficialmente lo scorso 25 aprile), in una lettera e stamattina in un contraddittorio con Myrta Merlino e Marco Damilano a L’aria che tira su La7 (nella foto in alto), a cui ha partecipato senza retrocedere dalle proprie posizioni né mostrando alcun pentimento.

Alla domanda sul perché la scelta di inscenare un corteo che ricordasse la Shoah, ha riposto ricordando che fra i deportati «c’erano oppositori politici, socialisti, comunisti, testimoni di Geova, omosessuali o semplicemente pensatori diversi arrestati».

Secondo Pace «il Green Pass è come la tessera del pane (fascista, ndr). Una forma surrettizia per imporre trattamenti sanitari, mi ripeto, senza il rispetto del consenso, che per sua natura deve essere libero e informato, che ci ha fatto ripiombare direttamente nel 1925 con le leggi fascistissime e l’abolizione della libertà. Un mezzo che ci vuole obbligare a vaccinarci».

La presidente di Idu punta il dito contro gli organi di informazione che avrebbero «liberamente e spontaneamente combinato con i lager e il campo di Auschwitz, senza preoccuparsi di verificare se ciò fosse anche nella nostra intenzione, per rendere sensazionale la notizia che è balzata su diverse testate giornalistiche e trasmessa a reti unificate», commenta in riferimento al video della manifestazione.

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Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.