«Cosa succede al De Pagave? Se ne occuperà la Procura»

«Cosa succede al De Pagave? Se ne occuperà la Procura». Maurizio Premoli, figlio di un’ospite della casa di riposo dove, a ieri il 26% degli ospiti risultava positivo al test sul coronavirus, ha scoperto per caso che anche la madre era paziente covid. «Tutto è cominciato lo scorso 24 febbraio – racconta – quando, in modo diligente, l’istituto non ha più permesso ai parenti di fare visita agli ospiti; il problema, però, è che non l’hanno comunicato in alcun modo: io sono andato alla sera e ho trovato un cartello alla porta che vietava l’ingresso. Ho potuto avere notizie di mia mamma solo grazie all’umanità delle infermiere che mi informavano periodicamente: da parte della struttura nessuna comunicazione».

 

 

E poi la scoperta il 10 aprile: «Quel giorno – prosegue – ho telefonato per sapere come stava mia mamma e un’infermiera mi ha detto era risultata positiva al test. Ma come, se non avessi chiamato io? Forse non sarei nemmeno venuto a saperlo. Il giorno dopo mi ha richiamato la direttrice sanitaria scusandosi e dicendo che si erano dimenticati di avvisarmi. Da quel momento sul suo stato di salute ho avuto notizie discordanti. Ma il problema più grosso è che la maggior parte del personale è a casa malato e non è stato sostituito: ci sono solo due infermiere che si stanno occupando di 49 ospiti covid, molti di loro non autosufficienti, facendo turni estenuanti. A una di queste due infermiere ieri è stato fatto il tampone: se anche lei fosse positiva, non so come si potrà andare avanti».

L’appello è arrivato fino al sindaco di Novara, Alessandro Canelli: «Gli ho scritto – continua Premoli – e lui è stato molto gentile, si è preso a cuore la situazione; così come il dirigente del Comune, Paolo Cortese, che è stato nominato commissario della struttura: è stato lui a portare le mascherine e i dispositivi alla casa di riposo perchè prima non ne avevano».

Altro aspetto che Premoli lamenta è l’impossibilità di comunicare con gli ospiti: «Il 2 febbraio è mancato mio padre, il giorno dopo ho portato mia mamma in casa di riposo perchè necessitava di cure non essendo più autosufficiente; dal 24 febbraio non la vedo e non la sento e il 10 aprile mi hanno detto che ha il coronavirus: io pago quasi 2500 euro di retta mensile, possibile che non si possano mettere a disposizione dei tablet per comunicare con i propri parenti? È una situazione psicologicamente molto difficile. Presenterò un esposto in Procura perchè voglio vederci chiaro. Mi dispiace solo per gli operatori: se non fosse per loro non so cosa succederebbe».

 

 

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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«Cosa succede al De Pagave? Se ne occuperà la Procura»

«Cosa succede al De Pagave? Se ne occuperà la Procura». Maurizio Premoli, figlio di un’ospite della casa di riposo dove, a ieri il 26% degli ospiti risultava positivo al test sul coronavirus, ha scoperto per caso che anche la madre era paziente covid. «Tutto è cominciato lo scorso 24 febbraio – racconta – quando, in modo diligente, l’istituto non ha più permesso ai parenti di fare visita agli ospiti; il problema, però, è che non l’hanno comunicato in alcun modo: io sono andato alla sera e ho trovato un cartello alla porta che vietava l’ingresso. Ho potuto avere notizie di mia mamma solo grazie all’umanità delle infermiere che mi informavano periodicamente: da parte della struttura nessuna comunicazione».

 

 

E poi la scoperta il 10 aprile: «Quel giorno – prosegue – ho telefonato per sapere come stava mia mamma e un’infermiera mi ha detto era risultata positiva al test. Ma come, se non avessi chiamato io? Forse non sarei nemmeno venuto a saperlo. Il giorno dopo mi ha richiamato la direttrice sanitaria scusandosi e dicendo che si erano dimenticati di avvisarmi. Da quel momento sul suo stato di salute ho avuto notizie discordanti. Ma il problema più grosso è che la maggior parte del personale è a casa malato e non è stato sostituito: ci sono solo due infermiere che si stanno occupando di 49 ospiti covid, molti di loro non autosufficienti, facendo turni estenuanti. A una di queste due infermiere ieri è stato fatto il tampone: se anche lei fosse positiva, non so come si potrà andare avanti».

L’appello è arrivato fino al sindaco di Novara, Alessandro Canelli: «Gli ho scritto – continua Premoli – e lui è stato molto gentile, si è preso a cuore la situazione; così come il dirigente del Comune, Paolo Cortese, che è stato nominato commissario della struttura: è stato lui a portare le mascherine e i dispositivi alla casa di riposo perchè prima non ne avevano».

Altro aspetto che Premoli lamenta è l’impossibilità di comunicare con gli ospiti: «Il 2 febbraio è mancato mio padre, il giorno dopo ho portato mia mamma in casa di riposo perchè necessitava di cure non essendo più autosufficiente; dal 24 febbraio non la vedo e non la sento e il 10 aprile mi hanno detto che ha il coronavirus: io pago quasi 2500 euro di retta mensile, possibile che non si possano mettere a disposizione dei tablet per comunicare con i propri parenti? È una situazione psicologicamente molto difficile. Presenterò un esposto in Procura perchè voglio vederci chiaro. Mi dispiace solo per gli operatori: se non fosse per loro non so cosa succederebbe».

 

 

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